A Firenze, verde pubblico strutturale o residuale?

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Gli strumenti urbanistici di cui si è dotato il Comune di Firenze negli ultimi decenni trattano il verde pubblico come elemento residuale, specialmente nei rioni più densamente popolati. L’Accademia Italiana di Scienze Forestali ha contribuito, col lavoro di alcuni accademici, a una ricognizione propedeutica alla redazione del Piano del Verde già promesso dall’Assessore pro tempore Cecilia del Re, dal quale ci si aspetterebbe una risposta articolata alla domanda se si tratti di elemento strutturale o residuale, non ancora pubblicato a fine mandato amministrativo. Il censimento degli spazi aperti del territorio comunale individua, tra le altre, la categoria 2.7 Aree boscate (approfondimenti pubblicati nel 2021 in “Il ruolo ambientale degli alberi e della foresta urbana a Firenze”) e la 2.8 Terzo Paesaggio, comprendente spazi a libera dinamica evolutiva, siti in abbandono con potenziali hot spot di biodiversità, incolto progettato e spazi in attesa, promettenti aree di reperimento per nuovo verde. L’annunciata consultazione dei cittadini sulle aree inesitate da destinare a verde non ha mai avuto luogo, ma la cittadinanza ne ha comunque segnalate alcune nei contributi conoscitivi e nelle osservazioni al Piano Operativo Comunale.

Un caso di studio

Prendendo ad esempio il rione Leopolda-Puccini-San Jacopino, dove la densità di popolazione in alcuni isolati si avvicina a quella di metropoli asiatiche, si osserva come aree verdi pubbliche estese almeno mezzo ettaro, raggiungibili a piedi in quindici minuti, siano pochissime. Fissando convenzionalmente il centro rionale in via Felice Fontana ai cancelli dell’unica scuola media, si osserva come si trovino a distanza pedonale commerci di vario tipo, scuole dell’infanzia ed elementari, un liceo, un istituto universitario, diversi uffici pubblici e postali, una biblioteca, tre tra cinema e teatri al limite dell’area. La sanità pubblica, che fino a non troppo tempo fa gravitava sul distretto di viale Redi, capace di offrire una discreta gamma di prestazioni, poi privatizzato e destinato alla ricettività turistica, è ridotta ai minimi termini, col punto prelievi di piazza Dallapiccola e il servizio d’igiene urbana veterinaria in viale Corsica. Il trasporto pubblico è basato su due linee tramviarie, cui se ne aggiungerà una terza entro il 2026, e su linee urbane ed extraurbane AT-bus; dal 2023 il rione ha perso l’unica stazione ferroviaria -Firenze Porta al prato- e il capolinea delle linee AT-bus regionali dirette a ovest, delle quali si servivano molti abitanti, ora costretti alla rottura di carico e Guidoni T2, impiegando 5-10 minuti di tempo in più a tratta.

Il verde pubblico è residuale sin dai tempi dell’intensa urbanizzazione del secondo dopoguerra, che lo relegava alle aiuole di viale Redi (meno di 3000 metri quadri) e al giardino alla sua estremità nord, ridotto a 2100 metri quadri a seguito della costruzione del viadotto tramviario; analoga sorte e taglia ha subito il giardino di via Forlanini appena oltre il ponte San Donato. In pieno boom della motorizzazione privata, la passeggiata (che prima era possibile lungo l’argine in terra del Mugnone) e la sosta sulle panchine venivano proposte in vista, udito e olfatto del traffico. La soppressione della linea 17 del tranvai nel 1958 liberò spazio per il giardino Puccini (2200 metri quadri). Minuscoli giardini, inferiori alla decara, residuarono in seguito tra le nuove costruzioni: quello di via Fontana (oggi detto Margherita), e quello di via Galliano. Il giardino di via Circondaria, oltre Mugnone, è l’unico in zona a superare l’ettaro di estensione. L’azione della cittadinanza attiva, descritta nel libro di V. Castangia e S. Fabbri Una storia a memoria … la bella occupazione, riuscì a evitare la speculazione edilizia sull’area ex Ideal Standard di via Maragliano, ove negli anni Ottanta del secolo scorso fu aperto un giardino rionale esteso poco più di mezzo ettaro, che viene aperto, chiuso e animato da dodici anni dall’Associazione Giardino San Jacopino con iniziative adatte a età e contesti socio-culturali diversi.

