Dopo ogni alluvione, dopo ogni disastro, si levano alte le geremiadi di coloro che sarebbero potuti intervenire ma non lo hanno fatto, hanno preferito girare il capo dall’altra parte e lasciar correre. Ora siamo costretti a contare i morti, proprio come è accaduto in Sicilia, Trentino e Veneto. Non sono i primi e purtroppo forse non saranno gli ultimi.
Enormi sono le responsabilità dei decisori politici e degli operatori economici di fronte a tali avvenimenti. In nome di un modello economico fondato sulla folle corsa allo sviluppo e alla crescita non lesinano condoni edilizi, favoriscono la cementificazione di vaste aree agricole, aggrediscono territori con le grandi opere inutili e dannose, trafficano con mafiosi e camorristi, eludono colpevolmente la manutenzione e la cura dei territori più fragili da un punto di vista idrogeologico.
E a Firenze cosa accade?
La città e l’intera Piana Firenze – Prato – Pistoia sono, da questo punto di vista, delle aree ad alto rischio proprio per la presenza dell’Arno e del suo vasto bacino idrografico, cui appartengono, provenendo dalle alture settentrionali, sia l’Ombrone pistoiese che il Bisenzio. Non dimentichiamo che la conca fiorentina in origine era un lago, certo, in seguito bonificato, ma che non ha mai smesso di essere il collettore delle acque dell’intera corona circolare di monti che la circonda. Infatti esondazioni ed alluvioni sono di casa in tutta la Piana Firenze – Prato – Pistoia.
L’equilibrio idrogeologico della Piana, in particolare dell’area compresa tra la città di Firenze e la Piana di Sesto, già fortemente compromesso, oggi è gravemente minacciato dalla previsione di due grandi opere inutili e dannose, ossia dal progetto del nuovo aeroporto intercontinentale di Peretola e dal doppio tunnel sotterraneo della TAV, stazione Foster compresa.
Si tratta di due vere e proprie potenziali dighe, di superficie la prima, sotterranea la seconda, che andranno a interferire con le dinamiche sia della falda freatica, affiorante in alcuni casi, che dei flussi di superficie.
Come sappiamo nell’area fiorentina le acque tendono a scorrere da nord verso sud, assecondando la morfologia del territorio, sino a confluire nel grande collettore dell’Arno. Questo percorre la parte meridionale della conca e, attraverso la stretta della Gonfolina, tra Signa e Montelupo, sbocca nel Valdarno inferiore, dirigendosi verso Pisa e garantendo l’allontanamento delle acque della Piana.
A fronte di questo delicato equilibrio idrogeologico, i padroni del cemento, vorrebbero creare due potenziali ostacoli, l’aeroporto e il tunnel TAV, ovviamente orientati nella direzione est – ovest, ortogonale a quella delle acque, tale da contrastarne il deflusso.
È ampiamente dimostrato che la nuova pista dell’aeroporto di Peretola interferisce con il ricco reticolo idrografico proveniente da Monte Morello e dai Monti della Calvana. Il Masterplan prevede di deviare in maniera funambolica il corso del Fosso Reale che oggi garantisce un efficace smaltimento delle acque di superficie. Sarà necessario spostare laghi e micro ecosistemi, disperdendoli nelle aree limitrofe, secondo uno scriteriato principio di intercambiabilità dei sistemi viventi. Questi non sono assimilabili alle pedine di un monopoli territoriale che si possono spostare sulla base della redditività economica delle opzioni. Sono invece nodi e fitti reticoli di relazioni ecosistemiche che non devono essere alterate, ma curate e assecondate.
L’impatto territoriale del nuovo aeroporto riguarda non solo la pista della lunghezza di 2.400 metri, ma anche tutto il contorno di aree di stazionamento degli aeromobili, terminal passeggeri, nuova viabilità ecc. Insomma una vera e propria lacerazione del territorio dalle imprevedibili conseguenze sull’intero contesto dell’area, viste anche le mutate condizioni meteoriche caratterizzate da precipitazioni brevi ma molto intense e imprevedibili.
Spostandoci un po’ più a est, in prossimità del Centro storico di Firenze, il doppio tunnel della TAV e la Stazione Foster, anch’essa sotterranea, minacciano seriamente il deflusso delle acque di falda.
Come sappiamo questo procede in direzione nord, nord est, verso sud, sud ovest. Il doppio tunnel e la stazione Foster, vere e proprie barriere in cemento armato che arrivano alla profondità di 40 – 45 metri, si oppongono al libero scorrimento delle acque sotterranee. Ci sono opere di mitigazione che possano ricreare un equilibrio così profondamente modificato? Uno studio del 1998 (1), prontamente accantonato, indica in circa 3 – 4 metri l’innalzamento della falda freatica a nord del laccio ferroviario sotterraneo in assenza di mitigazioni. Lasciamo immaginare cosa potrebbe accadere, visto che siamo anche in prossimità dell’alveo del torrente Mugnone.
Il possibile effetto diga delle due grandi e devastanti opere è certamente da prendere in considerazione.
Anche l’Autorità di Bacino dell’Appennino settentrionale conferma le nostre perplessità, inserendo i siti in questione nelle Aree a Pericolosità media (P2 – pericolosità da alluvione media corrispondenti ad aree inondabili da eventi con tempo di ritorno maggiore di 30 anni e minore/uguale a 200 anni) e Aree a Pericolosità Alta (P3 – pericolosità da alluvione elevata corrispondenti ad aree inondabili da eventi con tempo di ritorno minore/uguale a 30 anni)
A fronte dell’attuale e imprevedibile collasso ambientale, sembra opportuno insistere nella realizzazione di queste due barriere ecosistemiche? Non è preferibile avere una condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni ambientali che riguardano una vasta area così densamente popolata? Il profitto delle imprese, il rendimento degli investimenti devono essere la sola bussola per le decisioni politiche? Perché le popolazioni coinvolte continuano ad essere inascoltate?
È risibile ascoltare il presidente Enrico Rossi quando invita i responsabili dei 5 Geni Civili e dei 6 Consorzi di Bonifica a ridurre la vegetazione nei letti dei fiumi per aumentarne la capacità idrica.
Gran bella trovata, certo necessaria, ma abbiamo ben altro da bonificare e da ridurre. Cerchiamo di attuare quella buona politica così tanto auspicata dalle popolazioni per prevenire e ridurre i disastri ambientali.
Accantoniamo una buona volta, e in maniera definitiva, senza la snervante melina di questi ultimi tempi, i progetti dell’Aeroporto e del tunnel TAV a favore di un modello di coesistenza sociale ed economica che esalti le qualità intrinseche del nostro territorio.
NOTE
(1) T. Bonomi, Studio modellistico nell’area urbana di Firenze – Linea A. V. – 1998, facente parte dello Studio di Impatto Ambientale.
*Antonio Fiorentino