Scarlino e l’inceneritore arrogante

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Nel gennaio del 2019 sull’inceneritore di Scarlino è stata pubblicata la Sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato l’ultima autorizzazione al suo esercizio rilasciata dalla Regione Toscana, assessore all’Ambiente Federica Fratoni, presidente Enrico Rossi.

Questa sentenza ha annullato la quinta autorizzazione rilasciata all’esercizio di quell’impianto, così come era successo per le quattro precedenti.

Per noi del Comitato No all’inceneritore di Scarlino il suo contenuto inappellabile è sembrato un punto di arrivo definitivo. Infatti questa volta veniva documentato che i ripetuti accertati sforamenti di diossine nelle emissioni ai camini non erano episodi dovuti ad una cattiva gestione dell’impianto e che neanche l’inquinamento da diossine accertato nei sedimenti nel Canale Solmine, che scarica a mare i liquami provenienti dai sistemi di trattamento fumi dell’impianto, era episodico.

La sentenza ha documentato che entrambi sono dovuti alla struttura dei tre forni, i cui volumi non
sono conformi alle norme varate nel 2005 per abbattere le diossine normalmente prodotte nella combustione, scomponendo le loro molecole nei volumi delle camere di post combustione con la permanenza ad alte temperature dei fumi. Infatti la suddetta sentenza accerta: “il mancato rispetto delle prescrizioni previste dall’art. 8 del D.lgs. n. 133 del 2005 per la riduzione delle emissioni nell’aria delle sostanze inquinanti prodotte nel corso del processo di incenerimento”. Inoltre tali violazioni nella struttura impiantistica sono state collegate ai preoccupanti aspetti sanitari, da
sempre segnalati dal Comitato. Infatti la sentenza, censurando i locali dirigenti della AUSL afferma:”…la situazione sanitaria è preoccupante, l’Azienda sanitaria avrebbe dovuto negare il parere favorevole e compiere ulteriori analisi aggiornate, anziché limitarsi ad esigere particolari cautele”.

Ci si può domandare come sia stato possibile che la Giunta della Regione Toscana avesse potuto autorizzare l’esercizio di un impianto dal 2005 fuori legge, osteggiato dalla popolazione locale e dalle due Amministrazioni comunali di Follonica e Scarlino, per ben quattro volte fermato da Sentenze del Giudice Amministrativo che aveva annullato le precedenti autorizzazioni all’esercizio.
Una spiegazione certo non esaustiva può essere collegata al potere della banca, il Monte dei Paschi di Siena, che ha elargito grandi crediti al gestore, e al nome del Presidente della società che gestisce l’impianto, l’ex Assessore all’Ambiente della Regione Toscana Moreno Periccioli. Ma le responsabilità sono sicuramente più ampie. Basti pensare che l’impianto è collocato al centro di una zona con inquinamento da Arsenico e Manganese nelle falde idriche, accertato da oltre 20 anni
in concentrazione centinaia di volte superiore ai limiti di legge, che finora si sono autorizzate bonifiche parziali e mai efficaci per non ostacolare l’esercizio dell’inceneritore. Un’altra segnalazione può essere utile alla comprensione della vicenda: il non rispetto delle norme sulle dimensioni dei forni e sulla permanenza dei gas ad alte temperature, esattamente come sentenziato dal Consiglio di Stato nel 2019, era stato già segnalato con Osservazioni puntuali dalle Associazioni
Ambientaliste alla Regione Toscana nel 2015, in occasione di una precedente istruttoria di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). La Regione, prima di esprimere il parere positivo all’esercizio dell’impianto, incaricò l’Arpat di verificare la regolarità dei forni (si veda il Contributo Istruttorio dell’Arpat, del 2 settembre 2015, prot. n°59947, a firma del Responsabile Arpat di Grosseto, al tempo dott. Giancarlo Sbrilli, pagine 682 e 683 del Supplemento al Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 43 del 28.10.2015).

Quando il problema delle dimensioni dei forni è stato da noi riproposto nel 2018, questa volta accompagnato da Relazioni Tecniche molto autorevoli (quella del CNR-Istituto di Ricerca sulle Combustioni) all’Arpat è stato chiesto di riferire e nel Verbale della Conferenza dei Servizi  della R.T. dell’ 11 luglio 20183 si legge: “Il dott Palmieri di Arpat rivela che le valutazioni inerenti le caratteristiche dei forni e dei tempi di permanenza sono state effettuate, sulla base dei dati dichiarati dal proponente gestore, nel contributo elaborato da Arpat nel settembre 2015, nell’ambito del procedimento VIA-AIA”.

Quindi l’Arpat, incaricata della verifica, non era entrata all’interno dello stabilimento per misurare le dimensioni dei forni, ma non aveva chiesto e ricevuto dal proponente neppure le sezioni quotate di tali forni, compiendo quella che hanno avuto il coraggio di chiamare verifica solo sulla base dei dati dichiarati dal proponente. Tant’è che il Consiglio di Stato è stato costretto a ricordare alla Giunta della Regione Toscana, nella sentenza, la violazione di un comportamento di assoluto buon senso, oltre che di norma: “il procedimento amministrativo, e in particolare l’iter istruttorio, non può basarsi su atti di indagine o di ricerca svolti sostanzialmente da privati”.

