Green Pass: il dito e la luna

Il fiume di parole, molte a sproposito, che da qualche settimana si è riversato in rete e su carta stampata in merito al Green Pass, induce a pensare che sia un argomento su cui siamo chiamati a concentrarci, per non pensare ad altro, ad esempio alla gestione dei fondi del PNRR in arrivo, oppure alla carenza di personale e strutture adeguate alla ripresa dell’anno scolastico, alla mancata territorializzazione dei presidi sanitari, solo per citare due dei nodi irrisolti del governo Draghi.

Ma sono davvero troppi i temi lasciati in disparte, purtroppo non solo dal governo o dai partiti: la ribalta unica, servita con solerzia dall’informazione mainstream, dello scontro green pass sì/no, opportunamente spettacolarizzata, indebolisce l’attenzione su mobilitazioni cruciali, e con scenari politici e di classe ben più definiti, e scomodi, a partire dal tema del lavoro, della crisi, della povertà, della distribuzione della ricchezza. Ricordiamo a questo proposito il corteo nazionale di sabato 18 settembre indetto dal collettivo di fabbrica GKN, per fare un esempio.

Eppure ci sono alcuni elementi, in questo dibattito che ha assunto toni da crociata pro e anti green pass, su cui val la pena fermarci, sottraendosi alla canea che qualunque posizione integralista suscita.

Il primo ha a che fare con la tendenza, già in atto, alla normalizzazione dell’emergenza, con provvedimenti eccezionali a cui non viene assegnata una scadenza definitiva e che vengono incessantemente rinnovati. Già abbiamo visto sdoganare il Daspo urbano e i vari decreti “sicurezza” da Minniti a Salvini fino alla riforma del 2020, che presentano forzature giuridiche legittimate dall’essere nati per fronteggiare situazioni definite “emergenziali” e che hanno rappresentato livelli sempre maggiori di erosione dei diritti, transitando alla fine, senza troppo clamore, dall’emergenza all’ordinarietà.

In questo caso specifico il decreto con cui viene istituito il Green Pass non ha una base normativa giuridica, e di fatto si aggira l’obbligo di legiferare esplicitamente comprimendo diritti costituzionalmente garantiti, imponendo in modo surrettizio un obbligo vaccinale de facto. Un passo avanti nella Grande Trasformazione di cui parla Agamben, che si sta compiendo nella sfera politica, nella quale un cambiamento radicale può prodursi senza bisogno di alterare il testo della Costituzione. Del resto come risulta da Open Polis sono l’ 86,4% le leggi di iniziativa governativa sul totale di quelle approvate durante il governo Draghi. Senza affidare speranze al dibattito parlamentare, va comunque rilevato che l’emergenza Covid ha ulteriormente aumentato l’uso già abnorme di strumenti assunti d’autorità, comprimendo in misura eccessiva il confronto politico.

Certo non si può non notare come in altri casi – un esempio su tutti il DDL Zan – ci si sia guardati bene dall’imprimere qualsivoglia accelerazione: in un caso come nell’altro, per emanare provvedimenti oppure per evitare di farlo, di fatto la dinamica parlamentare viene piegata alla volontà di chi – ormai è evidente – comanda e non governa

Si pone poi in questo caso il problema, molto discusso, dell’utilizzo dei dati personali. In un’epoca in cui il traffico di dati e metadati è uno dei business principali di grandi multinazionali che operano nei settori più disparati, e che riescono a difendersi con giustificazioni legali per questi veri e propri furti. E si parla di dati sensibili di centinaia di milioni di cittadini.

Inoltre andrebbe chiarito che il Green Pass non è un dispositivo medico, ma un atto burocratico, una questione giuridico amministrativa, non sanitaria. E infatti non è chiaro su quali basi scientifiche si regga questa operazione, visto che i ricercatori hanno stabilito che un vaccinato, se contagiato, può non ammalarsi ma può a sua volta diventare contagioso e trasmettere il virus. Lecito quindi il dubbio che questa operazione non sia affatto risolutiva dal punto di vista sanitario.

In sostanza, il Green Pass è un obbligo mascherato e potenzialmente discriminante. Ci pare quindi legittima la domanda: se, come ci dicono, i vaccini sono la soluzione a questa pandemia, cosa impedisce renderli obbligatori? Forse il fatto che così facendo il governo si dovrebbe prendere delle responsabilità che con il Green Pass vengono invece scaricate sui singoli individui.

Ornella De Zordo