Piazza Brunelleschi
“La sfacciata incongruità urbanistica” (I. Agostini, 2014) della previsione di un parcheggio interrato di due piani, da 190 posti in piazza Brunelleschi a Firenze, sintetizza il pensiero dei cittadini riuniti nel comitato per piazza Brunelleschi, espresso nella Osservazione al Regolamento Urbanistico (adottato il 25 marzo 2014) presentata e successivamente discussa nelle commissioni dallo stesso Comitato.
Nel punto 5 dell’ Osservazione si contesta la scelta del Regolamento Urbanistico di assumere un concorso “privato,” per la promozione di interessi privati di una parte con posizione dominante (Cassa di Risparmio, oggi Intesa San Paolo-Colony Capital Ltd.) come scelta di pianificazione pubblica. Vi si delineano punti di vista fortemente critici circa: la demolizione del selciato che verrebbe sostituito da un lastrico solare tipo largo (piazzale) Annigoni, con bocche di areazione, rampe di entrata e di uscita e relativi parapetti, gabbiotti di scale e ascensori; l’abbattimento di 20 alberi, non reimpiantabili; e infine la palazzina di Scienza delle Costruzioni che nella ricostruzione sarebbe destinata alla futura Biblioteca Umanistica.
Tutta l’operazione “architettonico-urbanistica” di questo progetto è estranea al contesto urbano, di cui non si definisce né l’insieme, né le parti. Ne risulta perciò l’impossibilità di una lettura e tantomeno di un’interpretazione. Al riguardo, nel progetto, si è trovata un’unica annotazione, quella sulla palazzina di Scienza delle Costruzioni definita un “edificio anni 60/70 senza particolare pregio” che “può essere sottoposto a rifacimento integrale”. Annotazione non solo arbitraria, apodittica, perfino risibile per un edificio vincolato di una piazza del Centro Storico, oltretutto basata su un datazione artatamente errata, che non è colpa lieve.
Il disegno architettonico di progetto, d’altra parte, fornisce una palese testimonianza di questa mancanza di verità e di cultura: estrapolando uno spazio antico per una funzione estranea come il parcheggio sotterraneo, vengono a mancare tutte le coordinate spaziali che costituirebbero la forza di un progetto per questa parte di città.
Ne risulta un progetto adattabile a qualsiasi luogo come accade nelle periferie, capace solo di importare appunto un brano di periferia nella città antica. In altre parole siamo di fronte a una architettura desituata, buona per ogni luogo, quindi per nessun luogo. Meno che mai per un luogo come piazza Brunelleschi, di grande valore potenziale con tutte le suggestioni di uno spazio “non finito”, suscettibile, da aggiustare delicatamente, e non da brutalizzare e desertificare. Occorrerebbe prenderne le distanze per non ripetere esperienze come quella del parcheggio di piazzale Annigoni, in un intorno assai più delicato.
La Biblioteca Umanistica e la Piazza
La riorganizzazione e l’unione delle due biblioteche della Facoltà di Lettere e di Architettura di Firenze e dei loro Fondi speciali offre una grande occasione di recupero (virtuoso) a fronte dei tentativi di vendita con ignota destinazione del Convento degli Angeli – inclusa la Rotonda brunelleschiana – di proprietà pubblica, affidata dagli anni Trenta del Novecento all’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra (ANMIG). Il trasferimento all’Università consentirebbe, insieme al buon impiego di denaro pubblico, di avere una sede prestigiosa per la Grande Biblioteca Umanistica che restituirebbe alla fruizione cittàdina un complesso monumentale da troppo tempo inaccessibile, sottovalutato, e oggi sconosciuto ai più.
Gli spazi utilizzabili (circa 5.000 mq oltre alla Rotonda – splendida sala di lettura – e ai grandi scantinati ex conventuali) potrebbero servire interamente le esigenze della Biblioteca di Architettura. E, una volta fugato l’incubo del parcheggio sotterraneo, si potrebbe lasciare la palazzina di Scienza delle Costruzioni libera di conservare la forma e la funzione attuale ma di rendersi disponibile ad accogliere in una parte del pianterreno un’attrezzature e un punto di sosta di raccordo tra Università e città; tra lo studio, la residenza e gli itinerari turistico-culturali. Si potrebbe rimuovere così l’ipoteca della copertura del grande cortile del Nigetti prevista dal progetto, fatta di vetri oscuranti sostenuti da una selva di pilastrini tubiformi, la cui immagine è resa icasticamente dalla scritta studentesca appesa al cancello: “Libri in cantina studenti in vetrina.”
