Lo spettro di un boccone avvelenato si aggira in città e nella Piana metropolitana. È il progetto dello stadio della Fiorentina, arricchito dal consueto corredo di alberghi, centri commerciali, impianti sportivi e parcheggi. La chiamano Cittadella viola, è quella che sentiamo sorvolare pericolosamente sulle nostre teste e che in realtà è un’ampia piattaforma di cemento che, a tutti i costi, il coacervo di interessi ad essa legato vorrebbe tradurre in cantieri aperti e forse mai conclusi, tanto rendono bene.
Fino al 2007 lo stadio di Firenze era il Franchi di Campo di Marte: il Piano Strutturale adottato quell’anno non aveva dubbi sulla sua collocazione. Ma il sindaco di allora, Domenici, ci ripensa e a ottobre del 2008 ottiene lo spostamento dello stadio sui terreni della Fondiaria-Sai (patron Ligresti) a Castello.
La dismissione del Franchi e la sua nuova collocazione, operazioni dal pesante impatto urbano tali da coinvolgere l’area metropolitana, non avvengono sulla base di una consapevole pianificazione urbanistica ma facendo ricorso ad un espediente procedurale molto discutibile, ossia un emendamento approvato dalla Giunta alle risposte che il Comune aveva già dato alle Osservazioni presentate dai cittadini.
In questo sta il peccato originale dello stadio, voluto a tutti i costi a Castello con un banale atto amministrativo e poi giustificato a posteriori. In tutto ciò dov’è l’interesse dei cittadini? Dov’è l’attenzione alle ricadute sull’intero sistema urbano?
È l’urbanistica contrattata bellezza, e Firenze tutt’ora primeggia in questo tipo di governo della città!
In seguito, la Giunta Renzi confermerà la Cittadella viola a Castello per poi spostarla, nel 2012, nel comparto sud della Mercafir. Con la Giunta Nardella, nel 2014, il progetto dello stadio sarà esteso a tutta l’area della Mercafir, per poi tornare ad occupare, e siamo ai giorni nostri, il comparto sud con la nuova proprietà americana della società calcistica.
È scoraggiante dover constatare l’ossessione con cui da anni la cattiva politica locale persegue la dismissione del Franchi, perfettamente agibile, e la costruzione della tanto decantata Cittadella viola nell’area di nord ovest della città, tra Castello e la Mercafir, contesa ora anche dal Comune di Campi Bisenzio.
Perché tanta ostinazione, nonostante le figuracce accumulate in questi dodici anni, le rassicurazioni poco credibili, le fumose presentazioni di modellini architettonici dalla stomachevole estetica neo provinciale?
L’attuale patron della Fiorentina è consapevole del ginepraio in cui potrebbe andare a infilarsi?
La realtà è che lo stadio è un tassello dell’ingorgo di funzioni, cemento e interessi previsto nell’area di nord ovest della città, dal nuovo aeroporto intercontinentale, all’inceneritore, allo svincolo di Peretola, alla lottizzazione di Castello. Operazioni non ancora partite e che in parte il TAR della Toscana ha bloccato (vedi inceneritore e aeroporto) denunciandone le forzature amministrative, non del tutto regolari.
La realtà è che il fast fast che attraversa tutta l’operazione consiste nel riuscire ad aprire almeno un cantiere, nella speranza che ne trascini altri e poi, come ci ha insegnato il buon Ivan Cicconi, vivere di rendita dei proventi che questi a tutti assicurano. Se a tutto ciò aggiungiamo la vertigine delle Olimpiadi, ci rendiamo conto del bottino garantito sulla pelle della città, tifosi viola compresi.
Al di là di queste considerazioni, ribadiamo che lo stadio alla Mercafir è un errore che ha delle pesanti ricadute sul piano ambientale, urbanistico, economico e della sicurezza degli impianti.
La rinnovata sensibilità ambientale dovrebbe far riflettere sugli effetti negativi che la previsione dello stadio e delle altre opere infrastrutturali avrebbe proprio su quell’area che rappresenta l’ultimo corridoio verde di collegamento della città con la Piana Fi Po Pt, l’ultima speranza che abbiamo di raccordo ecosistemico con il bacino territoriale di riferimento per contrastare la mineralizzazione e il soffocamento dell’intera area. È la stessa VAS del 2012 a segnalare il peggioramento delle condizioni ambientali dovuto all’aumento delle emissioni veicolari in atmosfera: sono previsti 21.000 autoveicoli in più, 5.000 moto e circa 50 pullman in occasione delle partite, che ormai si svolgono anche nei giorni feriali e nelle ore più impensabili. A questi, si dovrebbero aggiungere i circa 2.000 autoveicoli generati dalle altre funzioni collocate nell’area. Il trasporto pubblico previsto non soddisfa per intero la domanda di mobilità originata dai nuovi insediamenti e dall’intreccio dei loro flussi veicolari.
