“Grazie per aver chiamato Amazon.it sono Francesco come posso aiutarla…”
Quanti di voi hanno contattato telefonicamente Amazon.it per un reclamo, un chiarimento, oppure semplicemente per un aggiornamento sulla consegna di un prodotto freneticamente atteso, avranno probabilmente udito un simile incipit provenire dall’altro lato della cornetta. Quello che però molti non sanno è che la telefonata ha viaggiato più a lungo di quanto atteso e che Francesco ha ottime possibilità di essere stato registrato all’anagrafe egiziana come Mohammed. Benvenuti nella Disneyland del neoliberismo, l’enorme parco giochi dove le multinazionali muovono le proprie sedi come pedine su una scacchiera, sempre alla ricerca, si intende, delle migliori condizioni di profittabilità.
Caro Mohammed, dove vivi e cosa fai nella vita?
Sono nato e cresciuto al Cairo, dove la mia famiglia vive dai primi anni sessanta, quando mio nonno decise di lasciare la campagna, dove i suoi antenati avevano sempre vissuto, alla ricerca di una vita migliore. Al momento lavoro presso Amazon Italia, nella sua sede egiziana al Cairo.
Ci stai dicendo che Amazon Italia ha anche una sede al Cairo?
Certamente. Immagino che questa cosa non sia molto nota in Italia, dove tanti conosceranno solamente la sede di Cagliari, che in realtà rimane sempre il centro più importante dell’azienda. Comunque, una parte delle telefonate dei clienti italiani travalica il Mediterraneo, arrivando qui da noi.
Questa è la ragione per la quale utilizzi un nome italiano quando rispondi alle telefonate?
Diciamo che l’azienda ci ha suggerito questa accortezza, ma poi ovviamente dipende da te. Conosco molti ragazzi, ad esempio, che utilizzano semplicemente il loro vero nome. Personalmente preferisco servirmi di un nome chiaramente italiano per stabilire subito una maggiore empatia con il cliente, ma questo può anche rivelarsi un boomerang nel caso in cui diventi chiaro che non sono italiano.
Per quale ragione Amazon Italia ha aperto una sede al Cairo?
La ragione è semplicissima e riguarda il mio salario. Attualmente guadagno 3000 pound egiziani al mese (circa 360 euro N.d.R.), una buona cifra considerando gli standard del mio paese, ma certamente molto meno di quanto può guadagnare un mio collega che lavora a Cagliari. Considerando che siamo almeno 80 lavoratori qui nella sede del Cairo, il risparmio per l’azienda è certamente notevole.
Tutti quelli che non hanno il privilegio di ascoltare in diretta il tuo italiano praticamente perfetto, immagino che a questo punto si stiano chiedendo come sia possibile per ragazzi e ragazze egiziani rispondere a telefonate in arrivo dall’Italia. Ce lo può spiegare?
Per prima cosa devi considerare che l’italiano è una lingua abbastanza conosciuta qui in Egitto, dove è regolarmente insegnato in diverse università pubbliche. Poi, ovviamente, non tutti possono fare questo lavoro ed una buona conoscenza della lingua è richiesta dall’azienda che seleziona il proprio personale attraverso diverse prove di crescente difficoltà. Infine, ci sono tre mansioni (telefono, mail, oppure chat) e questo permette a quelli di noi che si sentono meno sicuri nell’interlocuzione vocale di ripiegare sugli altri due sistemi. Io personalmente preferisco un contatto più diretto con la clientela e per questo ho scelto di rispondere a telefonate e mail.
In generale, cosa pensi del tuo lavoro?
Come ti ho detto, per quanto consapevole di guadagnare probabilmente un terzo rispetto a chi svolge la mia stessa funzione a Cagliari, non mi posso lamentare per il mio stipendio. Ciononostante, si tratta di un lavoro molto faticoso. Considera che ci sono dei difficili target da raggiungere e se non riesci a rispettare i parametri assegnati il tuo contratto, che in genere è della durata di 6 mesi, non viene rinnovato.
Di quali target stai parlando?
