Firenze. Verde privato a uso pubblico / verde pubblico a uso privato

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Il progetto Firenze Green Smart City, risultato vincitore del premio Agenda Digitale Enti Locali 2019 dell’Osservatorio sull’Agenda Digitale del Politecnico di Milano, si compone di tre sotto-progetti finanziati con fondi europei, uno dei quali è il Sistema Informativo del Verde Pubblico, comprensivo di cartografie tematiche interrogabili online (es. Mappa del verde) che censiscono le alberature e le aree verdi di competenza comunale, distinguendole anche per proprietà: comunale, privata, pubblica di altri Enti (le ultime due per ora non evidenziabili); sono esclusi i musei statali all’aperto: Bardini, Boboli, Castello, Corsini, Petraia, Ventaglio e quelli universitari: La Quiete, Orto botanico, Specola, le cui regole d’accesso e fruizione sono stabilite dalle competenti Istituzioni e la cui superficie contribuisce notevolmente alla dotazione complessiva di verde urbano fiorentino.

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La banca dati viene costantemente aggiornata, ma è ancora incompleta, carente specialmente nella registrazione delle alberature spontaneamente insediate (es. sponda destra del Canale Macinante e Podere di Rusciano), e contiene alcuni errori, non tutti corretti nonostante le segnalazioni di cittadini esperti, che ovviamente richiedono la verifica da parte dei tecnici preposti. Il tematismo “alberi da frutto” risulta particolarmente impreciso, forse perché realizzato in fretta in occasione di un evento particolare.

Il verde pubblico censito dalla banca dati “Aree verdi” è assai eterogeneo, comprendendo grandi parchi, piccoli giardini, aiuole spartitraffico, alberature stradali, parcheggi coperti da una pellicola inerbita, come in piazza Dallapiccola e in via del Gelsomino, correttamente non considerate aree verdi nella sunnominata “Mappa del Verde”. Sono distinti i sottotipi e censite anche minuscole aree verdi private a uso pubblico, come la corte pavimentata in via Galliano, già oggetto di ripetuti articoli di cronaca per problemi d’ordine pubblico lamentati dal vicinato, contrastati congiuntamente dal supermercato frontista e dal Comune sia in termini di vigilanza sia di finanziamento delle opere necessarie.

L’articolo 40 del Regolamento urbanistico e dell’adottato Piano operativo definiscono al comma 1 gli spazi privati a uso pubblico “strade, piazze, percorsi pedonali, verde pubblico che per effetto di atti convenzionali sottoscritti tra il Comune ed i soggetti privati permangono di proprietà privata con l’uso pubblico regolamentato”, essi contribuiscono agli standard urbanistici e devono esser dotati di apposita segnaletica che informi il pubblico su tempi e modi della fruizione.

In particolare il “verde urbano” è indicato sulla carta della disciplina del suolo con la lettera V, a prescindere dalla proprietà formale del terreno.

Un esempio appariscente di verde privato a uso pubblico è la grande corte frutto del recupero postindustriale dell’area ex Carapelli a Novoli, copertura di parcheggio interrato, molto curata dal punto di vista progettuale a carattere ornamentale, ove l’unico uso pubblico previsto è il transito pedonale in orario d’ufficio; non è censito nella “Mappa del verde” pur essendo classificato “verde urbano” nel Regolamento Urbanistico e nel Piano Operativo adottato.

Verde privato a uso pubblico sono anche, transitoriamente, i giardini e i parchi realizzati nel contesto di piani di recupero (es. Leopolda, San Donato); a un certo punto della loro storia essi sono transitati al Comune, che ne assume l’onere di manutenzione; non è così per la piazzetta a verde pensile realizzanda in via Benedetto Marcello: TSH ne manterrà la proprietà e ha precisato in un’osservazione al PdR che non pagherà l’eventuale occupazione di suolo con propri arredi, giacché esso non è pubblico. Il passaggio di competenza dai privati al Comune presenta talvolta alcune criticità, per esempio la consegna delle aree con impianto d’irrigazione non funzionante, condizione che ha determinato estesi disseccamenti degli alberi e arbusti messi a dimora da poco tempo, costringendo alla sostituzione delle fallanze con conseguente ritardo nel raggiungimento delle condizioni di sviluppo necessarie per la soddisfacente fruizione dalle aree.

