Fame Zero – Riso colorato per Lula

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E’ tempo di festeggiamenti, festeggiamenti brasiliani. Brindo alla libertà!

Carnevale fuori stagione, tutto personale, tutto cuore, molto occidentale credo, che forse per capirlo, quello Brasiliano, bisognerebbe assaggiarne tanto.

Brindo per quello che più me lo rappresenta: la “confusione delle forme”, lo sconvolgimento delle condizioni sociali (nei Saturnali lo schiavo è promosso a padrone, il padrone serve gli schiavi; in Mesopotamia si deponeva e si umiliava il re, ecc.), la sospensione di tutte le norme. Violare i divieti e far coincidere i contrari, tempi di possibili sberleffi (senza incorrere nelle punizioni dei regnanti).

Insomma brindo in questo baccanale che vede tornare un Presidente.

Uno che, tra le tante cose, ha messo nel centro del mirino la sfida di sradicare la fame; nel 1946 Josué de Castro pubblicò Geografia della fame per dimostrare come la denutrizione di milioni di persone non sia il frutto di una fatalità bensì di un “problema” politico. Cito solo una cosa a questo proposito; Lula nel 1991 affidò ad un istituto di S. Paolo l’elaborazione di un programma per la sicurezza alimentare e nutrizionale. Miseria, diseguaglianza sociale, il voler far uscire la fame dalla clandestinità, l’economia completamente ferma degli anni ‘80, sono le ragioni che fanno muovere un presidente la cui storia personale è segnata dal partire molto, molto dal basso. Quindi si adopera per il programma Fame Zero che ha il merito di non essere assistenzialista, un tappabuchi di emergenze (senza eliminarla) ma un programma politico di inserimento sociale, coordinando politiche pensate come le tessere di alimentazione, microcredito, l’ampliamento della merenda scolastica, i ristoranti popolari, spacci, cucine comunitarie. Perché senza autostima, senso di cittadinanza, senza umano, non si va da nessuna parte.

Il programma di Lula sulla fame è copioso, mi limito a spilluzzicarci per renderci più consapevoli della situazione.

Non cito dati di povertà, nelle favelas la vita è eccessivamente “parca”. Voglio invece raccontare, in questo tempo di festa, la gastronomia della periferia che diventa gastronomia totale. La cucina delle favelas che diventa favela organica. Lo faccio parlando di Edson Leite.

Edson nasce e cresce in una grande baraccopoli vicino a S. Paolo, ha la fortuna di fare un po’ di esperienza, va a lavorare all’estero facendo tutta la gavetta e poi, decide di tornare. Tornare a S. Paolo non per fare lo chef in uno ristoranti della città, torna perché è consapevole di poter offrire ad altri quell’opportunità che rende dignità e bellezza.  Nel 2016 fonda una scuola di cucina, la “Periphery Gastronomy” per gli abitanti delle favelas che, gratuitamente e tutte le sere, possono accedere ai corsi.  Oltre cinquecento studenti sono stati sfornati, pronti a portare la favela cuisine fuori dal “ghetto”. Il fatto poi che la scuola si autofinanzi offrendo servizi di catering e viva di donazioni per una buona parte degli ingredienti o con azioni di recupero di avanzi di ristoranti e supermercati, è una bella rivincita sullo spreco.

E qui entra in campo una signora: Regina Tchelly

Regina Tchelly

Anche lei parte dal basso: nasce nell’ 81 in una parte poverissima del Brasile, a 17 anni si trasferisce a Rio de Janeiro e lavora come domestica a casa delle famiglie più ricche. Trova alloggio in una delle baraccopoli della città, la favela Morro di Babilonia. È povera e con una bambina da mantenere. Si accorge che a differenza della sua casa di provenienza dove non buttavano via nulla, qui lo spreco di cibo e la malsana alimentazione, fanno da padroni. Inizia la sua battaglia per il cibo di qualità e la lotta allo spreco alimentare. Questa diventa la sua missione di vita. Prova a cucinare un po’ di tutto, compreso gli avanzi dati dove era a servizio e inizia col piantare un piccolo orto in una parte poco utilizzata della sua baracca. È brava, la cosa cresce, diventa un buon esempio. Ma il suo orto non è sufficiente per realizzare il suo progetto di gastronomia totale (utilizzare tutte le parti di alimenti locali e biologici, azzerare gli scarti e ridurre i costi, con ricadute positive a livello sociale e ambientale).

E’ allora che Regina tenta di accedere ai fondi statali per l’imprenditoria giovanile, ma il finanziamento viene negato: il progetto è troppo complesso. Ma lei non molla, riesce a contaminare con questa idee diversi abitanti della favela e un mese dopo sono 40 i mini orti: è l’inizio ufficiale del progetto “Favela Organica”. Diventa famosa, viaggia in tutto il mondo, apparizioni tv, incontro nel 2014 con Papa Francesco. È ospite dei principali eventi gastronomici, diventa la testimonial di un cibo sano ed economico, biologico e anti spreco.

Un altro esempio vivente di come sia possibile, direi doveroso, avere un diverso rapporto col cibo e con tutto ciò al quale è connesso.

Riporto fedelmente una sua ricetta, che avrei potuto tranquillamente passare per mia, tanto è permeata della mia cucina.

Riso colorato con gambi e bucce

Ingredienti

1 tazza di riso integrale

1 tazza di gambi di cavolfiore tagliati a pezzetti

1 tazza di bucce di patate spezzettate

3 spicchi di aglio tritati

1 carota media grattugiata con la buccia

½ cipolla a dadini

prezzemolo fresco

sale

Preparazione:

Imbiondire l’aglio e la cipolla. Unire i gambi di cavolfiore, le bucce di patate e la carota. Quando le verdure si saranno ammorbidite, aggiungere il riso, mescolare e aggiungere 2 tazze di acqua. Cuocere per circa 20 minuti a fuoco lento. Spolverare con una manciata di prezzemolo fresco.

*Barbara Zattoni

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Barbara Zattoni

"Cheffa" del Ristorante Pane e Vino, autrice di libri di cucina e altro (La cucina del riuso - Il libro dei dolci) e modista. Ha collaborato con perUnaltracittà al ciclo d'incontri "Europa tossica". Attualmente insegnante di cucina a Cordon Blue e chef a domicilio. Il suo sito internet

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