Al termine di una telefonata, così come dopo uno scambio di mail, al cliente viene richiesto di esprimere un giudizio sul nostro operato. La maggior parte non risponde, evitando quindi di perdere ulteriore tempo, ma una piccola parte decide di manifestare la propria opinione, scegliendo bussolotto bianco oppure nero. Sfortunatamente per noi, per bilanciare un giudizio negativo abbiamo bisogno di tredici valutazioni positive e questa asticella è certamente molto difficile da raggiungere dato che si tende ad esprimere maggiormente il proprio parere quando vogliamo lamentarci per qualcosa. Il rapporto è più basso per le mail, ed esattamente è di 5 ad 1, ma ti assicuro che rimane una soglia molto alta. Tutto questo considerando ovviamente che molti clienti sono sgarbati ed arrabbiati quando chiamano, ma noi non possiamo rispondere a tono, pena un giudizio negativo molto difficile da rimediare.
Come si svolge la tua giornata di lavoro?
I nostri turni sono di 9 ore. Questi comprendono un’ora di pausa pranzo, oltre a due intervalli di 15 minuti. La nostra giornata lavorativa effettiva si riduce quindi a 7 ore e mezzo. In realtà però, considerando che la nostra sede non si trova proprio al Cairo, perdiamo tantissimo tempo semplicemente per raggiungere il posto di lavoro.
Avevamo capito che lavoravi al Cairo…
Sì e no. La sede di Amazon.it, così come succede per molte altre aziende, si trova in una delle molte città satelliti nate nel deserto negli ultimi decenni. Questo significa che pur disponendo di un servizio navetta completamente gratuito fornito dall’azienda, impieghiamo quasi un’ora e mezzo a raggiungere i nostri uffici. Sommando a questo i circa 30 minuti che separano casa mia dal punto di partenza dei bus aziendali, perdo ogni giorno quasi quattro ore della mia vita semplicemente per arrivare a lavoro.
Per quanto riguarda turni e giornate lavorate c’è molta flessibilità?
Assolutamente sì. Gli uffici sono aperti tutti i giorni dalle 6 fino alle 24. Lavorare il venerdì (giornata di festa in Egitto N.d.R.) è più una normalità che un’eccezione. Personalmente, visto che abito molto lontano, cerco sempre di barattare con i colleghi i turni più sfavorevoli, ma ovviamente questo non è sempre possibile. Per darti un’idea, considera che quando devo entrare in ufficio alle 9 mi sveglio alle 6 ed esco di casa alle 6 e mezzo. “Attaccare” alle 6 vuol dire quindi fare i conti con una sveglia che suona alle 3 il mattino. Se mattino si può chiamare…
Nella vostra azienda vi è la presenza di sindacati, oppure di forme spontanee di organizzazione da parte dei lavoratori?
Nessun sindacato è presente in azienda, questo te lo posso dire con la massima certezza. Inoltre, nei mesi trascorsi lì non sono mai venuto a conoscenza di alcuna forma di auto-organizzazione di noi lavoratori. La cosa non mi stupisce, i turni massacranti, il costante ricatto del non rinnovo del contratto, e l’alto turn-over sono tutti fattori che inibiscono il formarsi di un nucleo combattivo di lavoratori. Date le condizioni attuali conviene tenersi stretto il nostro lavoro e pedalare. Abbiamo fatto una rivoluzione per cosa? Almeno prima c’era un po’ di turismo, adesso non abbiamo più nemmeno quello…
“Abbiamo alzato ora la bandiera bianca della resa; innalzeremo più tardi, su tutto il mondo, la bandiera rossa della nostra rivoluzione”.
Bello, mi piace. Dove hai sentito questa frase?
È una frase di Lenin.
Di chi?
Lenin.
E chi è questo Lenin…?
Mohammed è chiaramente un nome di fantasia. L’intervista si è svolta in una calda serata di fine primavera al Cairo. Ringraziamo “Mohammed” per la gentilezza, per il tempo concessoci, e per essere un vero amico.
*Gianni Del Panta è un attivista, studioso di Scienze politiche
Gianni Del Panta
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