Frazionare stanca. Firenze, nuovo piano urbanistico e selezione sociale

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A ragione fanno discutere le dichiarazioni di Nardella sul Piano Operativo, il nuovo strumento urbanistico in adozione a Palazzo Vecchio. Che ripete cose note.

La novellata norma sui frazionamenti degli alloggi continuerà, a dispetto delle qualità decantate dal sindaco e dal suo assessore, ad innalzare i valori immobiliari e a favorire la proprietà (che da un appartamento ne ricava due, tre, quattro…), preparando nel contempo la sostituzione sociale.

Incomprensibile il tono di risentimento del primo cittadino nelle interviste ai quotidiani locali, per il quale «la rendita è colpa dei fiorentini» (“Corriere fiorentino”, 24 gennaio). Sarebbero proprio (ma siamo sicuri?) i proprietari fiorentini ad affittare a breve termine alloggi e mini appartamenti. Ma se davvero lo fanno, lo fanno in forza del richiamo turistico globale esercitato dalla città, dovuto alle ventennali scelte pianificatorie.

Scelte che hanno attratto tale turismo con tecniche varie: studentati privati e di lusso, mascherati nei piani urbanistici sotto la voce di uso “direzionale”; trasformazione di edifici pubblici (teatro, caserme etc.) in alberghi di extralusso; indebolimento del servizio di trasporto pubblico leggero verso e nel centro storico; espulsione di funzioni rare (anagrafe, tribunale etc.) utili ai residenti; erosione dello spazio pubblico.

Un piano urbanistico è certo questione tecnica, ma anche molto politica.

Con i suoi peculiari strumenti narrativi, il piano urbanistico scrive il futuro della città, dello spazio urbano, economico, sociale, ambientale. Attraverso norme e progetti, il PO ci racconta oggi, nella povertà di visione politico-economica, la trasformazione di Firenze in contenitore di abitanti politicamente “neutri”, di cittadini che non disturbano il manovratore, nuovi, sradicati, transeunti: turisti, studenti (meglio se ricchi), lavoratori smart, nomadi globali, creativi.

Niente di originale. La progressiva sostituzione degli abitanti dal cuore delle città è obiettivo – in genere, occulto – perseguito da un settore della pianificazione neoliberale.

In occasione della kermesse fiorentina sulla città, con sprezzo intitolata Le città visibili (sempre dalla parte degli emergenti, sicuro, e al diavolo gli invisibili), l’assessore milanese Piergiorgio Maran accolto dal Comune di Firenze, caldeggiava l’opportunità di favorire il ricambio della composizione sociale della città; di «rompere i conservatorismi dei singoli cittadini»; di attrarre cittadini temporanei, dinamici, competitivi, in una parola (a suo dire) “progressisti”. Meglio se cittadini che non investono le proprie aspettative di lunga durata sulla città. Meglio ancora se cittadini non votanti.

L’urbanistica neoliberal ha offerto luminosi esempi di tecniche utili ad espellere gli abitanti verso le periferie, oltre i confini comunali, attraendone di nuovi. Come? Valorizzando la più parassitaria delle forme di introito: la rendita, ovvero il guadagno ottenuto senza lavoro. Drogando il mercato immobiliare (con offerte di ambienti urbani smart, allettanti, confortevoli, supersicuri, accoglienti ma sterilizzati, uguali ovunque ma segnati da un brand convincente). In sintesi, rendendo inaccessibile ai meno abbienti l’affitto di abitazioni dignitose, in aree urbane centrali o semicentrali. E a niente, o a poco, vale il social housing che copre necessità di fasce sociali diverse.

L’offerta sul mercato di appartamenti sempre più piccoli copre un ampio ventaglio della domanda: dai miniappartamenti e pied-à-terre di pregio, per classi medio-alte, per turisti di lusso, per affitti brevi, per dépendences di alberghi; fino alle case “a buon mercato”, ma poi in effetti tuguri di bassa qualità igienico-ambientale destinati al sottoproletariato (indispensabile al lusso di un turismo che macina i diritti del lavoro). Spazi insomma che costano molto, o abbastanza poco, ma comunque ottimi per acquirenti “che hanno mire di investimento” ad ogni livello.

Non abbiamo bisogno di questo, in una città estremamente povera di luoghi di aggregazione pubblici e gratuiti, depauperata di abitazioni sociali ERP (mille a Firenze gli appartamenti chiusi non attribuibili a chi ne ha il diritto), dove si continuano a porre in vendita pezzi importanti di città e a finanziarizzare i servizi al cittadino. Una città eternamente cantierizzata per grandi opere che compromettono l’ecosistema urbano.

In questa città, ogni norma urbanistica proveniente da chi da decenni ne è al governo continua a parlare di un futuro di city grabbing, di colonizzazione capitalista, di espulsioni sociali.

immagine generata da una Intelligenza Artificiale
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Ilaria Agostini

Ilaria Agostini, urbanista, insegna all'Università di Bologna. Fa parte del Gruppo urbanistica perUnaltracittà. Ha curato i libri collettivi Urbanistica resistente nella Firenze neoliberista: perUnaltracittà 2004-2014 e Firenze fabbrica del turismo.

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