Un anno di Officine Cavane. A San Miniato l’integrazione va in scena a teatro

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Questa domenica, vicino a San Miniato, ci sarà una grande festa. Ricorre infatti il primo compleanno delle “Officine Cavane”. Questa piccola realtà, nata un po’ come esperimento, ha saputo in pochissimo tempo farsi conoscere su tutto il territorio circostante ed è diventato un modello di integrazione. Motore pulsante delle Officine è la compagnia di teatro “Tra i binari”, di cui Francesco Mugnari e Marina Capezzone sono tra i fondatori. Abbiamo pensato di farci raccontare direttamente da loro questa esperienza.

Innanzitutto, chi siete?

Officine Cavane è un progetto di laboratorio artistico permanente che coinvolge migranti e cittadinanza. È situato al piano terra di un CAS* (Centro di Accoglienza Straordinaria) dove al momento sono residenti una quarantina di richiedenti asilo. Ognuno di loro è in attesa del riconoscimento dei documenti definitivi.

Il gigantesco casolare, oltre a 4 appartamenti, ha molti spazi annessi: alcuni sono ancora da recuperare, altri invece sono stati sottoposti e restauro e convertiti in attività. Ad esempio c’è una sala comune dove vengono svolti i corsi di Italiano e un laboratorio di falegnameria sviluppato da alcuni residenti della struttura.

Tra i Binari trova spazio all’interno di una vecchia stalla che in un anno ha trasformato completamente il suo aspetto. È diventata la nostra sede operativa dove stiamo convogliando molte attività. Settimanalmente ci sono 2 laboratori di teatro (condotti da Marina Capezzone e Francesco Mugnari NDR) e una serata dedicate alle danze africane, curata dall’associazione Africa In. Oltre a queste attività vengono spesso organizzate giornate aperte a tutta la cittadinanza con concerti, djset e spettacoli.

Come nasce l’idea di Officine Cavane?

Il progetto nasce dalla sinergia tra La Cooperativa La Pietra D’angolo (Ente gestore del centro d’accoglienza) e Tra i Binari APS.

La motivazione che ha spinto queste due realtà in questa grande sfida è legata al clima di diffidenza e paura che sta invadendo la nostra quotidianità. In primo luogo risultava importante la possibilità di aprire un centro di accoglienza alla cittadinanza, scongiurare (data anche la posizione geografica nella piana tra San Pierino, San Donato e Ponte a Egola) che si creasse un centro isolato dal tessuto cittadino. Inoltre crediamo che adesso sia urgente e doveroso, per il nostro ruolo di cittadini, prendere una posizione che possa sensibilizzare la cittadinanza a questo tema.

Come avete iniziato? Quali sono state le prime attività?

Il tutto è iniziato lo scorso anno quando siamo entrati a Cavane. Avevamo la voglia di creare una parata che entrasse nei paesi e animasse le piazze e le strade. In quell’occasione è stato organizzato un matrimonio tra l’Italia e il resto del mondo che coincideva con l’inaugurazione di Officine Cavane.
Nelle 3 settimane precedenti abbiamo organizzato 7 parate in giro per i paesi del comprensorio del cuoio e a Empoli per informare i cittadini dell’evento imminente. Questa azione ha permesso di creare un buon progetto di story-telling che, unito al piano comunicativo, ha avuto una grande risonanza tradotta anche in termini di partecipazione all’evento.

Come ha risposto il territorio? Siete arrivati anche fuori dal territorio? 

Se dobbiamo fare un bilancio sulla risposta del territorio dobbiamo valutarla sotto vari aspetti. Nei primi mesi la curiosità di aver aperto un laboratorio artistico permanente all’interno di un Centro di Accoglienza Straordinaria ha suscitato molto interesse, soprattutto tra la popolazione sensibile al tema. Se penso ai lavori che abbiamo proposto (“Tutti al Matrimonio!” e “CSLP – Conferencia Sobre la Lucha de un Pueblo”) non siamo mai andati in scena con meno di 30 persone, per raggiungere il massimo di presenze (fino ad ora!) di 120 persone in scena nel CSLP di Santa Croce sull’Arno dello scorso 10 marzo 2019. L’entusiasmo è molto e quando ci troviamo a incontrare associazioni per proporre azioni congiunte difficilmente troviamo resistenza. Per noi è un punto fondamentale e importantissimo perché ci rendiamo conto che la comunità e le associazioni devono trovare sinergia e forza nella cooperazione per poter programmare e progettare nuovi scenari di organizzazione sociale.

In questo momento la nostra azione si fonda su una resistenza culturale che rompe l’ordine delle cose ma lo fa con bellezza e creazione artistica. In qualsiasi azione progettiamo e immaginiamo, la primaria importanza è dedicata alla presentazione. Nel matrimonio eravamo dai 20 ai 30 attori in scena, ed eravamo eleganti e di bianco vestiti per scongiurare ogni trasposizione possibile, in CSLP abbiamo cappotti lunghi e valigie, tipico immaginario dei migranti italiani di inizi Novecento, in Al-Awda ci sono marinai bellissimi e vedove sensuali in tacchi, gonne e pizzo. Altro punto di forza è anche la fusione che si crea nel mixare italianità super popolare a elementi dall’Africa dell’ovest. Il primo elemento è una chiave essenziale: se trovi un richiedente asilo che ti canta nel “Nel Blu dipinto di Blu” ha già fatto breccia nelle possibili interpretazioni che puoi avere sulla sua persona.

Poi gli attacchi sui social e mediatici ci sono stati e credo che ci saranno ancora, ma che dobbiamo fare? La nostra risposta sta sul campo, nell’incontro. Vogliamo incontrare chi ci critica e chi disapprova il nostro lavoro per aprire un dibattito reale e costruttivo, non rispondere ad attacchi il più delle volte generati da algoritmi di profili fake.

