Medici da Cuba

Contrariamente a quanto fatto dagli ‘alleati’ come gli USA o gli altri partner europei, Cuba è stata tra i primi Paesi a rispondere alla richiesta di aiuto delle Istituzioni per venire in soccorso all’Italia travolta dalla pandemia da coronavirus.

Prima a Crema, poi a Torino, due unità operative, le Brigadas Henry Reeve (dal nome del giovane statunitense morto al fianco dei cubani nella guerra d’indipendenza dalla Spagna) sono operative dal mese di marzo negli ospedali da campo allestiti in tutta fretta da quando i posti letto delle terapie intensive non erano più in grado di fare fronte all’ondata di contagiati che affluivano nei nosocomi del nord Italia.
Che il sistema sanitario cubano abbia raggiunto livelli di eccellenza su scala mondiale è cosa risaputa già da tempo.

Basterebbe citare il report dell’OMS che nel 2015 ne metteva in rilievo gli indicatori di salute paragonandoli a quelli dei Paesi altamente sviluppati.

Ne parliamo con Serena Bartolucci dell’ Associazione umbra di solidarietà internazionalista con Cuba.

“Per rendere l’idea dello spirito che anima i medici cubani, per capire quello che sta sotto gli occhi di tutti, anche dei più ostili o indifferenti, vorrei riprendere le parole di Rafael Correa, l‘ex Presidente ecuadoriano: Un giorno racconteremo ai nostri figli che dopo decenni di propaganda, nel momento della verità, quando l’umanità ha avuto bisogno di aiuto e le grandi potenze si nascondevano, cominciarono ad arrivare i medici cubani, senza chiedere niente in cambio…
Ma Cuba ha una lunghissima storia di pratica concreta, e non parolaia, di solidarietà internazionalista coi popoli del mondo, non condizionata dalla vicinanza o distanza politica coi Governi: negli ultimi 60 anni sono stati 400.000 i sanitari che si sono resi disponibili per missioni in 164 Paesi, e alcuni sono partiti più di una volta. Fra questi, il più esemplare, il dr.Félix Báez Sarría, membro della Brigada Henry Reeve con cui Cuba, primo Paese al mondo, rispose all’appello della OMS contro l’Ebola.
Il dr.Báez risultò contagiato e dopo aver vinto la malattia volle tornare in Sierra Leone per ultimare la missione e , come disse lui stesso, stare nei posti più difficili, dove c’è più bisogno , fa parte del nostro curriculum di medici .”

Quando vennero istituite queste brigate sanitarie?

Nel 2005, da un’idea di Fidel che intendeva rispondere rapidamente a catastrofi ed epidemie, con professionisti a questo preparati .
Li avrebbero conosciuti in Pakistan dopo il terremoto (dove molti neonati oggi portano il nome di Fidel), ad Haiti durante il colera (dove il popolo usa dire “dopo dio, i medici cubani”), in Indonesia, Messico, Ecuador, Perù, Cile, Venezuela…
La OMS nel 2017 ha assegnato un premio alle Brigadas Henry Reeve per la loro opera “solidale e altruista”.

In quanti altri Paesi hanno operato le Brigate?

Sono 1450 gli uomini e le donne Henry Reeve partiti per 22 Paesi in Europa, America Latina, Africa, Medio Oriente.
Però la cooperazione medica cubana non si limita a questi interventi d‘urgenza.
Spesso i sanitari cubani vanno a coprire falle crudeli della sanità locale: vanno nelle foreste o nelle baraccopoli la’ dove i laureati locali non vogliono andare.
Perché la preparazione dei sanitari cubani non si limita alla scienza ma include la coscienza: umanità e solidarietà sono valori fondamentali della loro preparazione.
Ugualmente a questi valori si impegnano ad attenersi, tornando in patria, gli studenti di medicina, poveri di Paesi poveri e ricchi, che Cuba ospita e prepara gratuitamente.
E ancora: il quadro della solidarietà sanitaria cubana non può chiudersi senza citare il disastro di Chernobyl.
Dal 1990 e per 20 anni Cuba è stato – e rimane – il Paese che più ha fatto per i bambini ucraini: in 26.000 vennero ospitati in ville lungomare, trasformate in scuole e cliniche, curati, nel corpo e nella psiche. Fu un grande sforzo economico, un’impresa ignorata e silenziata, ed anche eroica, negli stessi anni in cui, dopo il crollo dell’URSS, Cuba restava esposta allo strangolamento attuato dal BLOCCO degli USA.

