“Non è un paese per neri”, la denuncia di Antonella Bundu

Quando in abbigliamento sportivo cammino a passo veloce lungo il viale della Principessa e si fermano a chiedere quanto voglio.

Quando diciassettenne camminando per strada mi cade una carta e mi giro per riprenderla e trovo dei signori che mi urlano se credo di essere al mio paese, zozzona.

Quando ho chiesto al signore nel front office di una clinica di chiamarmi un taxi e lui al telefono: buongiorno, c’è una nera qui che vuole un taxi. Mio fratello si allena correndo per strade poco trafficate di campagna, un giorno durante una premiazione un ragazzo di avvicina e gli racconta divertito: o lo sai che mio padre l’altro giorno stava per sparati e l’ho fermato? Ti ha visto correre ed è andato a prendere il fucile e gli ho detto: “ma no papà, non lo vedi che è il pugile, non è un marocchino”.

Antonella Bundu e i suoi fratelli

Io a spasso con il cane, che si ferma a fare i bisogni, mentre li raccolgo esce fuori dal bar il proprietario urlandomi negra di merda, io che rientro a casa piangendo e torno con i miei fratelli che, giustamente, chiedono al tipo cosa mi avesse detto e come si fosse permesso, il tipo che chiama la polizia. Arriva la polizia che ci dice di levarci dalle balle altrimenti ci porta (a noi fratelli) in commissariato.

Mio cugino, più africano di me, che mi parla da dietro il bancone mentre sono a lavorare come barista e uno si avvicina e mi chiede se deve chiamare la polizia.

Una signora che sussurra a mia madre di stare attenta allo zingaro dietro di lei, lo zingaro era mio fratello.

Quel Mancu Li Cani detto guardandoti.

Quella negra di merda urlato per poi scappare via come un codardo sul Ciaoino, quando da ragazza uno sconosciuto si ferma a chiedermi, con fare gentile, se voglio andare con lui a una festa e rispondo altrettanto gentilmente no grazie.

Quella signora distinta e anziana che incrocia il tuo sguardo al supermercato e ti dice che cazzo guardi, tornatene al tuo paese.

Quell’autista dell’Ataf che spegne il mezzo, scende va verso tuo fratello e gli sputa in faccia “perché il ragazzo non aveva il biglietto” dirà dopo agli inquirenti, visto che mio fratello gli ha mollato un pugno a seguito dello sputo in faccia (lo avrei fatto anche io).

Quelli che arrivano all’uscio di casa tua per proporti una offerta vantaggiosa su luce e gas e quando apri la porta ti chiedono se c’è la signora.

Quei bambini della mia classe in quarta elementare che facevano la classifica di chi era più carina e chi meno fra le bimbe e io non rientravo perché non mi classificavano nemmeno come bimba.

Quegli ispettori che venivano a controllare le teste degli alunni a scuola negli anni 70 per vedere se avevi i pidocchi e dopo aver fatto tutta la fila come gli altri, essere stata controllata, essere risalita in classe, vengo richiamata a scendere, solo me di tutta la classe, perché dovevano approfondire, a loro non tornava mica che una nera potesse essere senza pidocchi.

E quando arrivi al tuo turno in banca e ti danno del tu: “Dimmi”, ti dicono, quando al signore prima di te e alla signora dopo di te, hanno dato e daranno del Lei.

E quando stavo camminando fra la folla in piazza Signoria, per raggiungere il mio posto in prima fila, invitata come candidata sindaca ad assistere alle celebrazioni del 25 aprile, un signore mi vede mentre passo e velocemente dice alla moglie “Occhio alla borsa” e lei se la stringe a sé, guardandomi negli occhi.

Ed essere chiamati Ragazza o Ragazzo a qualsiasi età, e non ditemi che è perché I neri sembrano più giovani o che è un complimento, sarebbe un insulto anche alla vostra intelligenza, Idy, uomo adulto di mezz’età, viene ricordato come il “ragazzo” ucciso sul ponte Vespucci.

Quella signora che mi ha urlato negra di merda a due centimetri dal viso e DAVANTI A MIA FIGLIA! e quello no, cercare di umiliarmi davanti a mia figlia anche no, e lì ho denunciato e dopo 7 anni di processi, la signora è stata condannata a una pena di 3 mesi.

E per quelli che minimizzano i cori razzisti dagli spalti, anche se detti da poche persone, unite sotto a uno striscione, sappiate che non siamo stanchi solo noi gente normale, ma lo sono anche i vostri campioni e bene fa a denunciarlo la campionessa di calcio della Juventus Women, Eniola Aluko, così come hanno fatto i campioni Boateng e Balottelli.

Derubricare certi comportamenti significa sostenerli.

Antonella Bundu