Pubblichiamo qui, con il gentile permesso dell’autore e della casa editrice, l’introduzione allo strano (weird) testo di Giorgio Griziotti che lo definisce una “Fabulazione speculativa ecologica”. Non è un saggio, non è un romanzo, ma una narrazione, un modo espressivo che tende a consolidare i rapporti sociali costruendo universi di senso e prospettive visionarie per permetterci di metterci in cammino. Per cercare di costruire nella narrazione percorsi di riconoscimento, relazioni proficue e, nello stesso tempo, di rivelare invece quelle tossiche. Narrazioni farmaco per curare la setticemia di Gaia.
Giorgio Griziotti, Cronache del Boomernauta. Gaia e le metatecniche selvagge. Fabulazione speculativa ecologica, Mimesis, Milano 2023
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Introduzione dell’autore
Alla fine degli anni 50 del XX secolo lo scrittore Héctor German Oesterheld e il disegnatore Francisco Solano López[1] pubblicarono in Argentina il fumetto l’Eternauta, che successivamente divenne uno dei grandi classici della metascienza.
All’inizio del racconto, un uomo di nome Juan Salvo si materializza improvvisamente a casa di uno sceneggiatore di fumetti a Buenos Aires. Si presenta come “l’Eternauta”, “il vagabondo dell’infinito, un navigatore del tempo e un viaggiatore dell’eternità[2]” che vaga alla ricerca della sua epoca e del suo mondo. L’Eternauta, raccontando la storia di un’invasione aliena, voleva avvertire che i “mostri” possono giungere in qualsiasi momento e dare la possibilità di sfuggire a un destino segnato.
Nella metafora di un’occupazione da altri mondi Oesterheld denunciava l’orrore verso ogni potere repressivo, dietro cui s’intravedeva la situazione di molte realtà non solo latino-americane[3].
Per una tragica ironia della sorte una ventina d’anni dopo il terrore fascista arrivò anche in Argentina.
Il generale Videla, salito al potere grazie al governo statunitense, iniziò l’eliminazione sistematica degli oppositori: Solano López venne costretto all’esilio, Oesterheld entrò nell’infinita lista dei desaparecidos, insieme alle quattro figlie, due generi e due nipoti[4].
Se vi sto parlando dell’Eternauta è proprio perché per una strana coincidenza mi è successo qualcosa di simile. Come i miei amici sanno, anch’io, come lo sceneggiatore di fumetti dell’Eternauta, lavoro di notte. Stavo appunto scrivendo al computer quando, nella poltrona della nonna un po’ sfondata che sta di fronte alla mia scrivania, si materializzò uno strano personaggio proprio come avvenne per l’apparizione dell’Eternauta. Non so esattamente che ora fosse, ma doveva essere molto tardi perché ricordo che la torre Eiffel, che si vede in lontananza sullo sfondo dalla finestra della sala di fronte al mio studio, era completamente spenta. Anche nel mio caso, non si trattava di un fantasma. L’uomo indossava dei jeans lisi, un eskimo verde e una camicia stropicciata. Aveva un passamontagna, che pensavo fosse dovuto alla stagione invernale, e dalle mani un po’ rugose e macchiate capii che non era più giovane.
Quando si tolse il passamontagna ebbi la certezza che il mio eternauta fosse un boomer[5]. Tuttavia non si trattava di un boomer qualsiasi perché dal suo abbigliamento, e specialmente dall’eskimo un po’ consunto, intuii che aveva senz’altro partecipato al periodo rivoluzionario degli anni 60 e 70 del XX secolo. Non era normale che alla sua età fosse ancora vestito in tal modo, ma, come mi spiegò in seguito, era ormai entrato in una dimensione sconosciuta che l’aveva fissato così. Non volle dirmi il suo vero nome, ma solo quello di battaglia degli anni ruggenti della militanza e delle lotte: Ghirighiz, il nome del protagonista di un fumetto italiano degli anni Settanta, un cavernicolo un po’ sarcastico e smaliziato. Mi disse che aveva l’abitudine di raccontare sui social le prodezze delle ribellioni della sua epoca; una volta di fronte al commento un po’ ironico di una giovane aveva risposto scrivendo che “i millenial e la generazione Z hanno la sin- drome di Peter Pan”, come per rimproverarli di rifiutare le proprie responsabilità e di non affrontare il capitalismo come lui e molti della sua generazione avevano fatto. Non sapeva però che si trattava di una millenial witch, una giovane strega che d’impeto gli gettò un sortilegio potente scrivendo sui Social:
OK BOOMER
Da quel momento era entrato in una nuova dimensione senza tempo, vestito proprio come alle manifestazioni dell’epoca o, comunque, con gli indumenti tipici d’un viaggiatore con zaino in spalla. Il sortilegio lo aveva costretto a ricominciare senza fine il backpacking della sua gioventù, ma con l’aggiunta della dimensione del tempo, consentendogli di esplorare anche una parte del futuro.
