Rendere il mondo un luogo sicuro per la democrazia. Con queste parole Woodrow Wilson vendette la guerra a un’America riluttante. Era il 2 aprile 1917, pochi mesi prima era stato riconfermato Presidente degli Stati Uniti vincendo le elezioni presidenziali del 1916. Fu Wilson a coniare l’espressione America First, mentre i suoi sostenitori alla Convenzione Nazionale Democratica sventolavano striscioni che recitavano “Ci ha tenuti fuori dalla guerra”.
Dopo tre anni di neutralità, di fronte al Congresso, Wilson affermò ‘Il mondo deve essere reso sicuro per la democrazia. La sua pace deve essere piantata sulle fondamenta collaudate della libertà politica. Non abbiamo fini egoistici da servire. Non desideriamo nessuna conquista, nessun dominio. Non cerchiamo indennità per noi stessi, né compensi materiali per i sacrifici che faremo liberamente. Siamo solo uno dei paladini dei diritti dell’umanità. Saremo soddisfatti quando questi diritti saranno resi sicuri nella misura in cui la fede e la libertà delle nazioni potranno renderli tali.’
La guerra era il prodotto che si voleva vendere agli americani e la democrazia era il la parola chiave del pay-off pubblicitario perfetto. Un po’ come quando un’azienda di cosmetici vende una crema per il viso promettendo la giovinezza, quello che il consumatore compra è la crema e non certo la giovinezza. Lo stesso vale per la guerra e la democrazia.
Nello stesso discorso Wilson chiarì come l’entrata in guerra degli USA avrebbe posto le basi per un nuovo ordine mondiale nel quale gli Stati Uniti avrebbero avuto un ruolo centrale. L’Impero tedesco, invece, faceva parte di un ordine mondiale ormai superato. ‘Non abbiamo alcun problema con il popolo tedesco. Non abbiamo alcun sentimento nei loro confronti se non quello di simpatia e amicizia. Non è stato su loro impulso che il loro governo ha agito entrando in guerra. Non è stato con la loro conoscenza o approvazione precedente. È stata una guerra decisa come si decidevano le guerre nei vecchi e infelici tempi in cui i popoli non venivano consultati dai loro governanti e le guerre venivano provocate e combattute nell’interesse delle dinastie o di piccoli gruppi di uomini ambiziosi che erano abituati a usare i loro simili come pedine e strumenti.’
Con queste premesse Wilson doveva convincere gli americani che non li stava utilizzando come pedine e doveva spingerli a sostenere la guerra: non solo i giovani uomini dovevano arruolarsi come soldati, ma era l’intera popolazione a dover essere reclutata.
Proprio per questo il presidente autorizzò la creazione del Committee for Public Information, noto come CPI. A capo del Comitato per la pubblica informazione vi era George Creel, giornalista e attivista, ammiratore di Wilson, uno degli esponenti di punta della corrente giornalistica dei mutckacker che a inizio secolo si erano impegnati in inchieste contro la corruzione nelle grandi imprese e nel governo. In brevissimo tempo Creel raccolse intorno a sé un vasto numero di pubblicitari, creativi, artisti, giornalisti e scrittori riuscendo ad inventare meccanismi per vendere in patria e al mondo intero la guerra e l’idea che di essa avevano gli Stati Uniti, diffondendo le notizie positive sull’America e sui suoi valori democratici.
Il CPI fu la prima macchina di propaganda statale di tutto il mondo, anche se la parola propaganda non piaceva né a Wilson né a Creel che infatti preferivano parlare di informazione ed educazione. Per Creel il CPI non faceva ‘propaganda come la definisce la Germania, ma propaganda nel vero senso della parola, ovvero propagazione, diffusione della fede’. Il richiamo era chiaramente alla congregazione “de propaganda fide”, fondata da Gregorio XV nel 1622 in piena Controriforma, che ancora oggi dirige l’attività missionaria cattolica nel mondo.
In realtà il CPI, da perfetta macchina di propaganda qual era, parlava al cuore e alla pancia degli americani più che alle loro teste, l’opinione pubblica doveva essere eccitata all’idea della guerra e per questo vennero prodotti manifesti e annunci con atrocità tedesche che in realtà non erano mai avvenute, si faceva appello ad ansie a paure che giacevano nel profondo della società americana.
Solo per fare un esempio, il famosissimo manifesto dello Zio Sam che punta il dito verso lo spettatore dicendo I want you fu creato da James Montgomery Flagg per il Committee for Public Information.