L’uso pubblico del verde privato nel tempo si può anche perdere; è il caso di giardini compresi tra gli edifici in isolati ottimisticamente concepiti come aperti, poi rivelatisi ricettacolo di degrado al punto da richiederne la recinzione per riservarli ai condòmini in sicurezza; a Firenze Nova il fenomeno è così generalizzato da rendere difficile raggiungere la stazione di Rifredi da via Panciatichi, bisogna conoscere l’unico passaggio lasciato aperto in un esteso isolato.

Esempi di verde che ha perso di fatto l’uso pubblico originario sono piccole aree in via della Torre degli Agli circostanti alloggi ERP, per decenni fruite dalla popolazione rionale, poi chiuse al pubblico perché occupate da un cantiere di lunga durata o recintate per motivi di sicurezza.

Il verde pubblico può essere concesso a privati per lo svolgimento delle loro attività amatoriali, sportive o commerciali.

L’articolo 33 del Regolamento urbanistico e dell’adottato Piano operativo al comma 1 definiscono orti sociali i piccoli appezzamenti di terra per la coltivazione ad uso privato, eventualmente aggregati in colonie organizzate unitariamente. A Firenze ci sono discrete superfici destinate a orti sociali, recintate e con accesso riservato ai concessionari, dunque private in senso letterale, cioè sottratte alla disponibilità pubblica.

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Orti sociali all’Argingrosso

Altre aree comunali verdi sono concesse a società sportive, che ne limitano l’accesso ai rispettivi soci. Alcune aree verdi sono concesse temporaneamente a società e organizzazioni sociali per intrattenimenti gastronomici, ludici, culturali e spettacolari, alcuni ad acceso libero, altri ad accesso subordinato a invito o all’acquisto di un biglietto d’ingresso ad aree recintate, dunque di fatto sottraendo spazi alla fruizione pubblica, spesso inducendo afflusso e sosta di automobili nell’intorno in quantità non sostenibile; talvolta la posa in opera di imponenti attrezzature e l’insistito calpestio comportano la compattazione del suolo, quasi mai ripristinato nello stato originale, con danni ai tappeti erbosi e alle radici delle piante legnose.

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Giardino del palazzo Vivarelli Colonna, febbraio 2020, oggi venduto a privati

Alcuni rioni sono particolarmente poveri di verde a uso pubblico, specialmente all’interno della città murata, che fino al XVIII secolo comprendeva poderi agricoli, urbanizzati nel XIX secolo lasciando poco spazio al verde pubblico, che avrebbe dovuto invece essere la caratteristica innovativa di una moderna città capitale. I palazzi signorili d’età preunitaria erano dotati di giardini privati, tra questi palazzo Vivarelli Colonna, destinato dal Comune, quando ne era proprietario, a sedi di assessorati e il cui giardino era una preziosa risorsa verde in un rione che ne è particolarmente povero. Il palazzo è stato venduto nel 2015 a Cassa Depositi e Prestiti che per diversi anni non ne ha fatto alcun uso, ma apriva il giardino al pubblico in limitate fasce orarie debitamente pubblicizzate, giardino pertanto censito nella “Mappa del verde”. Il regolamento urbanistico non lo classificava “servizi collettivi” e lo descriveva come “emergenze di valore storico architettonico – beni culturali – spazio aperto”; il POC adottato prevede l’AT 12.19, con trasformazione, a beneficio del nuovo acquirente, verso la destinazione residenziale dei piani superiori, direzionale e di servizio al piano terreno, senza espresso vincolo di apertura al pubblico del giardino.

 

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Paolo Degli Antoni

Paolo Degli Antoni, dottore forestale, Comitato Ex Fiat Belfiore-Marcello

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