Le dieci cose da sapere su rete e controinformazione

1) Irretiti. Lo sguardo che orientiamo sulla rete porta principalmente a cercare le conferme a notizie e pregiudizi e la risposta è sempre positiva ma non per la vastità della rete, ma per i reindirizzamenti che portano proprio là in quella specie di ghetto dove si presuppone che quei pregiudizi siano confermati. La rete non ha una ramificazione omogenea e simmetrica. È fatta di condensazioni, di cluster autoreferenziali. Per spiegare o giustificare il fatto che quello che vedi nelle notizie di Facebook non è riferito a tutti gli amici che hai nel social network, ma soltanto a quelli con i quali interagisci di più, Mark Zuckerberg fondatore di Facebook dice: “Uno scoiattolo che muore davanti a casa vostra può essere più interessante per voi delle persone che muoiono in Africa” (D. Kirkpatrick,  p. 264) facendo passare per un pregio quello che dovrebbe essere un difetto, una autoreferenzialità che non dovrebbe essere una virtù. Il navigatore della rete in realtà è preso nella rete. Il 4 dicembre 2009 Google annunciava un cambiamento: ricerche personalizzate per tutti. Da allora anche i risultati delle interrogazioni al motore di ricerca sono diversi da utente a utente. Il pensiero critico sarà così condiviso con chi è già propenso ad accoglierlo e più difficilmente potrà uscire fuori da quella cerchia.

larry-page2) La rete e gli approfondimenti. La rete ha imposto un livello di attenzione vicino a quello che potremmo chiamare multitasking creando però delle difficoltà a comprendere testi lunghi e narrazioni complesse. «Viene dunque meno la percezione del senso di un discorso e l’esigenza stessa che un senso vi sia» (Fabris, p.22). Il pensiero connesso alla rete dispone cioè di meno strumenti critici. Il tempo del libro è lineare, quello della rete è, appunto, reticolare. Sicuramente i nativi digitali tendono a leggere articoli brevi e di comprensione immediata, mentre trovano difficoltà con saggi ampi e con strutture articolate del discorso. La navigazione in rete più che avere una rotta è fatta di salti: è uno zampettamento. Google fonda i suoi profitti sulla pubblicità, per la precisione esso privilegia la pubblicità più cliccata, mettendola più in risalto e guadagnando poi in proporzione ai click stessi. Ogni click sul web segna un’interruzione della concentrazione ed è nell’interesse di Google che noi facciamo molti click. «L’ultima cosa che l’azienda vuole incoraggiare è la lettura fatta con calma o il pensiero lento e concentrato [ad esempio quello critico e fuori del coro]. Google è, in senso piuttosto letterale, nel business della distrazione» (Carr p. 189).

3) Fiducia nella rete. La fiducia si baserebbe sulla presunzione di verità di ciò che viene detto da ciascun interlocutore, il quale dovrebbe essere libero di esprimersi nei limiti soltanto di una “etichetta” da dover tenere, che poi di fatto va a coincidere con una forma di regolamentazione di quelle presunte libertà di espressione. Uno dei criteri che viene invocato e che giustificherebbe la sorveglianza (condizione principale ispirante l’etichetta), sono i motivi di sicurezza e la sorveglianza si esplicita attraverso un condizionamento su questa apparente libertà. Fiducia e autorità si fondano sul rispetto. Rispetto proviene da “respicere” con “re” che sta per di nuovo o addietro, che accenna ripetizione o indugio e “spicere” guardare (www.etimo.it). «Letteralmente, rispettare significa distogliere lo sguardo. È un riguardo» (Han p. 11). Il rispetto presuppone dunque uno sguardo distaccato, presuppone una distanza. Oggi invece questa distanza non si pone più, le cose si mostrano senza questo tipo di filtro, sono spettacolari. Spectare – da cui spettacolo – è uno sguardo diretto, quasi impudico, senza riguardo, senza rispetto. «Una società senza rispetto, senza pathos della distanza sfocia in una società del sensazionalismo» (Idem).

4) Privacy 1. Spazio pubblico e spazio privato si dovrebbero tenere separati. Bisogna che ci sia distanza tra i due spazi, bisogna che la sfera pubblica distolga lomark-zuckerberg-facebook sguardo dal privato. Oggi questa distanza è assente. L’intimità è messa in mostra. La comunicazione digitale e la rete riducono le distanze, riducono il rispetto, il riguardo. Quelle forme di attenzione e di cautela che caratterizzano quelle forme e quegli aspetti assimilabili al sacro, alla cautela che occorre per la manipolazione delle cose sacre. Religione, in un’altra probabile etimologia, verrebbe da re-ligio, rileggo, nel senso che adopero un’ulteriore cautela non solo per la manipolazione, ma anche per l’interpretazione, per la semplice lettura. Queste mancanze, questa mancanza di distanza, provoca un’ostentazione dell’intimità e della sfera privata.

5) Privacy 2. Contro l’apparente democrazia che il web potrebbe veicolare gioca però la tracciabilità totale che la rete e alcune sue applicazioni particolari permettono, realizzando così il panopticon perfetto che oltre a sorvegliare permette il controllo. La rete contribuisce così al passaggio da una società del tipo disciplinare a una del tipo governamentale o di controllo. Tramite la rete ogni gusto, affezione, idea e comportamento sono tracciati. Ogni singolarità è inserita nella sua nicchia di mercato. La rete restituisce e rinfocola ogni aspettativa e propone e ripropone oggetti di consumo adatti e puntuali. La tracciabilità che la rete permette, produce il passaggio dalla fase del consumo indotto a quella del consumo personalizzato. Più che produrre bisogni astratti si può proporre di soddisfare bisogni personali che hanno l’apparenza di essere più concreti.

