Ne subisco due, l’artigianato e i fiori. Alla mostra dei fiori mi sottopongo volontariamente, per i fiori ma anche per i libri. Firenze ha un ottimo sistema di biblioteche comunali in cui è facile reperire certi libri che non si trovano nelle librerie e nelle università.
A me, per esempio, servivano tutti i volumi della storia delle religioni di Puech per confutare certe fesserie che avevo sentito da persone che si reputano arruolate nella “lotta al terrorismo” e li ho trovati nella biblioteca dell’Orticoltura. Il Giardino dell’orticoltura è un parco che tra aprile e maggio ospita una esposizione temporanea di piante bulbi attrezzi e arredi.
Dovendo restituire i libri cerco di avvicinarmi con la bicicletta alla rastrelliera della biblioteca, ma mi viene impedito dal personale di vigilanza: finché c’è la mostra si può entrare solo a piedi, ammucchiando le bici dove non è sicuro e non è consentito. Contratto un parcheggio antiestetico e rischioso sotto la supervisone di chi mi ha impedito l’allucchettamento regolare e entro in biblioteca, sperando di lasciarmi la mostra alle spalle, ma non è così.
A un tavolo sette persone conversano a voce sostenuta di orchidee. Il gruppetto è animato da un vivaista di cui invidio la parlantina e la bella voce da imbonitore, lo dico perché sia chiaro che queste mie note sono dettate unicamente dall’invidia e dal risentimento. Del resto cosa c’è di male nel rompere il silenzio di una sala di lettura con una dimostrazione commerciale?
Il mio fine settimana prosegue con una visita a un capolavoro ingegneristico che solo Firenze può vantare: l’autoparco pensile, o posteggio sdrucciolo. C’è una rampa brutta e pericolosa, molto ripida, che con una svolta di novanta gradi congiunge la Fortezza da Basso a Piazza della Costituzione (quella che potrebbe essere definitivamente abrogata dopo il plebiscito d’autunno).
Su questo cavalcavia l’amministrazione comunale ha consentito il parcheggio agli espositori della mostra dell’artigianato. E’ un lungo serpentone di auto e furgoni che si snoda in discesa sull’asfalto che schiuma ancora per le piogge di aprile, quasi una processione che arranca nel fango pregando che non piova.
Solo nei diari di viaggio dell’ottocento si trovano scene di vita cittadina così approssimative, così assurde e pure così maestose, e guarda caso sono tutte ambientate in Italia, perché qui la sovranità popolare si esprime nel sovrano disprezzo del popolo in festa per la vita che deve condurre tutti i giorni.
E’ una nota tipicamente mediterranea che sta in bilico tra cultura e ignoranza: la profonda cultura della festa come rifiuto del lavoro e dell’obbligo; l’ignoranza di chi pensa che la soddisfazione in fantasia del bisogno di elevarsi e di “esserci” non lasci tracce concrete e indelebili nella quotidianità che pure ci toccherà vivere quando la festa finisce. Questo ingrediente mediterraneo che dava il sapore a Pulcinella e a Pinocchio è diventato veleno da quando si è unito alla gentrificazione e alla cartolarizzazione, due paroloni con cui si vuole indicare che la città va all’asta e che i compratori hanno il diritto di disfarsi di chi ci vive.
Certo si potrebbero citare tanti eventi ben più impattanti sul tessuto cittadino, come il Ponte Vecchio chiuso per metterci le Ferrari, le sale d’aspetto rubate a chi aspetta il treno, le piazze chiuse per i matrimoni dei magnati indiani, Renzi con le sue campagne e campagnole e i giganti della politica internazionale con le loro zone rosse…Ma questi sono eventi esclusivi, a cui nessuno di quelli che leggono queste pagine sarà invitato.
Verrà il momento di entrare senza pagare dove ora paghiamo senza entrare, ma adesso ci riesce solo chi, come Cenerentola, si dà al principe anima e corpo.
La mostra dei fiori, quella degli prodotti artigianali e quella dei ninnoli antiquari invece sono manifestazioni “popolari”. Che significa? In astratto significa che tutti possiamo apprezzare un fiore o un vaso e portarcelo a casa senza problemi e senza pretese, in pratica però accade che “il popolo”, spogliatosi dei panni plebei per atteggiarsi a gran signore, accetta di buon grado che si vigilino si chiudano e si spranghino ville strade e piazze che erano già sue. “Dove l’aria è popolare è più facile sognare che guardare in faccia la realtà”.
E se di fronte a un imprenditore o a un emiro che ci sbattono fuori dal centro o da una spiaggia ognuno di noi ha un moto di stizza che è il sale della democrazia, siamo tutti arresi davanti all’ineluttabilità di un “festival” (c’è Dante, c’è il gelato, c’è il papa), non perché ci illudiamo che l’attore, il gastronomo o il religioso siano lì per noi – i loro cachet li conosciamo – ma perché è bello stare tutti insieme intorno a qualcosa, fosse anche una pianta carnivora o un ciottolo caduto dal cielo.
Mi dispiace aver già restituito la storia delle religioni curata da Puech perché avrei potuto elencare minuziosamente tutte le volte che gli uomini si sono messi a girare intorno a un cippo senza badare a chi calpestavano e a chi li schiacciava, ma avrei anche potuto annotare quei momenti in cui qualcuno si è rifiutato di gettarsi a capofitto nel precipizio in cui lo spingevano gli altri.
*Massimo De Micco, attivo in Palazzuolo Strada Aperta
Massimo De Micco
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