Unicoop Tirreno in crisi. Ecco cosa si prospetta per centinaia di lavoratori

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Aria di crisi si respirava già da tempo in Unicoop Tirreno: tra il 2006 e il 2011, infatti, l’azienda ha perso circa 100 milioni di euro di fatturato e poiché il patrimonio netto era troppo inferiore rispetto al prestito sociale, Banca Italia è intervenuta imponendo alla cooperativa di rientrare nei parametri.

In soccorso è venuta l’ANCC Coop (Associazione nazionale delle Cooperative di Consumatori) che ha organizzato una sottoscrizione e stanziato strumenti finanziari per 170 milioni di euro: maggiori creditori sono Alleanza 3.0 (nata del 2016 dall’unione di CoopAdriatica, Coop Consumatori Nord-Est, Coop Estense) che ha accreditato 60 milioni e Unicoop Firenze, che ha prestato a Unicoop Tirreno 40 milioni di euro.

Adesso tocca ad Unicoop Tirreno risanare il suo bilancio e si è dunque attivata per portare avanti un piano industriale per ritornare in attivo tra il 2016 e il 2019. unicoop-tirreno-coop

Nei giorni scorsi la dirigenza di Unicoop Tirreno ha convocato i sindacati, perché naturalmente gli esiti di questo risanamento di bilancio ricadranno sui lavoratori: la novità è che a questo tavolo è stato invitato anche l’USB che pur essendo largamente rappresentativo da oltre 10 anni, ha vissuto una vera e propria apartheid sindacale. I tavoli di trattativa restano però separati e i sindacati confederali firmatari di contratto (CGIL, CISL e UIL) siedono a un tavolo, l’USB ad un altro, per volere dell’azienda.

Dalla prima convocazione è subito emerso che a fronte di anni di gestione a dir poco scriteriata che ha creato una voragine di 100 milioni di euro, il prezzo più alto viene presentato ai lavoratori. Franco Giampaoletti – ex direttore generale del Comune di Genova, da dicembre alla guida delle aree di servizio di Unicoop Tirreno che dal 1 marzo (e dunque a trattativa sindacale in corso) con ogni probabilità lascerà l’incarico per entrare nella giunta Raggi – ha infatti comunicato ai sindacati che per sanare il bilancio aziendale la scure dell’austerity aziendale si abbatterà su due voci: costi accessori e risorse umane.franchising_2016_coop

Secondo l’azienda si tratta di ridimensionare l’organico per un numero di 481 unità lavorative full time, e poiché in Unicoop Tirreno i part time sono molti più dei full time, si parla di un numero di lavoratori molto più alto. Quando si parla di esuberi non si parla ancora di licenziamenti: l’azienda per il momento ha messo a conoscenza i sindacati dello status quo, adesso si tratta di capire quali saranno i passi successivi.

Unico barlume di luce sembra essere la decisione di Unicoop Tirreno di aprire una contrattazione nazionale e non territoriale. Questo permetterà ai sindacati di lavorare su una scala nazionale per salvaguardare quanti più lavoratori è possibile, se la trattativa fosse stata frammentata, molti negozi non sarebbero stati coinvolti nel piano di risanamento ma ad altri si sarebbe chiesto un prezzo troppo alto.

Di certo però il sindacato di base già affila i coltelli: già sono partite le assemblee sindacali per portare la questione in ogni negozio e centro Unicoop, poiché naturalmente saranno i lavoratori ad essere protagonisti e decidere la strada da seguire. Tuttavia USB una linea già ce l’ha e vuole portare la situazione dei lavoratori dell’Unicoop Tirreno a Giuliano Poletti, non solo in quanto Ministro, ma anche perché ha guidato Legacoop dal 2002 e Adc, l’alleanza nata tra cooperative rosse e bianche, dal 2013, e, come si legge in una nota sindacale, ‘[…] quello che abbiamo di fronte agli occhi rappresenta al meglio la degenerazione di un sistema in cui l’originario spirito di solidarietà e mutualità è stato sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale‘.usb-coop

Tuttavia ci sono altri lavoratori che pagheranno un prezzo altissimo e la loro voce difficilmente avrà eco sui mass media: il taglio che Unicoop Tirreno si propone di effettuare riguarderà anche i ‘costi accessori’ ed una delle voci più consistenti di tali costi è quella degli appalti.

Gli effetti dei tagli annunciati pochi giorni fa dal nuovo Direttore Generale dell’azienda di Vignale Riotorto si stanno già scaricando sui lavoratori dell’indotto‘ spiega l’USB Livorno in una nota, ‘L’appalto relativo allo smaltimento cartone e plastica dell’Ipercoop di Livorno, gestito dall’azienda Cooplat, è stato infatti tagliato di netto e cesserà il 31 dicembre 2016. La conseguenza drammatica è che il destino di tre lavoratrici, che hanno ricevuto la notizia appena due giorni fa come un fulmine a ciel sereno, ad oggi è appeso a un filo. Come al solito i primi lavoratori su cui si abbatte la scure delle riorganizzazioni aziendali, sono quelli degli appalti. Un mondo su cui si fonda l’economia italiana e in cui purtroppo le tutele per chi lavora sono assolutamente troppo basse.’

Per questi lavoratori non ci sarà spazio nel tavolo di trattativa che Unicoop Tirreno ha aperto con i sindacati. Questi, che sono a tutti gli effetti lavoratori dell’Unicoop Tirreno, saranno trattati in maniera impari, poiché l’azienda non ha nessuna intenzione di ampliare il tavolo anche a loro.

Nel caso qualcuno ancora si domandi a cosa servono gli appalti, questa storia fornisce la risposta su un piatto d’argento: i lavoratori in appalto quelli che per primi spariscono dai tavoli delle trattative.

Insomma, il quadro è difficile e si prevedono tempi di duro lavoro per i sindacati che in questo momento non solo devono combattere la loro battaglia contro i nuovi padroni, ma che soprattutto devono lavorare per costruire una coscienza nei lavoratori, radicando il concetto che tutti i lavoratori sono uguali, che – in questo caso – i lavoratori dell’indotto Unicoop Tirreno hanno lo stesso diritto ad essere rappresentati in trattativa dei lavoratori Unicoop.

Ma soprattutto, i sindacati avranno il dovere di creare legami tra i lavoratori. Perché di fronte al Job act, di fronte all’arroganza dei padroni e ai ripetuti attacchi ai diritti, la risposta non può che essere la presa di coscienza dei lavoratori che soli non sono nessuno e che invece uniti si vince sempre.

Ed il concetto di unione non è quello dell’unione dei lavoratori della stessa azienda, ma di tutti i lavoratori.
In questo senso la vertenza che si aprirà con Unicoop Tirreno potrebbe davvero fare la differenza, cambiare finalmente il modo di fare sindacato: se si riuscisse a comprendere che ogni vertenza non ha valore solo in se stessa, ma deve fornire una base su cui si possano ricreare le condizioni di lotta sindacale. La vertenza di Unicoop Tirreno riguarda molti lavoratori: gli interni, quelli dell’indotto, ma riguarda anche tutti i lavoratori Coop e in appalto alla Coop.

Se si riuscisse davvero a far crescere questa consapevolezza, allora sarebbe possibile trovare un substrato su cui articolare le battaglie per ricostruire diritti e dignità che ogni giorno si assottigliano sempre di più.

*Erica Massa

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2 commenti su “Unicoop Tirreno in crisi. Ecco cosa si prospetta per centinaia di lavoratori”

  1. I sindacati sono parte di questo sistema che sta portando tali frutti,non facciano finta di niente.In Italia c’è bisogno di un azzeramento di ruoli.La divisione sindacale non ha più senso,il sindacalismo di professione deve sparire e tutti gli intrecci politici/sindacali molto diffusi da tempi remoti.

    1. Sono anche io convinta che i sindacati siano da tempo inseriti in questo sistema di sfruttamento, giocando un ‘gioco delle parti’ che serve solo a delegittimare e allontanare i lavoratori che sono sempre più sfiduciati. Però sono anche convinta di due cose: la prima è che nessun lavoratore si salva da solo. Oggi più che mai i lavoratori hanno bisogno del sindacato gli elmetti non servono a nulla contro la forza del padrone. La seconda cosa è che anche io sono contraria alla divisione sindacale, ma di fatto i sindacati hanno politiche diverse, operano in modi diversi. Senza considerare la divisione che c’è, del tutto antidemocratica, tra sindacati a cui è permesso di firmare contratti per tutti i lavoratori (non solo quelli iscritti) e sindacati che invece a volte non sono neanche invitati alle trattative. Come si supera tutto questo? Secondo me solo la base può modificare questo status quo: bisogna che i delegati RSA e RSU prendano coscienza che il loro ruolo è determinante non slo nelle proprie vertenze, ma nella costruzione della consapevolezza nei lavoratori. io credo che solo così sarà possibile uscire da questa situazione così difficile.

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