Il nostro lavoro si è incentrato per questo primo anno sulla comunità che ci circonda ma questo continuare a farlo con determinazione e costanza ha creato una discreta eco. Ci stanno contattando da diverse università italiane per progetti di dottorato e studi di tesi, abbiamo avviato un processo di riflessioni sul teatro come modo di vivere la comunità con l’ass. Luoghi Comuni di Fermignano e il Teatro comunale di Cagli nelle Marche e da poco stiamo iniziando a collaborare con Teater X, compagnia teatrale tra migranti e cittadinanza di Berlino. Infine come non parlare della collaborazione con Annet Henneman del Teatro di Nascosto che che nell’ultimo anno ci ha portato a incontrare anche con i territori del West Bank palestinesi. Questi speriamo siano solo i primi elementi e che le nostre azioni si possano dilagare il più possibile.

Qual è dunque un primo bilancio dopo un primo anno di attività? Siete cresciuti numericamente e/o qualitativamente? Si sono aggiunte altre attività?

Le attività di Officine Cavane sono state inaugurate ufficialmente il 16 settembre 2018, ma in realtà erano già partite a giugno 2018, per la preparazione delle parate che hanno visto coinvolti i ragazzi del CAS e cittadini italiani.

Quindi possiamo dire ormai che è passato più di un anno. Da allora è successo che chi aveva iniziato le attività con noi ha consolidato la sua partecipazione, progredendo e raggiungendo un livello artistico più interessante e nuovi membri si sono aggiunti, portando così un contributo maggiore alle attività proposte.

Officine Cavane può vantare un gruppo di lavoro eterogeneo che oscilla dalle 15 alle 30 persone, alle spalle abbiamo più di cinque workshop, 10 perfomances e la partecipazione al Festival del Teatro popolare di San Miniato.

Subito dopo l’inaugurazione dell’anno scorso, si sono uniti alle attività di Officine Cavane il gruppo di balli e percussioni africane Giguywassa che ogni martedì sera animano le serate dello spazio proponendo musiche e balli della Costa d’Avorio.

Da giugno 2019 è partita anche la campagna “Un ponte di Libri”, con l’intento di creare una biblioteca consultabile e interscambiabile all’interno degli spazi del teatro. Molte persone si sono adoperate per portarci o inviarci libri di ogni genere e il progetto sta progredendo con una certa velocità.

All’interno di Officine Cavane prende sempre più forma anche il progetto di falegnameria, dove ragazzi della struttura e operatori della Cooperativa che gestisce il centro, stanno creando mobili e strutture il legno con materiali di recupero, da vendere poi a privati o attività commerciali.

Questi laboratori hanno prodotto dei risultati per l’integrazione dei migranti?

La partecipazione attiva dei richiedenti asilo e dei cittadini italiani ha creato nuove forme di integrazione, dove attraverso il lavoro teatrale sono nate nuove pratiche di scambio, di conoscenza e collaborazione. Al centro del lavoro di Officine Cavane c’è l’uomo, in tutte le sue forme, provenienze geografiche e genere. L’integrazione è un processo molto lento e difficile, il quale probabilmente coinvolgerà pienamente le generazioni future, i figli degli stranieri di oggi. Possiamo però dire che con i vari progetti che portiamo avanti stiamo creando un terreno fertile per far sì che questo possa accadere.

Un esempio lampante lo abbiamo visto durante il Festival del Pensiero popolare di San Miniato, dove Officine Cavane ha partecipato con la nuova produzione teatrale e con il supporto alla rete di volontari che hanno promosso le attività del festival. Su 30 volontari 23 erano richiedenti asilo e si può dire che un festival storico toscano, di tradizione popolare, ha potuto continuare il suo corso grazie a stranieri residenti sul territorio.

Che progetti avete per i prossimi mesi?

Dopo l’apertura del nuovo anno, che si terrà il 15 settembre presso Officine Cavane, ripartiranno anche i laboratori di teatro e cittadinanza che avranno luogo il lunedì e il giovedì dalle 19 alle 21.

Per i prossimi mesi ci attendono diverse partecipazioni a Festival toscani dove presenteremo l’ultima produzione del progetto “Al-awda, una veglia a primavera”. Grazie a un bando promosso dal Cesvot, nel 2020 inizieremo un progetto di teatro e cittadinanza che coinvolgerà anche il centro Notturno e il centro giovani di Santa Croce sull’Arno. Con questo nuovo progetto inizieremo un progetto d’indagine sul tema della casa. Dopo un anno di attività che avevano come tema il viaggio, ciò che spinge l’uomo a partire, ci concentreremo sull’immaginario della casa, il luogo che sentiamo nostro e dove decidiamo di mettere le proprie radici.

Se qualcuno volesse contattarvi come può fare?

Per incontrare il gruppo di Officine Cavane si può raggiungere lo spazio, sito in Via Cavane 112 San Miniato, il lunedì, il martedì e il giovedì dalle 19 alle 21. Altrimenti per restare aggiornati sulle attività si può consultare la pagina Facebook “Officine Cavane”. Per ulteriori informazioni si può scrive direttamente alla mail dell’Ass.Tra i Binari, teatritraibinari@gmail.com, o chiamare il 3385847087.

Thomas Maerten

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Thomas Maerten

Thomas Maerten, classe 1988, è cresciuto tra sud America, Africa ed Europa. Attualmente vive a Firenze, lavora con i migranti e scrive per passione. Partecipa attivamente ai Clash City Workers e alle attività dello Spazio Inkiostro.

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