Decisi allora di chiamarlo Boomernauta perché, pur non essendo eterno, aveva in comune con l’Eternauta le peregrinazioni in epoche molto diverse. Come l’Eternauta, sebbene con limiti temporali più modesti, anche lui (si) era smarrito e non solo nel tempo. Ma, a differenza dell’Eternauta, non aveva allarmi da lanciare. Pensava che fosse ormai troppo tardi per salvare gli umani della sua era e troppo presto per sapere chi eventualmente avrebbe preso il loro posto sulla Terra.
Il vero sortilegio della fatwa OK BOOMER non consisteva solo nella perdita di ogni riferimento temporale, ma soprattutto nella maledizione di dover percorrere le epoche future con la visione e i valori dell’epoca della sua militanza. Da quanto traspariva, al di là del racconto e del linguaggio usato, avevo davanti a me l’immagine dell’infelicità.
Il modo in cui ci si sente nel proprio tempo è il risultato delle strutture complesse di sensazioni, emozioni e sentimenti di quel periodo. Anche se al Boomernauta l’ordine del tempo della sua gioventù rivoluzionaria era sembrato ingiusto e insostenibile, quello restava l’ambiente sociale e culturale che lo aveva formato. Potete quindi immaginarvi lo sradicamento e la sofferenza continua che viveva nelle peregrinazioni temporali a cui era ormai forzato.
Durante il suo racconto talvolta rimasi un po’ incredulo di fronte a questa sua insistenza a voler accusare di tanti misfatti ciò che lui chiamava “l’imperialismo” o “la macchina bicefala Stato-capitale”. Ma, alla fine gli sono stato grato per alcune sorprendenti rivelazioni. Gli dissi che dal mio punto di vista tutto era relativo, e su questo anche lui era d’accordo, ma soprattutto che bisognava relativizzare le nostre pretese rivoluzionarie di gioventù boomer. Certo non usai le classiche battute ritrite dei reduci delle rivoluzioni politiche sconfitte “se avessimo vinto, chissà cosa avremmo combinato…” ma cercai di farlo riflettere sugli impensabili salti tecnologici, che, capi- talismo o no, da allora erano stati fatti dall’umanità. Trasformazioni che avevano profondamente cambiato le condizioni di vita, anche se dall’inizio dell’epoca neolib erano avvenute in un modo che aveva esacerbato le disuguaglianze. Forse entrambi avevamo vissuto l’ultimo tentativo di rivoluzione globale e ora avevo molti dubbi che cercai di esporgli. Gli intrecci e gli aggrovigliamenti di tutte le forme di potere con cui le Governance capitaliste ci avevano avvolti sembravano rendere impossibile un ulteriore tentativo di quel genere. Ma il Boomernauta ovviamente aveva già visto, almeno in parte, che le cose si sarebbero sviluppate diversamente. Sembrava che in lui il suo credo rivoluzionario di gioventù si fosse cristallizzato in un blocco irremovibile, quasi a bilanciare lo straordinario potere di percorrere la curva del tempo. Forse aveva bisogno di una base solida su cui poggiarsi come requisito indispensabile per accedere alla dimensione temporale. Sta di fatto che diversi nostri punti di vista erano divergenti. Io mi ero potuto permettere di relativizzare un po’ la portata della nostra epopea di gioventù, finita peraltro con una storica sconfitta. Come molti boomer ero spesso sbigottito di verificare nel quotidiano che le generazioni di cui eravamo genitori e anche nonni non sembravano credere che un sogno collettivo fosse possibile. In seguito avevo dovuto accettare certi compromessi con la realtà – nel lavoro, nei comportamenti, nelle relazioni sociali… – mentre nel suo racconto il Boomernauta appariva inflessibile in taluni suoi principi.