6) L’anonimato. L’anonimato esclude il rispetto, il rispetto esige qualcuno, esige un nome, non è applicabile alla comunicazione anonima. La responsabilità e la fiducia abitano egualmente il nome. «Separando il messaggio dal messaggero, la notizia dal trasmittente, il medium digitale azzera il nome» (Han, p.13). La comunicazione digitale diviene esente da responsabilità, non può veicolare ed essere supportata dalla fiducia. L’autorità e le verità non possono essere veicolate in nessuna forma oggettiva di fede. Tutto questo è possibile a partire dalla condizione di anonimato che la rete permette e sulla quale essa è costruita.

7) Simmetria della rete. Il medium digitale, e la rete in particolare, ha un carattere simmetrico che altri media non hanno. L’utente nella rete non consuma soltanto in modo passivo l’informazione, ma la può produrre attivamente. Questo è appunto uno dei caratteri di democrazia che la rete permette e veicola sino a quando sarà garantita quella che viene chiamata la “net neutrality”. Questa simmetria, questa bidirezionalità scombussola la distribuzione dei rapporti di forza. Il potere si esplica in un’unica direzione, quella dall’alto verso il basso. In questo la rete ha delle potenzialità rivoluzionarie che altri media non hanno. La simmetria è ancora più accentuata in quello che viene chiamato il web 2 nel quale, tramite per esempio i commenti, c’è interazione tra lo scrivente e il lettore. Ma ci sono anche opinionisti mercenari, pagati cioè per difendere una posizione all’interno di ogni sito nel quale si affronti quella problematica al quale il mercenario è abbonato. Questa è una strategia che non tutti si possono permettere. Di nuovo il potere ha più strumenti per difendere le proprie idee e le sue semplici scelte.

apple-logo8) Net Neutrality. Una rete neutrale è in grado, rispetto ai singoli pacchetti di cui si compone l’informazione, di non dare loro priorità differenziate. L’unità di informazione una volta immessa in rete è semplicemente un valore indifferenziato che si muove con la stessa velocità e priorità di ogni altro. Dal punto di vista in particolare di Internet mobile nella quale l’accesso si paga in funzione della quantità di dati ricevuti, alcuni servizi come ad esempio la visione di un film in streaming, consumerebbero l’intero pacchetto mensile. Per questo si è creata un’apertura nella definizione di net neutrality per la quale si ha la possibilità di non conteggiare nella bolletta dell’utente il collegamento a determinate applicazioni (zero rating). Questa apertura potrebbe diventare una falla permettendo un accesso privilegiato (gratuito) a certi siti e non ad altri.  C’è poi il fatto che ai provider potrà essere concessa la facoltà di gestire a loro discrezione il traffico su internet e di rallentarlo per sventare una non meglio definita “minaccia di congestione”, minaccia la cui valutazione è totalmente a discrezione del provider stesso.

9) Tono e Volume. All’interno di un forum (un newsgroup, un blog, una chat) la discussione può essere animata da alcuni interventi provocatori inseriti allo scopo. C’è tutta un’articolazione e un dosaggio, un vocabolario e una sintassi. Se la provocazione è particolarmente violenta il soggetto è il troll, flaming è l’atto di inviare questo tipo di messaggio detto appunto flame. La scrittura in rete, nelle chat, nella messaggistica istantanea (sms, whatsapp, messenger e simili) è rapida, non permette riflessioni ponderate, “non fa sbollire gli spiriti”. L’eccitazione alimenta gli interventi ed è meglio veicolata dal medium digitale.

10) Noise. Il potere in termini mediatici si esplica nel favorire il consenso. Il consenso prevede silenzio. Il controllo, il reindirizzamento del senso, provocano accondiscendenza. Il rumore è allora indice di rivolta. Il rumore rappresenta il valore dell’entropia della comunicazione, il massimo dell’azione. La quiete e il silenzio, l’inazione sono invece gli esiti del potere. Il silenzio indica la sovranità acquisita, ma il massimo del rumore determina quello stato di eccezione che determina un cambio della sovranità stessa. L’indignazione è generatrice di rumore. Il rumore prodotto dall’indignazione è indistinto, ha qualcosa di amorfo, che stenta a prendere forma. Per questo l’indignazione monta e si smonta in termini quantitativi con la semplicità che non riesce a caratterizzare nessun’altra espressione.  Il rispetto e il riguardo contengono il concetto di rallentamento contrario alla velocità con la quale monta e si smonta l’indignazione. La condensazione del tempo, l’esplicarsi dell’evento in termini istantanei, sono dell’ordine della sensazione che non si lascia integrare in uno stabile nesso discorsivo. «La società dell’indignazione è una società sensazionalistica» (Han p. 18). L’indignazione è uno stato affettivo, per questo riguarda più le singolarità che le masse, per questo non riesce a trovare aggregazioni stabili.

Testi di riferimento:

  • Byung-Chul Han, Nello sciame, Visioni del digitale, Nottetempo, Roma 2015
  • Adriano Fabris, Il tempo esploso, Filosofia e comunicazione nell’epoca di twitter, Edb, Bologna 2015
  • Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiando il nostro cervello, Raffaello Cortina, Milano 2011
  • David Kirkpatrick, Facebook. La storia. Mark Zuckerberg e la sfida di una generazione, Hoepli, Milano 2011
  • Eli Pariser, Il Filtro – quello che internet ci nasconde, il Saggiatore, Milano 2012