Tra gli strumenti del CPI all’estero vi era un notiziario del governo statunitense, biblioteche, tour di oratori e un programma di film documentari, mentre in patria il bollettino quotidiano del CPI War Information forniva materiale ai quotidiani e una rete di 75.000 oratori locali, i Four Minute Men, teneva discorsi patriottici nei cinema durante le pause del cambio di bobina. Cominciarono poi a tenere queste brevi orazioni propagandistiche anche nei mercati, nelle chiese, nei campi scout. I Four Minute Men potevano essere attori, professori, giudici ma anche persone conosciute a livello locale che avevano comunque una grossa influenza sul pubblico locale. John Maxwell Hamilton, autore del recente Manipulating the Masses: Woodrow Wilson and the Birth of American Propaganda li paragona ai social media di oggi, per la pervasività e l’onnipresenza non richiesta anche nella quotidianità.
Il successo fu enorme e rapidissimo: mentre i giovani affollavano gli uffici di reclutamento, milioni di persone donavano denaro acquistando i Liberty Loan, obbligazioni emanate dal governo per contribuire al finanziamento dello sforzo bellico. La propaganda del CPI convinse milioni di americani a modificare le proprie abitudini anche in fatto di cibo: consumare di meno, conservare e non sprecare il cibo, coltivare le proprie verdure.
Del CPI fecero parte personaggi che poi sarebbero divenuti famosi come Edward Bernays, fondatore delle relazioni pubbliche negli USA oppure Edgar Sisson che agiva a Pietroburgo durante la Rivoluzione Russa e che produsse un numero esagerato di documenti falsi per collegare Lenin alla Germania. Inutile dire come tutti questo contribuì fin da subito ai pessimi rapporti tra gli USA e la nascente Unione Sovietica.
La macchina di propaganda di George Creel rappresentò per i nazisti e soprattutto per Josef Goebbels una fonte pressoché infinita di ispirazione, ma anche in patria dopo la guerra si diffuse l’idea che l’opinione pubblica potesse essere completamente malleabile mettendo quindi la democrazia in continuo pericolo.
Quante volte da quel 2 aprile del 1917 abbiamo sentito usare la salvaguardia della democrazia come scusa per fare una guerra? L’idea di Wilson era che gli interessi nazionali americani potessero essere meglio perseguiti promuovendo la democrazia in tutto il mondo, una “globalizzazione della Dottrina Monroe”, -come la definì Wilson stesso- che puntava alla diffusione delle democrazie liberali.
Potrebbe non essere azzardato affermare che il più wilsoniano dei presidenti americani sia stato George W. Bush che con le sue idee sull’uso preventivo della forza, sulle coalizioni dei volenterosi e sulla lotta tra la libertà e il male giustificò l’invasione dell’Iraq, una delle guerre più vergognose e contestate di sempre. Bush sosteneva che la sicurezza nazionale degli Stati Uniti dipendesse dalla diffusione di governi democratici in Medio Oriente.
Ma anche oggi con la guerra tra Russia e Ucraina il tema della democrazia torna alla ribalta. La democratica Ucraina contro la non democratica Russia, bugie spacciate per verità assolute. Chi potrebbe credere alla favola della democratica Ucraina quando gli oppositori del governo sono costretti a fuggire e partiti politici di opposizione vengono messi fuori legge. In fondo Zelensky che compare in t-shirt mimetica su qualsiasi schermo, dai parlamenti di tutto l’occidente ai festival di cinema e musicali, non ricorda un po’ quei Four Minute Men wilsoniani? Solo che adesso grazie alla tecnologia il premier ucraino può, in prima persona, essere ovunque.
Il lavoro del CPI è ancora oggi attuale sia che un’azienda voglia vendere un prodotto sia che uno o più governi occidentali vogliano trascinare i propri cittadini in guerra e la democrazia continua ad essere il pay-off perfetto per vendere il prodotto guerra.
Un lascito enorme per un uomo come Wilson che americani avevano scelto perché li tenesse fuori dalla Grande Guerra.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Creel, George. How we advertised America
Hamilton, John Maxwell. Manipulating the Masses: Woodrow Wilson and the Birth of American Propaganda, LSU Press, 2020
Ikenberry, Knock, Slaughter, Smith. The Crisis of American Foreign Policy: Wilsonianism in the Twenty-first Century, Princeton University Press 2009
Smith Tony, Wilsonianism, Encyclopedia of American Foreign Policy
Francesca Conti
Ultimi post di Francesca Conti (vedi tutti)
- Torna a Firenze il San Francesco di Dario Fo. Intervista a Mario Pirovano - 25 Novembre 2024
- Assange è libero, una buona notizia per la libertà di stampa - 3 Luglio 2024
- Nuova Visa per i nomadi digitali, perché non è una buona notizia - 22 Maggio 2024