Premesse storiche sull’Italia.
Ricordo che a Roma nel 1980 il sindaco Petroselli istituì la prima l’area pedonale del Colosseo, poi quella di piazza di Spagna e quella di Piazza del Popolo che erano adibite a parcheggi (qui).
Allora i commercianti insorsero! Andate oggi a dir loro di togliere le aree pedonali e vedrete che saranno i primi a difenderle. Nel 1990 a Vicenza e si iniziò a istituire l’area pedonale: si censirono quanti transitavano per Corso Palladio o per Contrà Pigafetta e si scoprì che NON erano turisti bensì professionisti. Fu istituita l’area pedonale in Contrà Pigafetta per difendere il palazzo omonimo del Quattrocento e il capitello di marmo che impediva l’ingresso fu buttato nel fiume per 2 volte (la strada era una scorciatoia per uscire dal centro). Era il 1990. Oggi l’area si è estesa: l’anello di Piazza delle Erbe è stato chiuso, il carico e scarico delle merci avviene solo con mezzi elettrici, per altri mezzi le fasce orarie sono limitatissime. Nessuno oggi protesta. Il sindaco Possamai ha fatto disporre in molte vie vasi con piante e alberi di grande efficacia. Ridurre le aree pedonali è una battaglia antiecologica e antieconomica. Quel che spesso non funziona è l’assenza di un servizio di mezzi pubblici che possa permettere ai cittadini, ai lavoratori e ai turisti di spostarsi in città.
Quel che accade nel mondo dimostra quanto sbaglino i detrattori delle isole pedonali.
La National League of Cities (Lega Nazionale delle Città, con ampia bibliografia) propone una serie di analisi limpide: Barcelona ha adottato il sistema diffuso dei superblocks (quartieri pedonalizzati con traffico dei residenti a 10Kmh, zone contornate da arterie di attraversamento con divieto di fermata e parcheggi sotterranei). Anche questa proposta ha visto la resistenza di abitanti e commercianti; tuttavia si è riscontrato un incremento del 30% delle attività economiche. Inoltre l’Institue for Global Health ha stimato per Barcelona un calo di 667 morti all’anno e un aumento dell’aspettativa di vita di ogni cittadino di 200 giorni. L’idea è di liberare a Barcelona il 60% delle strade dal traffico veicolare.
La Spagna è diventata un gigantesco laboratorio per la valutazione delle aree pedonali. Spicca lo studio, nella rivista “Cities” (vol. 120 del 2022), di Yoshimura e altri 8 in rappresentanza dell’Università di Tokio, del M.I.T, del CNR di Pisa e del Banco di Bilbao. Il metodo innovativo è stato quello di analizzare, grazie alla valutazione delle transazioni bancarie ripulite dai dati personali, il comportamento degli acquirenti sia nelle aree pedonalizzate sia in quelle ordinarie. Spicca il fatto che -in 14 città- le zone sottoposte a pedonalizzazione hanno un incremento economico degli affari molto maggiore del gruppo di controllo (aree non pedonalizzate). In verità nelle aree pedonalizzate crescono anche i nuovi negozi e questo porta a una redistribuzione complessiva delle vendite complessive. In generale in ambedue le aree non ci sono scostamenti significativi per le attività dei negozi di quartiere mentre il dato cambia per ristoranti e centri ricreativi. Per quanto riguarda le dimensioni delle città si riscontra un maggior aumento delle vendite nelle aree pedonalizzate dei paesi medio-piccoli rispetto alle grandi aree urbane. Oltre ai positivi effetti economici risulta evidente un incremento del benessere sociale dato dal potersi incontrare liberamente nelle piazze, nei bar, nei ristoranti delle aree pedonali. I dati dello studio di Yoshimura sconfessano paure e dubbi sulle pedonalizzazioni che talora si fondano su immaginarie desertificazioni dei centri storici.
EU Urban Mobility Observatory, l’osservatorio europeo per la mobilità, ha premiato più volte per il progetto di pedonalizzazione di Lubiana 2003-2025 che ha raggiunto i 10 ettari di interdizione al traffico. Il rapporto conclude: I timori di un danno alle attività economiche si è dimostrato infondato, anzi c’è stato un incremento, l’inquinamento è diminuito del 70%, i livelli di rumori sono calati di 6dB.
CityWayFinding, nel riportare il caso clamoroso del sindaco di Bruxelles a cui viene impedito di sedersi in un ristorante del centro per protesta contro la pedonalizzazione del 2015; tuttavia si annota che ora l’85% dei negozianti è a favore in quanto i guadagni sono cresciuti dopo un calo iniziale. Secondo Business Insider, Madrid ha interdetto ai non residenti 200 ettari del centro cittadino; Amburgo prevede che entro il 2035 il 40% della città sarà vietata ai veicoli.
CityLab, il laboratorio delle città ha studiato l’impatto della pedonalizzazione o della sostituzione dei parcheggi a bordo strada con piste ciclabili. Ecco i risultati. A Dublino i commercianti hanno sovrastimato il calo degli affari: pensavano che gli automobilisti rappresentassero il 19% degli acquirenti e invece erano solo il 9% mentre dopo l’istituzione dell’area ciclopedonale questi hanno assorbito il totale degli acquirenti in auto e lo hanno incrementato. A Wellington (Nuova Zelanda) i pedoni in centro pedonalizzato spendono di più di quanto accadeva con gli acquirenti in auto (dati di 1744 consumatori e 144 negozianti). A Los Angeles le zone a traffico controllato hanno portato un incremento degli affari da 230.000 dollari a 388.000. Per concludere che non è vero che chi accede alle aree commerciali in auto spende di più di chi acquista a piedi in aree protette, si veda The Complete Business Case for Converting Street Parking Into Bike Lanes.
C’è abbastanza materiale per riflettere e per capire che la strada giusta per lo sviluppo culturale ed economico, per la tutela della salute, per preservare i monumenti delle città è quella di una pedonalizzazione rigorosa.