Fusione, e confusione, nucleare

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Sta infuriando una campagna di stampa a livello internazionale per esaltare l’esperimento fatto negli Stati Uniti verso la realizzazione delle fusione nucleare controllata, un sogno (una promessa) inseguito fin dai primi passi della tecnologia nucleare negli anni ’40-’50 del secolo scorso: periodicamente ogni decina d’anni veniva annunciato che la realizzazione sarebbe stata vicina. Ma oggi questo pomposo annuncio richiede molte precisazioni e distinguo, che inevitabilmente sfuggono a chi è a digiuno di queste cose.

Detto in parole semplici la realizzazione della fusione nucleare di nuclei leggeri (in un certo senso l’opposto della fissione di nuclei pesanti) richiede di riscaldare un plasma, tipicamente di deuterio e trizio, a milioni di gradi in modo che le energie cinetiche dei nuclei superino la barriere di repulsione elettrica. La reazione di fusione nucleare è stata realizzata già nel 1949, ma in modo esplosivo, vale a dire nelle bombe termonucleari nelle quali un dispositivo primario a fissione genera la temperatura necessaria ad innescare un dispositivo secondario a fusione. Da quel tempo è iniziata la ricerca per realizzare la fusione nucleare in modo controllato (non esplosivo) a scopi pacifici, ricerca che oggi si concentra su due metodi molto diversi fra loro: il confinamento magnetico di un “plasma” ottenuto dalla fusione di Deuterio e Trizio in macchine di grandi dimensioni del tipo di Iter in costruzione in Francia, e il confinamento inerziale, concentrando su un piccolissimo granello (pellet, quantità tipiche sono tra 1 milligrammo e 1 microgrammo di DT) composto sempre da Deuterio e Trizio enormi energie, tipicamente da superlaser. Ora, in queste ricerche si intrecciano interessi civili e interessi militari: un autorevole articolo di quasi 50 anni fa (R. Gillette, “Fusione laser: un’opzione energetica, ma la simulazione delle armi viene prima”, Science, 1975) metteva in chiaro che «la simulazione delle armi può essere l’unica applicazione pratica della fusione laser in questo secolo. … Il maggior generale Edward B. Giller, capo della sicurezza nazionale nell’Amministrazione per la Ricerca e lo Sviluppo dell’Energia, ha detto in una recente conversazione: ‘La gente va dicendo che questo è un programma energetico, ma […] in realtà questo è ed è sempre stato un programma militare’».

L’esperimento in questione è stato condotto al Lawrence Livermore National Laboratories, dove nel 1997 è stato varato il progetto Nif (National Ignition Facility) con l’obiettivo di ottenere la fusione tra atomi di Deuterio e Trizio, per mezzo di laser. Il complesso delle apparecchiature usate è grande come un campo di calcio in cui sono stati impiegati contemporaneamente 192 laser. Mark Herrmann, direttore del programma di fisica e progettazione delle armi nucleari al Livermore, in una intervista citata dal New York Times afferma: “Questo esperimento ci aiuterà a capire meglio gli effetti delle bombe nucleari perché la grande generazione di potenza ottenuta, crea di per sé ambienti molto estremi che assomigliano da vicino a quelli provocati da un’arma nucleare”.

Dunque, diversamente da quanto si legge sugli organi di informazione, lo scopo prioritario dell’intero progetto Nif è di tipo militare, tant’è vero che è stato concepito all’indomani della messa al bando dei test nucleari sotterranei votata dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1996, ma mai ratificata dagli USA – proprio per ottenere in modo non distruttivo le informazioni risultanti da quei test, finalità che Gillette aveva esplicitamente previsto nel 1975: “ la fusione laser può diventare uno strumento sperimentale straordinariamente utile per studiare la ‘fisica fondamentale delle testate’ [che presenta ancora molti aspetti oscuri] e … per sviluppare nuovi progetti di armi”.

Quanto al cosiddetto “guadagno di energia” ottenuto nell’esperimento, non va inteso come la possibilità di ottenere più energia di quella spesa nell’intero processo. Esso si riferisce esclusivamente al rapporto tra l’impulso di energia laser necessario a fondere gli atomi di idrogeno e l’energia ottenuta da questa fusione, ma per generare quell’impulso, i laser impiegati hanno consumato una energia 150 volte superiore a quella fornita dall’impulso e 100 volte superiore a quella ottenuta dalla fusione.

Inoltre bisogna considerare che la tecnologia Nif – a differenza di quella Iter, cioè basata su di una reazione che si autosostiene (plasma) ‒ si basa sulla possibilità di provocare la fusione “sparando” su una pellet singoli impulsi di energia laser (one shot) che non possono autosostenersi, e quindi per dare vita ad un processo continuo di generazione di energia bisognerebbe realizzare una macchina in grado di “sparare” impulsi di energia ad una velocità di varie volte al secondo su diversi pellet, cosa che al momento risulta tecnologicamente ancora più difficile di quanto si presenti il confinamento magnetico del plasma.

Insomma, il risultato trionfalistico ottenuto al Livermore non è, almeno per ora e nelle intenzioni, un passo avanti per la promessa di produrre energia illimitata (che poi non è così), ma per potere progettare armi, forse micro-bombe a fusione: se poi potrà servire anche per procedere alla produzione pacifica di energia è comunque tutto da vedere. Ma se non si comprendono questi aspetti non si fornisce veramente l’informazione utile e trasparente per l’opinione pubblica, e si rischia di mistificare la ricerche militari.

Angelo Baracca e Giorgio Ferrari

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