Giochi d’acqua, bene comune

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Lo slogan della campagna elettorale era: Giochi d’acqua, bene comune. Basta rigagnoli, tutti i fiumi come l’Arno!

Una colossale planimetria, affissa sul ponte Vecchio, pubblicizzava il grande progetto territoriale che l’aspirante presidente poteva osservare comodamente dalle amate rive arnine. Il progetto coinvolgeva tutti i bacini idrografici toscani: i corsi di Serchio, Arno e Ombrone vennero ridisegnati.

Nell’entroterra livornese, Stagno tornava l’acquitrino che fu. Solo un’isola di pochi ettari affiorava sul pelo dell’acqua: avrebbe ospitato il mega inceneritore con le sue imponenti ciminiere. L’effetto notturno di fumi tossici e fiamme, riflesse sulla laguna, avrebbe richiamato in Toscana i turisti spariti per via del virus.

A Lucca, il Serchio deviato verso Antraccoli risolveva l’annosa questione della tangenziale. I lucchesi potevano attraversare le Sei Miglia in barchino e rientrare in città direttamente per la via del Fosso, dove si tornava a fare i bagni.

Intorno a Firenze, il Mensola trasformato in aquapark era di complemento ai nuovi mega impianti sportivi di Bagno a Ripoli. Il Mugnone, deviato, ripercorreva l’antico letto fino a piazza Brunelleschi fino a colmare il nuovo parcheggio sotterraneo: il comitato che contro di esso si era battuto, gioiva per il ritorno dell’acqua in città.

Il progetto di demolizione dello stadio Franchi, e la sua sostituzione con un museo delle cere, si sposava con la prevista colmata dell’Affrico nel Campo di Marte. Una vasta distesa d’acqua utile alla balneazione – attrezzata con acquascivoli diritti e girevoli, flowrider e piattaforme per i tuffi – avrebbe lambito il Palasport e liberato l’area dalla scomoda presenza dei tifosi di calcio e del mercatino rionale. Soluzione ottimale per l’aspirante governatore che vi prevedeva feste d’acqua e mega party, una volta a settimana.

 

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