Come può un Paese senza risorse dal territorio, proveniente dalla miseria come tutti gli altri suoi vicini nei Caraibi, disporre di tanta ricchezza?

Una prima risposta la leggiamo nei bilanci: ad esempio, per il 2020, un quarto della spesa va al sistema educativo, un quarto al sistema sanitario .
Categorico fu Fidel quando nel 1960, a qualche mese dalla vittoria della Rivoluzione, con un quarto della popolazione analfabeta, affermò “il futuro della nostra patria dev’essere necessariamente un futuro di uomini di scienza e di pensiero”.
E 20 anni dopo, quando la biotecnologia nel mondo è all’inizio, nasce il Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologia, la più complessa installazione scientifica mai realizzata a Cuba.
Ecco la nascita del prodotto –unico al mondo- in grado di curare il piede diabetico, del vaccino contro l’epatite B, del vaccino contro il meningococco B, del vaccino contro il cancro al polmone…

In questo quadro di successi, è comprensibile che da questa parte del mondo non si capisca come agisce il BLOCCO degli USA?

Infatti Cuba riesce a vivere ed avanzare aggirando scogli pericolosi che è per noi almeno doveroso conoscere. Premesso che le misure che stabiliscono il blocco intorno a Cuba risalgono all’epoca di Kennedy, instaurate con il dichiarato fine di portare la fame e scatenare la rivolta popolare, riportiamo qui solo due casi esemplari avvenuti nei giorni della pandemia da Covid 19.
Cuba ha comprato respiratori da due ditte svizzere che poi le hanno negato la fornitura perché nel frattempo sono state acquistate da un’impresa statunitense che ha l’ordine di rompere con Cuba.
Le banche svizzere si rifiutano di lavorare bonifici, anche dentro il territorio nazionale svizzero, laddove nella transazione compare il nome “CUBA”: la denuncia proviene da associazioni che hanno lanciato una raccolta fondi a supporto di Cuba e non riescono a disporre di quanto raccolto .
L’insieme delle misure che costituiscono il BLOCCO intorno a Cuba viene condannato da 20 anni dall’Assemblea dell’ONU, ma il risultato è questo.

Eppure il BLOCCO intorno a Cuba, pur così feroce, non è la sola tecnica di aggressione usata dagli USA.

La diffamazione, la narrazione di una realtà inventata o stravolta diviene uno strumento aggressivo molto efficace quando si può disporre di un sistema potente di disinformazione di massa , che passa gli oceani e trova in Europa ripetitori solerti e proni.
È per questo lavoro che da un anno il Governo USA finanzia la USAID (amenamente definita da wikipedia come “ agenzia governativa per la lotta alla povertà globale e al fine di consentire alle società democratiche di migliorare le proprie potenzialità”) per screditare e sabotare la cooperazione internazionale di Cuba nella sfera della salute sotto il motto “è ora di smetterla col mito della sanità cubana”.
In Italia di ripetitori solerti e proni ne hanno trovati a pacchi. Particolarmente nobili risultano in questi giorni -quando abbiamo anche in Italia due Brigadas Henry Reeve- le giornaliste Lucia Capuzzi (Avvenire) e Marina Lalovic (Rai) che si sono esibite in un programma di Radio3.
Cuba – hanno detto – usa i suoi sanitari in missione nel mondo perché “ fanno propaganda alla Rivoluzione”, per il Governo cubano essi costituiscono la prima fonte di introiti, di cui solo briciole vanno ai sanitari stessi, “diverse denunce e inchieste” sul loro “lavoro schiavo”, senza contatto con le popolazioni locali…
D’altro lato gli stessi giornalisti-liberi-e-proni hanno nascosto l’ignobile rampogna che il Governo USA ha regalato all’Italia: si rende complice di un Paese dittatoriale accettando medici-schiavi… Forse questa gli italiani non l’avrebbero ingoiata facilmente.

