“L’oasi verde di San Salvi deve essere restituita a Firenze, rimanendo interamente pubblica; i suoi storici edifici, riattati, devono ospitare molteplici funzioni a vantaggio della cittadinanza e integrarsi con la città; il traffico interno dev’essere limitato ai mezzi necessari e compatibile con la fruizione del parco” queste in estrema sintesi le proposte che da più di un decennio porta avanti il “Comitato San Salvi chi può”, sostenendole con numerose forme d’intervento e di lotta condivisa con gli abitanti del quartiere e non solo.
Qualche tempo fa si è costituito nel quartiere 2 anche il Coordinamento “Salvare San Salvi” che ha chiesto e ottenuto dalla Regione lo svolgersi di un Processo Partecipativo (P.P.), previsto dalla legge regionale n.69 del 2007, con relativo finanziamento di 15 mila euro, per coinvolgere i cittadini nella formulazione di proposte sulla destinazione dell’area.
Nel bel mezzo di questo lavoro cui i cittadini dedicano il loro sforzo e tempo nel definire un progetto articolato di recupero del complesso monumentale e del parco, gli edifici di San Salvi continuano ad essere tutt’oggi inclusi nel piano di vendite della Regione, piano che rappresenta una sistematica spogliazione del patrimonio pubblico a favore di lobby economiche, e che viene realizzato in conformità al PUE del 2007, sul quale da tempo sembrava calato il silenzio della Regione stessa.
Dunque mentre la Regione approva e finanzia il Processo non esiste alcun impegno da parte della stessa per riqualificare San Salvi con gli opportuni investimenti e con un progetto costruito con il fattivo concorso dei cittadini, ma solo la volontà di alienare ai privati una consistente parte dell’ex manicomio, a prezzi di svendita per di più, visto che dal 2007 non si sono presentati acquirenti.
Questa è la prova che essa intende ignorare a priori le eventuali conclusioni del Processo Partecipativo che possono intralciare la deliberazione a vendere e che attestino la contrarietà dei cittadini a smembrare San Salvi, nella consapevolezza che tale fatto comprometterebbe irreversibilmente la vocazione collettiva dell’area così come l’integrità e la piena fruizione pubblica del parco. e pregiudicando, in tal modo, qualunque progetto alternativo ispirato a valori di alta qualità sociale e ambientale confacente alla diffusa esigenza di un nuovo modello di convivenza civile e urbana.
Sembrano così confermati i sofferti dubbi che il nostro Comitato ha sempre avuto in merito alla legge Toscana sulla partecipazione, che per quanto utile a sviluppare dibattiti pubblici informati e a formulare valutazioni condivise, non sembra adeguata a rispondere alle pressanti esigenze poste dai comitati e dai cittadini in difesa del patrimonio pubblico e dei beni comuni. E questo per due ragioni: la prima, perché essa imbriglia e controlla la partecipazione con norme e tecniche procedurali che ne limitano, a nostro avviso, la fertilità critica e il respiro progettuale; la seconda e fondamentale, perché come stabilito chiaramente dall’art.12, l’ultima parola nel merito spetta comunque alla Regione, la quale è tenuta solamente a motivare l’accettazione o meno delle proposte uscite dal Processo Partecipativo.
Come già in precedenti casi è stato osservato da alcuni analisti, si tratta di “partecipazione pilotata e assistita dall’alto” che non sposta di una virgola i rapporti di potere con le istituzioni, che può condurre ad esiti molto parziali rispetto a quanto viene formulato e richiesto nel processo medesimo e che rischia anche di allontanare i cittadini da forme di vertenza organizzata più adeguate sul piano conflittuale, quindi più libere e politicamente autonome.
12 febbraio 2016
*Comitato SanSalviChiPuò