Siamo in un bacino, la Piana Fi Po Pt, che l’OMS ha dichiarato tra i più inquinati d’Europa e in cui sarebbero necessari interventi di bonifica e riconversione al posto di stadi, aeroporti e annessi vari.
L’errore urbanistico è dato dall’aver previsto, al di fuori di qualsiasi forma di pianificazione preventiva e di verifica della capacità di carico del territorio, funzioni così ingombranti, tali da determinare una cesura territoriale, una profonda ferita tra la città e il suo contesto. Firenze è accerchiata, non ha bisogno di rinchiudersi entro una cinta murata, è necessario lasciare aperti e valorizzare tutti i varchi ecologici esistenti e prevederne di nuovi.
È un errore non sottoporre la nuova Variante dello stadio alla Valutazione Ambientale strategica (VAS), ritenendo sufficiente quella del 2012. La verifica trasportistica di allora è ormai superata e non corrisponde più alla mutata realtà dei luoghi. Per di più utilizza dati che fanno riferimento al Censimento del 2001.
Per esempio, non può tenere presente l’impatto sulla mobilità indotto dal nuovo aeroporto intercontinentale che, nel 2012, non era ancora previsto e che sappiamo potrebbe comportare un flusso di 4,5/5 milioni di passeggeri l’anno, circa il doppio di quelli attuali, mentre, sempre nello stesso periodo, il traffico dell’attuale aeroporto è aumentato di circa un milione di utenti, passando da 1,8 del 2012 agli attuali 2,7 milioni: fantasmi invece di persone e auto in movimento.
Lo smaltimento dell’ingorgo automobilistico nel 2012 era affidato all’agibilità di alcune direttrici stradali quali il Passante urbano (ricordate il Tubone? dato per concluso nel 2019) e la bretella Fortezza – Panciatichi che sono state depennate dalle previsioni, e la Rosselli – Pistoiese, annunciata ma fortunatamente ben lontana dalla realizzazione per il pesante impatto che avrà sull’area Mugnone – Parco delle Cascine. Possiamo continuare a fidarci dell’esito della VAS del 2012?
L’Amministrazione, sempre nell’ottica fast fast, ha fatto ricorso, per un’operazione di questo rilievo, alla Variante semplificata che di fatto limita la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali dimezzando da 60 a 30 giorni il periodo di presentazione delle osservazioni.
In previsione della realizzazione del nuovo aeroporto intercontinentale, la sicurezza degli impianti previsti non è del tutto garantita visto che sono interessati dalle Zone di Tutela “B” e “C” del Piano di rischio aeroportuale. L’ENAC prevede che “nelle zone di tutela A, B e C vanno evitati: – insediamenti ad elevato affollamento, quali centri commerciali, congressuali e sportivi a forte concentrazione, edilizia intensiva, ecc… ; – costruzioni di scuole, ospedali e, in generale, obiettivi sensibili; – attività che possono creare pericolo di incendio, esplosione e danno ambientale”.
Che dire poi delle ingenti risorse economiche pubbliche e private sprecate per queste operazioni dai pesanti effetti distruttivi? Abbiamo bisogno di progetti che da un lato evitino di consumare il nostro habitat e che, dall’altro, possano innescare una razionale transizione ecologica. Progetti di una nuova idea di città, porosa alle relazioni ecosistemiche, di una “Città paesaggio” che faccia dimenticare la pesantezza e il grigiore della Firenze sovrasatura di traffico e di aria irrespirabile, di una amministrazione dei beni comuni locali nell’interesse delle fasce più deboli della popolazione e non delle multinazionali del mattone, di sperimentare nuove forme di mutualismo, “occasioni per la rinascita del tessuto sociale urbano e ambientale”.
Insomma abbiamo bisogno di un radicale cambiamento di rotta che, al posto della mercificazione capitalistica della città, metta al centro la riscoperta dell’integrazione della natura, della tutela degli ambienti di vita, di nuove prospettive sociali che il boccone avvelenato dello stadio, e del suo corredo di interventi, ci negano.
*Antonio Fiorentino
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