Successivamente, quando iniziò a condividere con me ciò che aveva osservato nel futuro, mi dimenticai di me stesso. Attraverso il suo racconto sulle evoluzioni e le sorprendenti conseguenze di quel- la che lui definisce la “capacità metatecnica[6] umana” – intesa come l’abilità cognitiva di creare nuove tecniche o migliorare quelle esistenti – mi resi conto che il Boomernauta doveva aver acquisito una formazione e un’esperienza professionale nel campo tecnoscientifico prima di essere catapultato nel futuro. Probabilmente era stato uno dei primi ingegneri elettronici della sua epoca.
Quando poi gli ho fatto osservare di aver descritto le Governance future, da lui definite capitaliste, nelle loro mutazioni ultime senza mai entrare nel merito o nel dettaglio delle feroci lotte che le dilaniavano all’interno, ha alzato le spalle per mostrare il suo disinteresse. Poi mi ha spiegato che questo era sempre successo e non gli interessava perderci tempo, soprattutto perché secondo lui il primo nemico da cercare di eliminare non era il capitalismo… ma non voglio svelarvi ora le sorprese del suo racconto.
Aggiungo qualche indicazione sulle modalità di lettura della narrazione del Boomernauta. La sua esposizione non sempre segue uno stretto ordine cronologico anche se in generale avanza nel tempo, ma non in modo lineare e talvolta ci sono imprecisioni specie rispetto a certi episodi del passato. Autorizzandomi a trascrivere il suo racconto mi ha sussurrato che contava sulla vostra comprensione per i suoi dogmatismi. Come attenuante ha evocato non solo l’età e la formazione politica, ma anche l’esperienza di aver visto le sue certezze tramutarsi in post-verità e viceversa.
Anche il suo modo di esprimersi può sembrare un po’ anomalo. Pur essendo un boomer tecnologico era abbastanza abituato a usare una terminologia professionale inglese, ma non al punto da passare quella che lui definiva la neolingua “pidgin english locale”, nel suo caso l’itanglese, che si era imposta a partire dai millenial. Ogni tanto l’ho sentito bofonchiare un po’ contro questi abusi linguistici non tanto per nostalgia, ma perché rimproverava ai giovani italofoni di aver tenuta viva la vecchia vocazione di sudditanza a quello che lui chiamava, ossessionato com’era dalla geopolitica del suo tempo, l’imperialismo anglofono.
Prima di lasciarvi alla dissertazione del Boomernauta desidero informarvi che le citazioni messe in esergo sono sue.
Ho redatto io quasi tutte le note, sia per ancorare il racconto del Boomernauta a qualche referenza, sia per spiegare qualche passaggio che poteva risultare oscuro. Nello stesso spirito ho anche inserito all’inizio di ogni capitolo un breve riassunto, che può inoltre permettere modi alternativi alla lettura sequenziale. Talvolta ho anche aggiunto un mio commento o una mia impressione per analizzare i motivi che potrebbero aver influenzato la direzione del racconto del Boomernauta, oppure per chiarire ambiguità e pregiudizi tipici della sua epoca e relativi ai suoi orientamenti politici rivoluzionari
Le immagini sono state generate da una AI su indicazioni testuali di Gilberto Pierazzuoli
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- Il mio amico José Muñoz, grande disegnatore di fumetti, mi ha raccontato di aver contribuito da apprendista all’Eternauta: Solano l’aveva incaricato di disegnare la neve mortale che cade sulla terra raccomandandogli di renderla “minacciosa”… evidentemente anche i dettagli visivi contribuiscono a creare un’atmosfera di pericolo nel fumetto ↑
- H. Oesterheld, F. S. López, L’Eternauta, 001 Edizioni, 2018 p. 15 ↑
- https://www.lospaziobianco.it/eterno-eternauta/ ↑
- Ibid ↑
- così chiamato perché nato nel post WW2 aveva vissuto la gioventù nel boom economico che aveva caratterizzato i “30 (anni) gloriosi”. ↑
- Metatecnica: cfr. glossario ↑
Redazione
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