Ecco perché Kung Fu Panda 3 e Mario Adinolfi si scontrano

  • Tempo di lettura:4minuti
image_pdfimage_print

Ha fatto un po’ di notizia (ma solo un po’) l’uscita di Mario Adinolfi che in un post su Facebook ha accusato il film di animazione Kung Fu Panda 3 di “fare il lavaggio al cervello ai bambini”. Addirittura? Facciamo un passo indietro e prima di gettarci nel vivo della polemica vediamo chi sono i due protagonisti.

Mario Adinolfi è giornalista, ex deputato PD, fondatore del giornale on line La Croce (sic), candidato a sindaco di Roma per il “Partito della Famiglia” (come se fosse una novità, in Italia, far parte di una qualche famiglia), autore del libro Voglio la mamma e instancabile oppositore delle unioni civili, della stepchild adopotion e del disegno di legge Scalfarotto che prevede un aggravante di pena in caso di violenza motivata da omofobia e transfobia.

images (2)Kung Fu Panda, invece, nasce nel 2008 come film d’animazione per bambini e nelle sale cinematografiche è ormai uscito il numero 3. Racconta le imprese di Po, un panda pigro e un po’ imbranato che si vede costretto a imparare il kung fu e ad affrontare svariate avventure.

Ma perché Adinolfi e Kung Fu Panda si incontrano e scontrano? Perché nel terzo episodio del sequel, Po fa conoscenza del padre biologico e si ritrova così con due padri: Mr Ping, l’oca che lo ha adottato, e Li Shan, colui che lo ha generato. Capito? È questo lo scandalo: Po ha due papà. È contro questa messa in scena che Adinolfi tuona dalle pagine di Facebook, annunciando una trasmissione su Radio Maria sulla subdola campagna “gender” e “omosessualista” (lui parla così) che farebbe il lavaggio al cervello dei bambini e che avrebbe addirittura arruolato uno dei maggiori successi della cinematografia contemporanea.

La risposta principale alle frasi di Adinolfi è stata l’ironia e in effetti, come si diceva in passato, “Sarà una risata che vi seppellirà” (speriamo). Vale però la pena riflettere su alcuni aspetti.
Adinolfi è il portavoce di un movimento radicato soprattutto nell’Italia del nord-est ma presente a livello nazionale, che si percepisce in guerra, e i cui nemici sono: la visibilità e le richieste di diritti delle famiglie omogenitoriali; l’insegnamento all’affettività e l’educazione sessuale nelle scuole (in effetti è meglio che gli adolescenti vadano a informarsi su youporn); gli interventi delle associazioni LGBTQ nelle scuole volta a contrastare l’omofobia e altre forme di discriminazione costruite sull’orientamento sessuale e non solo.

Questo movimento ultrareazionario raggruppa neocatecumenali e svariate sigle di organizzazioni cattoliche conservatrici (Manif por tout, Giuristi per la vita, Sentinelle in piedi e tanti altri a livello locale). Questi gruppi si rimpallano slogan e parole d’ordine per difendere un presunto ordine sociale naturale: alle donne il ruolo di massaia e di angelo del focolare, agli uomini il compito di mantenere la moglie e figli; le famiglie ovviamente eterosessuali, votate alla riproduzione e alla fedeltà. Per quanto riguarda i più piccoli, alle bambine giocattoli e modelli femminili, ai maschietti giocattoli e modelli maschili.

Insomma, una sorta di incubo, che se da un lato trova conferma in un certo senso comune diffuso (quante volte mi sono sentita dire, ai giardinetti: “sai, le bambine sono più tranquille!”), dall’altro viene quotidianamente sconfessato dai bisogni stessi imposti dal neocapitalismo consumista e dalle famiglie che senza due stipendi non riescono ad arrivare alla fine mese. Senza contare i desideri dei singoli, che per fortuna sovvertono e non sempre sono riconducibili ai loro modelli presunti ‘naturali’.

Per saperne di più su questo movimento potete leggere l’intervista a Sara Garbagnoli:

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/sull-ideologia-del-gender-intervista-a-sara-garbagnoli/18893.

È un movimento finanziato dalla curia, ricco di denaro e risorse, che svolge un incessante lavoro a livello territoriale grazie alle parrocchie e agli insegnanti di religione. La scuola pubblica e laica è stata individuata come uno dei principali terreni di battaglia. I genitori vengono istruiti affinché nelle classe dei propri figli non si parli appunto di sessualità e stereotipi di genere, di omosessualità e orientamento sessuale; affinché non vengano letti certi libri (ricordate la lista di proscrizione stilata dal neoeletto sindaco di Venezia?), insomma affinché la scuola abdichi al proprio ruolo di educazione alla cittadinanza.

L’intimidazione è l’arma principali di questi crociati dell’ordine naturale. Non avendo a disposizione strumenti giuridici, ed essendo in Italia la libertà d’insegnamento ancora tutelata, almeno formalmente, l’unico modo per impedire che certi argomenti vengano affrontati a scuola è quello di spaventare insegnanti e dirigenti scolastici, e in effetti in alcune circostanze ciò è successo.

In altre occasioni le campagne intimidatorie sono invece state sconfitte, grazie ai genitori che hanno supportato e difeso insegnanti ed educatori. Vi racconterò nella prossima puntata la sconfitta di una Sentinella in piedi nella scuola dei miei figli. Perché innanzitutto è fondamentale rivendicare il diritto a un’educazione all’affettività, alla sessualità e alla complessità per tutti i nostri figli.

*Enrica Capussotti, studiosa di Storia culturale e Gender Studies

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *