Cervelli e facce in svendita mentre il movimento ambientalista unisce le lotte in difesa del clima e contro le grandi opere

L’offensiva di quella parte della Confindustria rappresentata dai gruppi dediti soprattutto alle grandi opere inutili (GOI) è tutt’ora in corso dopo l’esordio della manifestazione a Torino della cosiddette madamin: in questo sforzo si è aperto il mercato per acquisire facce presentabili da portare a sostegno di una sporca battaglia. Una di queste, che ha lasciato molti attoniti, è quella di Milena Gabanelli, la giornalista divenuta famosa per le trasmissioni di Report, su RAI3, di denuncia dei tanti misfatti politici ed economici italiani, addirittura proposta, pochi anni fa, come Presidente della Repubblica.

In molti ricordiamo come, nel 2017, la giornalista fu cacciata dalla RAI perché troppo scomoda; fu accolta nelle file del Corriere della Sera, ma evidentemente il prezzo è stato alto. I suoi interventi ultimi sono stati a totale sostegno del sistema delle grandi opere in maniera totalmente acritica; una bella giravolta ricordando le inchieste condotte negli anni passati, fin dal 2001, sull’allora neonato sistema TAV dove si denunciava l’esplosione dei costi, i problemi ambientali… tutto quello che ci siamo stancati di ripetere da venti anni a questa parte.

Nel 2011 concluse una inchiesta sulla Torino Lione dicendo: “Si può fare una considerazione: in un momento come questo ha più senso, è più logico, investire dei soldi per creare occupazione, oppure metterli in un tunnel che in futuro trasporterà più velocemente delle merci prodotte a Kiev o a Lisbona, ma non è detto. Perché se su quella tratta non ci sarà abbastanza traffico ferroviario i costi del finanziamento, cioè i 20 miliardi che servono per realizzare la Torino-Lione, li dovrà mettere lo Stato. Cioè i nostri figli che oggi sono disoccupati. Forse è il caso di rivedere l’intera questione oppure fornire elementi, informazioni più convincenti”. Oggi invece sul sito del Corsera si strappa le vesti contro la possibile sospensione dei cantieri in attesa della famosa verifica costi/benefici tenuta su come ultima bandierina dai cinque stelle: “Intanto i cantieri fermi sono la spallata che ha mandato in concordato la più grande cooperativa costruttori del paese, la CMC di Ravenna e poi Astaldi, Fincosit, Tecnis, mentre Condotte è finita in amministrazione straordinaria”. Una bella inversione ad U, non c’è che dire.

Non sappiamo se l’inchiestina pro-TAV della Gabanelli sia frutto di informazioni sbagliate fornite dai collaboratori del giornale, che è evidentemente al servizio degli interessi dei costruttori, o se la giornalista ha fatto la semplice scelta politica di stare col più forte. Il fatto è che questa analisi della crisi delle imprese è falsa e profondamente sbagliata: il ministro Toninelli, nel voler fare l’analisi economica delle grandi opere, non ha fermato nessun cantiere; addirittura si sono fatte gare d’appalto durante questa non-pausa di riflessione. La crisi delle grandi imprese di costruzione viene da lontano, è impossibile addossare le responsabilità di questo ad un governo che è in carica da meno di un anno, mentre i problemi sono nati e cresciuti molto prima della sua infausta nascita. Nessuno vuol ricordare che nel nuovo Codice degli Appalti è scappata una piccola clausola che impone di comunicare all’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) tutti gli extracosti che si presentano nei cantieri più importanti e di aspettarne la valutazione; questa semplice regola ha inceppato il meccanismo introdotto da Ercole Incalza con il sistema TAV che prevede il direttore dei lavori, figura che dovrebbe controllare la congruità dei costi a tutela del committente che paga (nelle GOI lo Stato), alle dirette dipendenze del costruttore, quello che dovrebbe riscuotere. Insomma si era creato un mostro giuridico in cui il controllato controlla il controllore.

I ritardi nei pagamenti dei vertiginosi extracosti, che prima avvenivano prontamente, si è inceppato e reso più difficili i facili profitti. Questo è sicuramente solo uno dei motivi dell’attuale crisi, ma è aspetto importante denunciato qualche settimana fa da gole profonde dall’interno delle imprese stesse.

Dietro questa offensiva padronale contro quella timidissima parte del governo, che è andata al potere anche in forza delle promesse NOTAV, NOTRIV, NOTAP, sembra addirittura preludere ad una possibile fine del governo giallo verde: la borghesia italiana adesso ha scelto come uomo della provvidenza, dopo il collasso del blocco PD-PDL, il segretario della Lega, l’impresentabile Salvini. Anche le linee editoriali dei principali giornaloni di regime sembrano gradire la rottura di questo governo e prospettano una ammucchiata dal PD alla Lega, passando per tutte le sfumature di destre, in difesa del partito del cemento. Intanto le promesse di nazionalizzazione delle autostrade sono cadute nel dimenticatoio.

Che il tema delle grandi opere sia fondamentale per la borghesia parassitaria italiana si vede anche dalle ultime cronache sindacali che vedono come nuovo leader della CGIL Maurizio Landini. Finché è stato segretario del ramo un po’ più vivace del sindacato, la FIOM, si è potuto permettere di constatare che le GOI certamente non sono lo strumento per uscire dalla crisi occupazionale; adesso, per diventare il boss, deve modellare le sue opinioni su quelle maggioritarie del sindacato che, vedi il caso, coincidono con le opinioni di Confindustria e del blocco politico che va da destra al PD. Le sue esternazioni sulla inopportunità di fermare i cantieri confermano la sudditanza politica e culturale di strutture sindacali confederali perennemente col cappello in mano davanti al padronato mentre l’altra mano è tesa a fermare la rabbia dei lavoratori (vedi quelli della logistica). Di politiche del lavoro e soprattutto di politiche industriali diverse che favoriscano innovazione, occupazione, riconversione, redistribuzione non c’è traccia. Landini continuerà ancora per qualche tempo a illudere qualche residuale frangia della sinistra decotta mentre il paese sprofonda nella stagnazione e nella disoccupazione in attesa di una nuova recessione.

Mentre la cronaca dai palazzi favorisce solo depressioni psichiche oltre che economiche, dopo il collasso culturale e politico dei 5 stelle, qualcosa di nuovo e interessante si profila all’orizzonte. Negli ultimi mesi si è visto un decisivo colpo di reni del movimento NO TAV che ha saputo rispondere, con la manifestazione dell’8 dicembre 2018, all’offensiva SÌ TAV materializzatasi a Torino con l’effimera scesa in campo della madamin. Accanto a quella importante giornata si sono avute in tutto il paese manifestazioni, assemblee e convegni che hanno fatto il punto del disastro in cui versa il paese e il pianeta: a Venezia, Firenze, Roma, Basilicata, Puglia, eccetera si è parlato soprattutto delle alternative al disastro apparecchiato. In particolare dal movimento NO TRIV è venuta la proposta di unire le lotte contro le grandi opere inutili a quella in difesa del pianeta dall’emergenza climatica.

La proposta è stata subito assunta praticamente da tutte le realtà in quanto era già in perfetta sintonia coi valori di fondo di tutte le lotte: difesa del territorio e del pianeta sono le due dimensioni di una rivoluzione copernicana in fieri che trasferisce l’asse culturale dall’onnipotenza del profitto alla centralità della vita in tutte le sue forme.
Tutto questo è tanto più impellente da quando, con l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti si sono sfilati dai protocolli di intesa per la riduzione dei gas serra e l’inquinamento, riabbracciando -in coerenza col vieto mito della frontiera- l’idea di produzione e consumo senza limiti e imponendo al pianeta che, per il cittadino/elettore USA, “quello stile di vita non sarà mai messo in discussione”. Del resto ciò si inserisce nel modo in cui questi poli d’interesse si intreccino e concepiscano la guerra commerciale del 21° secolo con altri poli continentali in pari corsa sfrenata.

Forse il cammino del movimento non sarà né breve né facile, ma comunque ci consente una boccata d’aria fresca dopo le tossiche cronache dai palazzi. È stata proposta una manifestazione proprio “in difesa del pianeta e contro le grandi opere inutili” il 23 marzo 2019 a Roma. Potrebbe essere un momento importante nella vita politica italiana. Dipende anche da noi.

*Comitato NO TAV Firenze