Per questi motivi quando a gennaio arrivò la Sentenza ci sentimmo sollevati e, anche quando pochi giorni dopo fummo informati che la Scarlino Energia di Moreno Periccioli aveva presentato in Regione Toscana l’istanza per ottenere una nuova autorizzazione al funzionamento dell’inceneritore, non ci preoccupammo poiché gli impianti erano gli stessi, dichiarati illegali e non era ipotizzabile che si avviasse una nuova procedura di VIA senza un nuovo progetto e un nuovo Studio di Impatto Ambientale.

Invece i dirigenti regionali, arch. Carla Chiodini e dott. Edo Bernini, hanno ritenuto regolare avviare un nuovo iter istruttorio sui progetti del 2015 e 2018, nonostante che anche l’Avvocatura della Regione Toscana, attivata per esprimere un suo parere sulla vicenda, abbia così risposto: “Pertanto dovrà essere richiesto un nuovo elaborato progettuale, che contenga le integrazioni evidenziate nella sentenza …”.

Letti e valutati i Verbali della Regione Toscana in una Assemblea dell’agosto scorso, in cui lo sconcerto, l’indignazione e lo sconforto stava prendendo il sopravento, il Comitato ha approvato la proposta di scrivere e diffondere un libretto per raccontare questa storia incredibile.
Questo libretto è oggi scaricabile gratuitamente dal sito dell’Editore Marcello Baraghini,inventore dei “millelire”. Nella quarta di copertina dal titolo “Se cinque sentenze vi sembran poche” è scritto: “Sembra una storia d’altri luoghi o tempi, dove regnavano arbitrio, arroganza e prepotenza. Invece sono le vicende nella Toscana attuale di un inceneritore di rifiuti, che non ha le caratteristiche tecniche imposte dalla normativa europea per l’abbattimento delle micidiali diossine, disperse in un territorio già pesantemente inquinato e mai bonificato. Cinque Sentenze della suprema corte della Giustizia Amministrativa hanno annullato le ripetute autorizzazioni all’esercizio rilasciate allo stesso impianto, fuori legge dal 2005, mentre la Regione Toscana ha avviato la sesta procedura per rilasciare allo stesso impianto nuove autorizzazioni. Questo atteggiamento, recidivo e protervo ruba a tutti la legalità”.

Nei giorni scorsi è stata pubblicata dal Tribunale di Grosseto un’altra sentenza, risultato di una causa per danni avviata dal 2013, che dopo aver confermato con autorevoli Consulenze Tecniche tutto quanto sopra già accertato: “inibisce la prosecuzione dell’attività del medesimo impianto nella
sua attuale configurazione in quanto suscettibile di produrre le suddette immissioni” (Sentenza n. 980/2019 pubblicata l’ 11/12/2019 RG n. 1994/2013 Repert. n. 1829/2019 del 11/12/2019).

Quest’ultima sentenza ha anche richiamato la importante sentenza della Cassazione 7 la quale ha sancito che non bisogna attendere che un danno sanitario si sia prodotto per inibire la sua attività qualora sia possibile dimostrare che con la sua attività potrà produrre emissioni dannose alla salute (Sentenza Cassazione Civile Sez.III del 27.07.200 n°9893).

Ciò nonostante, il signor Moreno Periccioli si sta apprestando a ricevere dalla Regione Toscana una nuova autorizzazione all’esercizio dell’impianto, come risulta dalle sue dichiarazioni rilasciate alla stampa il giorno dopo quest’ultima sentenza del Tribunale di Grosseto: “Da mesi stiamo lavorando per superare le obiezioni tecniche e ripartire”. Quindi non un nuovo impianto secondo
legge, ma solo relazioni per superare le obiezioni tecniche, che probabilmente verranno accolte dalla Regione Toscana, come nelle precedenti volte, rilasciando una sesta autorizzazione all’esercizio con molte prescrizioni che nessuno successivamente vorrà verificare.

*Roberto Barocci,
presidente del Forum Ambientalista provincia di Grosseto, aderente al
Comitato per il No all’inceneritore di Scarlino

 

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Roberto Barocci

Ex docente dell’Istituto di Istruzione Tecnica di Grosseto, sezione Geometri, dove insegnava materie tecnico/economiche legate al territorio ed era impegnato nella sperimentazione curriculare di nuove discipline. Lo status di ex docente statale lo rende libero di esprimere le proprie opinioni nel rispetto della Costituzione repubblicana, senza dover subire condizionamenti di sorta. Convinto della insostenibilità sociale ed ambientale del modello economico dominante, fino al 2009 è stato responsabile in provincia per le politiche ambientali del PRC, sostenendo la componente trotskista, ha lasciato ogni incarico nel 2010 in disaccordo con le scelte di regionalizzare le gestioni di acqua, rifiuti, trasporti e casa. Attivo nel Forum Ambientalista e nei comitati a difesa della salute e dei Beni Comuni, oltre a continuare a seguire le vicende di inquinamento trattate nei due libri “arsENIco” e “Maremma avvelenata”, si occupa anche di energia, dello smaltimento dei rifiuti e di tutela del paesaggio. Nel 2012 ha scritto un nuovo saggio sulle omissioni e favoreggiamenti degli amministratori toscani a danno delle risorse idriche dal titolo “Arsenico e scellerati progetti”. Per contattarlo scrivete a roberto@barocci.it.org (ATTENZIONE togliere .org prima di spedire la e-mail)

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