Verso il 2020: a molti fa gola Firenze

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Firenze, nel 2019, si è consacrata come la città della rendita immobiliare e della rendita turistica, la cui estrazione ad opera di speculatori di varia specie ci consegna una città stressata oltre ogni limite. Residenti in fuga, centro storico desertificato, questione casa e questione lavoro ampiamente irrisolte. Cattiva politica, imprenditori miopi e voraci, holding della finanza immobiliare sono sul banco degli imputati.

“Turismo come i diamanti” è l’espressione che nell’anno appena trascorso ha sintetizzato le modalità neocoloniali di sfruttamento delle città d’arte, e che suona come una condanna per il futuro di Firenze. L’autore è Bernabò Bocca, uno che di investimenti multimilionari se ne intende.

Al cuore del business turistico immobiliare c’è la disponibilità di un ingente e prezioso patrimonio di beni pubblici che la politica, attraverso una vera e propria deregulation urbanistica e normativa, sottrae ad un uso collettivo che potrebbe rispondere ai bisogni delle popolazioni locali e rende disponibile alle scorrerie della finanza immobiliare internazionale, alla liquidità di capitali di origine mafiosa, che vedono nell’investimento nelle città d’arte una rassicurante funzione anticiclica ad alta redditività.

Nelle pieghe dei grandi investimenti prosperano anche gli speculatori locali, più o meno legati a cordate politiche o massoniche, che il più delle volte coincidono.

La nostra inchiesta A chi fa gola Firenze? ha cercato di far emergere, dalla Manifattura Tabacchi all’ex Ospedale Militare San Gallo, dall’ex Teatro Comunale agli Student Hotel, all’ex Teatro Nazionale, e così via, i casi più eclatanti di espropriazione dei beni comuni, perseguita da società multinazionali, holding finanziarie e immobiliari, nelle cui mani la cattiva politica locale ha consegnato le chiavi della città.

L’anno appena trascorso consacra anche la massiccia presenza delle piattaforme digitali nei processi di saturazione turistica della città. Una per tutte è Airbnb, di fatto un potente operatore immobiliare e non solo società di intermediazione dei servizi. Dall’alto dei circa 12 mila annunci, di cui solo un terzo è offerto da singoli operatori, mentre i restanti due terzi sono annunci multipli (multihost) gestiti dai professionisti delle locazioni brevi, la società californiana è una delle protagoniste dei processi di profonda e capillare modificazione dello spazio urbano fiorentino. Distruzione del mercato immobiliare degli affitti, aumento del prezzo delle locazioni, aumento del costo della vita, gentrificazione, espulsione dei residenti, sovraccarico del trasporto pubblico e dei servizi pubblici, sono alcuni degli effetti indotti dall’occupazione territoriale di Airbnb.

La città è portata al collasso.

Non è un caso quindi che proprio a marzo dello scorso anno a Firenze è stato organizzato il Terzo incontro della RETE S.E.T (South Europe facing Touristification) che ha visto la partecipazione dei nodi di Barcellona, Bologna, Genova, Firenze, Napoli, Palermo, Roma, Venezia. I partecipanti hanno confermato l’impegno a lavorare insieme per approfondire l’analisi dei processi di turistificazione che di fatto svuotano le città da chi le abita, in un progressivo e rapido urbanicidio, ribadendo la necessità di una risposta comune ed efficace, insieme ai movimenti sociali e politici per il diritto alla casa e al lavoro, alle lotte ambientali e per la difesa dei beni comuni.

L’anno appena trascorso ha visto anche il cambio della guardia alla guida della Fiorentina, facendo riemergere la questione dello stadio come se fosse di vitale importanza per la città. Gli amministratori locali, da Campi a Firenze a Bagno a Ripoli hanno accolto a braccia aperte il magnate americano ponendosi “fast fast fast” al suo servizio, mettendo a sua disposizione aree di grande pregio naturalistico e ambientale, forzando procedure amministrative, delineando parti della città e dell’area metropolitana a sua immagine e somiglianza. Commisso ha già incassato i 25 ettari della Piana di Ripoli, ultimo polmone verde nell’area a sud – est della città, resta in attesa di ulteriori offerte. Non ha nulla da perdere, solo da guadagnare di fronte a modalità servili di gestione della cosa pubblica.

Ma nelle pieghe della città degli affari, una “Città fai da te” si sta delineando, una città che si autorganizza, e che si sottrae all’immiserimento degli imperativi neoliberisti per affermare che un altro mondo è possibile e sicuramente necessario. E La Città invisibile sarà molto attenta a darle voce.

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Redazione

Il gruppo di redazione della rivista edita da perUnaltracittà

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