Giardini troppo piccoli

Il verde rionale non solo è complessivamente carente, ma è composto da giardini troppo piccoli (tranne le due eccezioni sopra individuate), perciò inadatti a svolgere tutte le funzioni ecologiche e sociali attese da un parco. La ridotta dimensione e la collocazione interstiziale e residuale mettono il più delle volte spiacevolmente e pericolosamente a contatto i fruitori degli spazi aperti di prossimità con muraglie di auto in sosta, col traffico veicolare e con altri usi incongrui. Questa criticità, anziché superata, è stata riproposta insistentemente nella disciplina urbanistica più recente. Il giardino in via Mariti, sito in posizione climaticamente favorevole alla confluenza di due torrenti (ma afflitto da un elettrodotto), ha assunto solo recentemente la dimensione di 4600 metri quadri; in una prima fase progettuale parte dell’area avrebbe dovuto accogliere un distributore di benzina, osteggiato dalla popolazione, successivamente destinato all’alloggiamento delle maestranze BTP e al rimessaggio dei mezzi a favore del cantiere della linea tramviaria 2, lasciato inutilizzato per qualche anno, poi sistemato a giardino a titolo di opera di compensazione a cura e carico di Esselunga, anche troppo accessoriato. Solamente da pochi mesi è stato aperto al pubblico e presto vandalizzato. In viale Corsica pochi anni fa sono stati aperti un giardino e un’area cani, per 2000 metri quadri totali. La teoria della densificazione transito-orientata del tessuto urbano, vantata dall’Assessore pro tempore Gianni Biagi in incontri pubblici in occasione del Piano strutturale, trova la sua espressione esemplare nel quartiere Leopolda-Paisiello, dotato del giardino di Porta Leopolda, esteso una decara, e di aiuole complessivamente estese quasi 6000 metri quadri, sparpagliati in unità così piccole da non invitare a soggiornarvi, nonostante la recente accessoriazione con giochi per bimbi, attrezzi sportivi e passeggiata con aree di sosta, perché a troppo stretto contatto con edifici, viabilità veicolare e stalli di sosta per le auto.

Peraltro le alberature stradali hanno richiesto ripetuti risarcimenti di esemplari morti per scelte progettuali azzardate, per la scarsa qualità del suolo e per incuria (es. irrigazione di soccorso non eseguita in estati siccitosissime), risultando in gran parte ancora giovanili un decennio dopo la prima piantagione. Per effetto del fallimento di una delle imprese costruttrici, resta libero da costruzioni e riconquistato dalla vegetazione spontanea un lotto compatto altrettanto esteso, che il POC destina, anche in accoglimento di osservazione formulata da cittadini e previo esproprio, a verde pubblico in piena terra da progettare in forma partecipata con particolare attenzione agli aspetti naturalistici. Nella confinante area ex Officine Grandi Riparazioni estesa otto ettari, lo stesso POC colloca 54000 metri quadri di edificato residenziale, direzionale, commerciale e ricettivo, dotato di giardini anche stavolta verosimilmente frazionati in piccole aiuole di modesto valore ecologico e di scarso interesse sociale, che invece potrebbe costituire un prezioso corridoio ecologico in sponda destra del Canale Macinante, peraltro collegato coi parchi della Musica e delle Cascine. L’area un tempo occupata dal Panificio militare è sita all’estremità nord del nostro caso di studio. Lo specifico comitato di cittadini da molti anni chiede di destinarla a verde pubblico e a spazi sociali; dopo alterne vicende, compreso un fallimento, l’area è stata acquistata da Esselunga per realizzarci un supermercato con parcheggio e un giardino di soli 3100 metri quadri. Il tragico incidente sul lavoro del 16 febbraio scorso induce un ripensamento. Si raccolgono firme per azzerare le previsioni vigenti, anche con una petizione online.

Pocket garden

L’ultima trovata dell’Amministrazione comunale è stata l’impiego di fondi PON-Metro anche per realizzare pocket garden in tre vie del rione: Benedetto Marcello, Felice Fontana e Ponte alle Mosse. Un cittadino ha suggerito di chiamarli pocket coffee, dato che questi giardini tascabili si trovano in corrispondenza di esercizi di somministrazione. L’assunto ambiental-sociale di base è descritto nei cartelli esplicativi apposti. L’effetto microclimatico è limitato all’ombra proiettata dagli alberi piantati, nel caso di unica Lagerstroemia indica quattro metri quadri da adulta; il granulato minerale usato per la pacciamatura si scalda in estate non sensibilmente meno dell’asfalto circostante. Inoltre si tratta di aiuole non collegate col suolo sottostante, che pertanto non beneficiano della risalita capillare e richiedono irrigazione, nella maggior parte dei casi attingendo alla risorsa idropotabile, cosa da evitare in previsione del ripetersi di condizioni di siccità spinta e del conseguente razionamento selettivo. Curiosamente, l’importo speso per i pocket garden è equivalente a quello speso per l’operazione Essere Firenze.

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Paolo Degli Antoni

Paolo Degli Antoni, dottore forestale, Comitato Ex Fiat Belfiore-Marcello

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