Quando la politica fallisce cerca sempre un capro espiatorio. Anche in Toscana

In occasione del dibattito sulle grandi infrastrutture andato in onda nella trasmissione apriscatole di Italia 7 dello scorso 15 novembre, in risposta alla domanda del conduttore sui motivi per cui in Toscana ci sono difficoltà nella realizzazione delle opere necessarie per lo sviluppo della regione, facendo riferimento al termovalorizzatore ed all’aeroporto, ho sentito il Presidente Giani dichiarare: “La politica ha dimostrato di avere apparati tecnici non all’altezza […] Se guardiamo le scelte della politica sull’aeroporto, è dal 14 febbraio 2012 che noi abbiamo deciso di fare l’aeroporto lì […] Quattro anni dopo siamo ancora ad aspettare che i tecnici sappiano superare[…] Conferenze di servizi, pareri di VIA di VAS […]

Il manifesto elettorale di Eugenio Giani
Il manifesto elettorale di Eugenio Giani

Le sue “esternazioni”, ma forse sarebbe più opportuno chiamarle con il loro vero nome “gravi e gratuite accuse” rivolte agli apparati tecnici e la sua visione della politica e delle sue responsabilità, mi inducono a rivolgere al Presidente del Consiglio regionale della Toscana una semplice domanda. 

Lei, Presidente, pensa veramente le cose che ha detto? Perché delle due l’una.

Se punta a scaricare l’intera responsabilità del fallimento di una programmazione infrastrutturale che è nell’agenda di governo da diverse legislature su altri soggetti diversi dalla politica, questo mi pare improponibile per le motivazioni che spiegherò in seguito.

Se invece le sue affermazioni fossero semplicemente il frutto di una conoscenza del tutto superficiale delle procedure tecnico/amministrative, penserei ad una sua inadeguatezza, considerato che è in politica dal 1990 (come purtroppo molti altri suoi colleghi). 26 anni ininterrotti che (a mio modesto avviso) oltre ad essere troppi in via generale, dovrebbero essere anche sufficienti per comprendere almeno quali sono i ruoli dei soggetti chiamati ad esprimersi in merito alla fattibilità/realizzabilità di queste discusse opere.

Ma partiamo dalla prima ipotesi: scaricare la responsabilità sugli apparati tecnici.

Mai affermazione fu più illogica (per non dire strampalata) se si considera che l’apparato tecnico valutativo ed autorizzativo di supporto alla politica entra in gioco (opera) in coda a quel lungo processo che deve essere intrapreso per la realizzazione di un’opera pubblica che prevede: definizione di una agenda politica, programma elettorale, atti di programmazione, intese e accordi pubblico/privati, progettazione di massima, progettazione definitiva (e sul capitolo validità delle progettazioni ci sarebbe molto da dire e da ridire), e solo in ultimo verifica di fattibilità e procedure autorizzative.

Attribuire la sola responsabilità di tutto all’ultimo soggetto chiamato ad esprimersi su un’opera, dando per scontato che gli altri (tutti gli altri) che lo hanno preceduto hanno operato con correttezza, precisione, professionalità e conoscenza (a partire proprio dagli stessi amministratori, fino ai progettisti ahimè così poco indipendenti), è cosa assolutamente censurabile che dimostra solo quanto questo atteggiamento sia strumentale alla costruzione di un alibi necessario a nascondere il fallimento politico della maggioranza in Regione.

Della illogicità, superficialità ed approssimazione con cui spesso si è dato avvio alla realizzazione di un’opera, è prova lampante (e sarà sicuramente oggetto di studio negli anni a venire) la vicenda del nodo fiorentino della TAV, con il suo carico di terre o forse di rifiuti, con le incertezze sulle conseguenze ambientali, con la lievitazione dei costi a carico dei contribuenti, con l’inefficienza/inefficacia del preposto Osservatorio ambientale, con le incredibili dichiarazioni di RFI che soltanto oggi (dopo 20 anni dalla decisione) scopre che i suoi clienti non gradirebbero una stazione decentrata, ed in ultimo con la politica in stato confusionale,visto il no alla stazione Foster del Sindaco Nardella, a cui ha risposto invece con un si lo stesso Presidente Giani (parliamo di soggetti politici appartenenti allo stesso partito, seppure probabilmente con ambizioni diverse).

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Eugenio Giani

In presenza di tutto questo, il tentativo di delegittimare l’apparato tecnico per coprire la mancanza di una visione complessiva sul valore dell’opera, di una comune linea di intenti tra tutti i soggetti interessati, è una azione deplorevole e di basso profilo, buona solo a dare ancora più credito a chi denuncia il decadimento della politica.

Orbene, se nulla è vero di quanto fin qui ipotizzato, allora forse la risposta alla mia domanda sta tutta nella seconda ipotesi ventilata: il Presidente Giani non conosce o conosce in modo superficiale le procedure tecnico/amministrative.

E, in effetti, quanto affermato riguardo al fatto che è “dal febbraio del 2012 che noi abbiamo deciso di fare l’aeroporto lì”. E che dopo 4 anni “siamo ancora ad aspettare che i tecnici sappiano superare […]” mi da parecchio da pensare e da preoccuparmi per il futuro.

Perché se il Presidente del Consiglio regionale non si spiega come mai, pur avendo deciso di fare l’aeroporto, ed avendo altresì dato indicazioni precise su dove farlo, è ancora in attesa che questi benedetti tecnici finiscano di gingillarsi con inutili formalità quali conferenze di servizi, pareri e altre consimili “trappole” in grado di rallentare l’attuazione di quanto già definitivamente deciso, noi altri non ci spieghiamo come è ancora possibile che nel 2016 si debba essere governati da una classe politica che vede le sue scelte come giuste a priori e per questo capace solo di delegittimare in modo arrogante le proprie strutture invece che difenderle. Si tratta di strutture che non dovrebbero essere una emanazione della politica stessa ma che dovrebbero svolgere, nell’interesse della collettività, il fondamentale compito di garantire il rispetto delle leggi, con professionalità ed indipendenza .

In ultimo voglio ricordare che, nel tempo, funzionari scomodi e probabilmente non disponibili ad accettare diktat politici sono stati rimossi. Ci si chiede, a questo punto, se il processo di normalizzazione all’interno della pubblica amministrazione non sia ancora completato, e se, per dare risposta alle preoccupazioni di chi ha a cuore la velocizzazione dell’approvazione di queste opere, siano necessarie ulteriori scellerate iniziative.

*Fabio Zita