La Toscana è una regione di quasi 23mila Km2 che deve la sua notorietà alla presenza di una biodiversità di rara bellezza, un paesaggio unico al mondo e un patrimonio storico-culturale senza eguali. Detta così verrebbe da pensare che non ci sia nient’altro da aggiungere, se non ammettere che viverci è certamente un privilegio; invece, per esser coerenti, bisogna anche sottolineare che non tutto luccica come sembrerebbe.
Ci sono infatti, al di là di questo coacervo di eccellenze (ricevuto in eredità dalle precedenti generazioni e oggi oggetto di interessi speculativi anche di dubbia origine), tante criticità tra le quali una è particolare e riguarda un fazzoletto di terra inedificato presente nella pianura tra Firenze e Prato esteso per circa 145 ettari, dove pensavo non potesse entrarci più nemmeno uno spillo e invece c’è ancora chi vorrebbe cacciarci dentro altre funzioni.
Per sua caratteristica, questo miscuglio eterogeneo di presenze ed aspettative concentrate in un così ristretto lembo di territorio può essere eletto a paradigma di tutte le contraddizioni di una politica che ha governato incontrastata in Toscana per 50 anni, riuscendo ad aggiungere via via, nei propri programmi di sviluppo, tutto ciò che gli veniva proposto, senza però arrivare mai a “fare sintesi” per definire quali avrebbero dovuto essere le condizioni per il futuro di chi vive in quel territorio.
La mancanza di una “visione” sulla sostenibilità economica e sociale delle iniziative indicate dai programmi di governo ha generato, riguardo a questa piccola area, solo un lungo catalogo di problematiche da affrontare (anche di rilevante e strategica necessità) e di “sollecitazioni” più che altro di natura economica da soddisfare, il tutto in un elenco più simile alla lista della spesa di una massaia che all’agenda di una avveduta classe politica.
Per comprendere il peso di tali contraddizioni, di seguito sono riportati i temi, le criticità e le infrastrutture che attraversano e intercettano quel fazzoletto di terra:
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il progettato “Parco agricolo della Piana”, promosso e deliberato dalla Regione, con il consenso dei Comuni interessati, avente come obiettivo la tutela di una vasta area bloccando così l’implementazione di ulteriori processi di urbanizzazione;
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l’ipotesi del nuovo aeroporto di Peretola (possibilità in contrasto con il Parco agricolo della piana) promosso e deliberato dalla Regione Toscana e dal Comune di Firenze, previsto con una pista più lunga dell’esistente ed orientata parallelamente all’autostrada (si attende la VIA del Ministero dell’Ambiente);
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il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) “Stagni della Piana fiorentina e pratese” di valore naturalistico sia riguardo a specie faunistiche che floristiche, tutte oggetto di tutela e conservazione anche a fini didattici (anch’esso situato ove dovrebbe sorgere il nuovo aeroporto);
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il polo scientifico dell’Università di Firenze in Comune di Sesto Fiorentino, eccellenza nazionale nel campo della Fisica, della Chimica e delle Scienze naturali, che avrebbe in programma l’ampliamento delle proprie strutture (anche questa ipotesi contrasta con la prevista realizzazione del nuovo aeroporto);
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l’esistente Scuola marescialli e brigadieri dei Carabinieri a Castello (una vera “cittadella dell’arma” di 260mila m2 ove alloggiano più di 2.000 allievi provenienti da tutta l’Italia) comprensiva di notevoli strutture di servizio;
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l’autostrada A11 Firenze-mare, su cui la Società Autostrade per l’Italia intende avviare, a breve, i lavori per l’ampliamento a tre corsie;
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l’ipotesi di nuovo stadio per la Fiorentina, con capienza e attrezzature connesse per l’accoglienza di circa 40mila spettatori, che il Presidente della Soc. Fiorentina AC vorrebbe realizzare in terreni a Campi Bisenzio viste le evidenti difficoltà, anche economiche, del Comune di Firenze in merito alla ristrutturazione dello stadio Franchi, e considerati i tempi per il suo effettivo utilizzo. (Anche l’eventuale realizzazione dello stadio creerebbe seri problemi all’operatività del nuovo aeroporto con riguardo alle rotte di decollo ed atterraggio);
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la realizzazione, sempre a Castello, di oltre 190mila m2 di residenziale, commerciale, artigianale ed industriale, frutto di un accordo sottoscritto pochi giorni addietro (dopo 6 anni di contenzioso) tra il Comune di Firenze e la Soc. Unipol (subentrata alla Soc. Fonsai di Ligresti nella partita del cosiddetto sviluppo a nord/ovest di Firenze). Su quest’area era già intervenuto, con il suo parere contrario, anche Occhetto nel 1989 in qualità di Segretario del Pci. (la lottizzazione entrerebbe in chiaro conflitto con l’ipotesi di nuovo aeroporto);
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la devastante alluvione del novembre 2023, che ha coinvolto quasi tutta la Piana fino a Pistoia, con l’esondazione di fiumi e torrenti causando otto morti ed ingenti danni al patrimonio abitativo, produttivo ed alle colture agricole (è dal 1966 che l’area è periodicamente soggetta ad alluvioni; la precedente nel 2011). Tali sciagure impongono soluzioni drastiche e strutturali, a partire dall’azzeramento del consumo di suolo per arrivare alla riprogettazione delle opere idrauliche, tenuto conto dei nuovi parametri di piovosità, e avendo ben presente che i cosiddetti “eventi eccezionali” non sono più da considerarsi tali.
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per dare il giusto peso ai temi descritti nei precedenti punti non si può dimenticare (peggio sarebbe sottovalutare) che in questa area è presente una fitta rete di fossi e canali arginati costituenti l’ossatura della bonifica della Piana, quale insostituibile presidio idraulico che va salvaguardato ma anche implementato proprio in virtù delle criticità legate ai cambiamenti climatici;
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la pessima qualità dell’aria nella piana tra Firenze e Prato, che risulta essere tra le più inquinate d’Italia al pari della pianura padana, così come risulta da una recentissima ricerca condotta dall’Arpat (22 dicembre 2003).
Dubitando che tutte le funzioni precedentemente elencate all’interno del medesimo territorio possano pacificamente coabitare (senza che ciò generi contrasti insanabili tra le varie ipotesi) ed evidenziando che il “merito” di tale surreale affastellamento di “generi” così diversi tra loro è tutto da attribuire all’incapacità dimostrata in questi anni dalla politica di saper decidere dove porre l’asticella per calibrare il carico urbanistico sostenibile, mi chiedo quali saranno le prospettive per il futuro della Piana: la conservazione e la salvaguardia del territorio e della salute umana applicando realmente, e non soltanto a parole come è stato fatto finora, i principi di sostenibilità dello sviluppo, o l’asservimento agli interessi dei privati?
Colgo l’occasione per rivolgere la stessa domanda a chi ha visto accrescere su questo territorio le proprie fortune politiche (a mio avviso immeritatamente), e che coltiva il sogno di incrementarle ulteriormente alla luce dei risultati ottenuti (quali?).
Fabio Zita
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