Anche le didascalie del progetto non sono incoraggianti. Ad esempio il cortile – una volta coperto – viene definito “baricentrico” (ma in che senso, forse della calura estiva?). Le vetrate saranno sostenute, da una struttura (ovviamente) leggera, climatizzata con l’impiego di tecnologie (i.e. tecniche) (immancabilmente) avanzatissime invocate in soccorso di una soluzione improponibile alle nostre latitudini.
Per non dire del porticato che “diviene area di distribuzione con spazi di sosta (panche?), totem informativi, armadietti guardaroba, ecc.” Così un bel porticato in pietra bigia del primo Seicento, luminoso, disegnato dall’architetto della Cappella dei Principi e della facciata di Ognissanti, si trasforma in un corridoio pluriuso come un qualunque disimpegno di aule sperdute.
È davvero possibile che questa serra da avamposto siberiano, efficace solo in un rendering, produca un destino così misero per quello che è stato il più glorioso convento fiorentino nella produzione di codici miniati, il custode del lavoro dei migliori pittori (Poccetti) e architetti (Ammannati, Nigetti) della seconda metà di un grande secolo artistico della città?
La didascalia del progetto prosegue definendo questa improvvida serra “un luogo d’informazione e di studio non strettamente specialistico, ma aperto alla città e dotato di sistemi informativi e innovativi (e come farne a meno al giorno d’oggi!) e ampie zone di incontro”. Un assunto, quest’ultimo, senza riscontro, senza un punto d’appoggio; pura “captatio benevolentiae” che si accaparra una funzione appartenente alla vera piazza che lo stesso progetto desertifica col piastrone di cemento del parcheggio sotterraneo.
Un altro destino per piazza Brunelleschi
Un altro destino si può prefigurare, una volta destinato il Convento degli Angeli alla Biblioteca Umanistica, se insieme al recupero funzionale si riattivassero le qualità formali di questo complesso. A partire da via Alfani, dove due differenti quanto splendide facciate ammannatiane si fronteggiano; dalla perfezione dei due chiostri rinascimentali, uno dello stesso autore, l’altro del Silvani con lunette dipinte, come la cupola della cappella Ticci, dal Poccetti; dalle concatenazioni dei collegamenti tra questi due e la spazialità maestosa ed essenziale del chiostro grande, aperto direttamente sull’ansa alberata di piazza Brunelleschi. Qui una cancellata più “urbana” di quella attuale (ne esisteva una nei depositi comunali appartenuta a piazza d’Azeglio) collocata lungo carreggiata di via del Castellaccio in luogo di un antico muro di cinta dell’orto, aperta dall’alba alle 10 p.m., darebbe modo ai cittadini di frequentare quello spazio in gran parte alberato, oggi chiuso o lasciato alle auto, da riorganizzare e ripensare con un concorso pubblico.
Solo così si potrebbe cominciare a parlare di apertura alla città, di incontro tra residenti, visitatori e Università degli Studi. E forse allora solo a questo proposito si potrebbe parlare di pubblica utilità invece di invocarla in modo così mistificatorio, come ha fatto l’Amministrazione Comunale per il parcheggio sotterraneo.
p.s. Ricordo che il Presidente Mattarella si è espresso contro la “vetrificazione” delle Logge del Tiratoio di Gubbio, in quanto intervento che “ferisce e deturpa” il monumento. Nel nostro caso la vetrificazione sarebbe estesa a tutto lo spazio, anche a quello centrale del chiostro (salvo la piccola area dei grandi cedri al centro, verosimilmente destinati a una pessima fine).
*Roberto Budini Gattai, urbanista, attivo nei Comitati e in perUnaltracittà
Roberto Budini Gattai
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