A Firenze siamo in qualche modo espertə sul tema del “decoro”. Ne abbiamo sentito parlare per 10 anni di gestione Nardella come parola chiave di un’agenda politica che utilizzava questo termine in senso borghesizzante e classista, sostanziandolo in un contesto spesso piuttosto razzista. Fa abbastanza senso vedere una terminologia del genere usata in questi termini da parte di una politica che dovrebbe essere di sinistra, o comunque dovrebbe parteggiare per i diritti civili e sociali.
Noi vorremmo porla in un ambito diverso, traslando il concetto in una breve riflessione su ciò che sono i nostri privilegi da persone non razzializzate, con documenti in regola , con il privilegio di avere un lavoro mediamente pagato e un tetto sopra la testa (quest’articolo è rivolto a noi). Stanno girando online immagini che sono piuttosto eloquenti: riders che a Bologna effettuano consegne sotto il diluvio che ha colpito la città questo week end (e che, ribadiamo, si chiama crisi climatica e non maltempo). Le consegne non si sono fermate nonostante le precipitazioni che hanno messo a rischio la vita di diverse persone e che hanno causato una vittima giovanissima.
In questo contesto di pericolo oggettivo tuttavia, il nostro sistema economico capitalista ha continuato ad operare nel nome del profitto a tutti i costi, sempre sulla pelle di lavoratorə che sono costrettə a lavorare in condizioni di sfruttamento continuo e di tutele pressoché inesistenti in ambito di diritti e sicurezza. La normalizzazione di un sistema che – con il lucro di pochə padronə – mette a repentaglio la vita delle persone per soddisfare nostri bisogni assolutamente non necessari funziona così bene che ormai ne siamo tuttə assuefattə . “Eh, ma il rider ha scelto di lavorare e fare la consegna”. Questa argomentazione è piuttosto labile, dato che chi lavora come rider spesso è costrettə a farlo da una condizione economica molto difficile e la scelta non c’è se l’alternativa è morire di fame. E’ importante ribadire come un mantra che il problema non è chi e sfruttatə, ma chi sfrutta. In questa catena ci siamo anche noi, che in qualche modo contribuiamo a non spezzarla con il nostro comportamento da consumatorə di servizi assolutamente non necessari.
Per quanto sentiamo spesso utilizzato l’argomento della colpevolizzazione della “parte debole” è altresì un tema che fa molto comodo a chi lucra su questa tipologia di sfruttamento. Se ci sono persone che lavorano in condizioni di totale insicurezza nei cantieri, (a Firenze lo sappiamo bene) se ci sono riders che consegnano il nostro cibo nonostante un’alluvione, se ci sono persone che lavorano sotto il sole per 4 euro all’ora a nero, se ci sono contratti con retribuzioni fuori da ogni decenza, la colpa non è di chi è sfruttatə ma solo e soltanto del padrone e di chi non pone una soluzione al problema in ambito di legislazione. Chi è sfruttatə è la vittima designata, e noi siamo al contempo sia vittime – in quanto cresciamo con questa cultura e con una normalizzazione di tutto ciò al fine di mantenere i nostri deboli privilegi (che sono briciole) – sia carnefici – poichè non abbiamo il coraggio e la coscienza di rinunciare alle suddette briciole.
Ecco, questo è in un certo senso un utilizzo più corretto della parola decoro: cosa possiamo fare noi per essere il corto circuito di questo sistema? O perlomeno per provare a farne scricchiolare gli ingranaggi? Prendere coscienza dei nostri privilegi e rinunciarvene, almeno in parte, acquisendo consapevolezza su quello che è il nostro ruolo di “consumatorə”, stando dalla parte giusta della barricata, senza colpevolizzarci dei nostri comportamenti, causati in gran parte da una cultura sistemica, ma facendo di tutto per decostruire questa cultura.
Ecco il decoro: rinunciare al nostro pasto caldo nella comodità del nostro divano di casa se questo mette a repentaglio la vita di un’altra persona.
Perché il nostro privilegio a un certo punto potrebbe finire: cosa accadrà nel momento in cui saremo noi a non avere scelta?
Marco Filippini
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“Prendere coscienza dei nostri privilegi e rinunciarvene, almeno in parte, acquisendo consapevolezza su quello che è il nostro ruolo” è una proposta che caldeggio. Ho utilizzato la consegna di cibo con rider una sola volta in vita mia, mi sono sentitə Maria Antonietta povera e tirchia, non ho più voluto ripetere l’esperienza