Ora che gli italiani vedono da vicino i medici cubani?

Esattamente. Quando si conosce coi propri occhi, le favole altrui restano favole. In Italia sono arrivate due Brigadas Henry Reeve, su richiesta presentata all’Ambasciata della Repubblica di Cuba dalla Regione Lombardia e dalla Regione Piemonte, le due aree più colpite. Dev’esser stata la situazione catastrofica che vivevano entrambe le Regioni a muoverle, nonostante le distanze politiche, ad accogliere il suggerimento della “società civile” (Associazione Amicizia Italia-Cuba, Coordinamento emigrati cubani, AICEC Agenzia Interscambio Culturale)

Cosa sappiamo dei sanitari delle due Brigadas e della loro attività in Italia?

Hanno avuto grande diffusione in rete i video della loro partenza dall’aeroporto de L’Avana, tutti in “divisa” (esercito di camici bianchi, come vengono chiamati a Cuba), applauditi e filmati, così come al loro arrivo in Italia. Qui accolti dalle autorità delle due Regioni e dall’Ambasciatore della Repubblica di Cuba, José Carlos Rodríguez, che ha evidenziato come questo sia il modello da sviluppare nel mondo futuro, quello della collaborazione, lavorare insieme per il bene comune e condividere risorse e risultati, al di là delle differenze politiche.
Il referente della Brigada arrivata a Torino, dr.Julio Guerra, con l’umiltà che conosciamo bene nei cubani, ha risposto ai saluti ringraziando “fin d’ora per averci accettato qui… siate certi di poter contare su di noi per tutto quel che attiene alla salute di questa popolazione”.
Fra di loro molti hanno una gran storia addosso, limitiamoci a questi esempi: i due epidemiologhi, Adrián Benítez e René Aveleira (provengono da due centri rurali e il giornalista cubano Enrique Ubieta li definisce affettuosamente due campagnoli scienziati), sono responsabili della biosicurezza dei sanitari cubani; hanno affrontato l’Ebola in Sierra Leone e Liberia e servito in altri Paesi e continenti, contro colera, dengue e disastri naturali. René e Adrián si alternano in servizio, con turni di 24 ore.
René Aveleira acutamente osserva che “i sistemi sanitari dei paesi capitalisti sviluppati sono organizzati per curare i pazienti e non per andare a cercare la malattia in mezzo alla comunità… e questo ha conseguenze sullo sviluppo dell’epidemia”.
La prima Brigada, arrivata a fine marzo a Crema, ha trovato una situazione di massima saturazione degli ospedali ma ora, con l’andamento discendente dell’epidemia, i sanitari vengono occupati anche in altri reparti e servizi, incluso due residenze per anziani.
I sanitari confermano che la collaborazione coi colleghi italiani è molto buona, in un quadro di grande rispetto reciproco e di umanità. E a proposito di umanità: i cubani hanno portato a Torino una tradizione appresa in Africa, ai tempi dell’Ebola, un nastro bianco appeso all’albero della vita, davanti all’ospedale, per ogni paziente guarito.
Di prove di riconoscenza e umanità ne stanno collezionando in quantità e le ritroviamo riferite a Cuba sui loro giornali (quelli italiani, solo silenzio): la bandiera cubana che appare al balcone del palazzo davanti alle loro finestre, l’inno cubano improvvisamente mandato da un altoparlante, il poliziotto che ferma l’auto, scende, sfiora un medico con un ‘hasta la victoria siempre’ e se ne va.

*Maurizio Fratta