Verso il 2020 per una giustizia di genere

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Esattamente due anni fa il Times elesse le donne che avevano avuto il coraggio di denunciare a gran voce le violenze subite come personaggi dell’anno; le silencebreakers avevano denunciato uomini potenti come Weinstein ma anche uomini comuni come il datore di lavoro, il marito, l’amante, il fidanzato e #metoo era la loro parola d’ordine.

Ma cosa significa rompere il silenzio quando si è donne normali senza l’eco dei media, con la paura e la consapevolezza di essere abbandonate dalle istituzioni e dalla società di fronte al carnefice di turno? In Toscana negli ultimi due anni 3.500 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza, raddoppiate rispetto a dieci anni fa quando l’Osservatorio Sociale Regionale cominciò a raccogliere i dati sulla violenza di genere.

Non vi è dubbio che le donne siano diventate più consapevoli e davvero stiano cominciando a rompere coraggiosamente il silenzio pur non guadagnandosi le prime pagine dei giornali; è altrettanto vero che la violenza di genere continua e anno dopo anno cresce. Anche nella nostra regione possiamo ben vedere come la violenza di genere sia quella che aumenta di più, 113 donne sono state uccise per mano di mariti e compagni dal 2007 ad oggi.

Eppure le istituzioni non sembrano preoccuparsi di questa emergenza, se si può definire emergenza un fenomeno in continua crescita da anni. Si preferisce creare momentanee e anticostituzionali zone rosse dalle quali allontanare senzatetto e persone accusate (e non condannate) di reati vari tra i quali non compare la violenza sessuale invece di rafforzare le strutture di sostegno per le donne vittime di violenza. 

La Regione Toscana preferisce finanziare i Prolife all’interno dei consultori invece che contrastare il fenomeno dei medici obiettori che secondo gli ultimi dati a Careggi sarebbero il 76,3%. Si devono ringraziare le attiviste di Non Una Di Meno per non aver lasciato passare sotto silenzio questo provvedimento. Ed è anche grazie alle loro proteste e all’oceanica manifestazione dello scorso marzo a Verona se la ministra Bonetti ha dichiarato che il decreto Pillon resterà nel cassetto. Ma dobbiamo vigilare tutti e tutte perché quel cassetto può essere riaperto in qualsiasi momento e il decreto approvato: non dobbiamo dimenticare che la PAS (Sindrome di alienazione parentale), sebbene non riconosciuta dalla comunità scientifica, viene utilizzata in tribunale per strappare i figli alle madri che denunciano i compagni maltrattanti.

Ma cos’è tutto questo se non il patriarcato, l’ennesimo tentacolo del capitalismo. Un capitalismo responsabile del disastro ecologico a cui stiamo assistendo, dell’allargarsi della disuguaglianza economica, dell’ascesa del suprematismo bianco, della violenza sulle donne, e delle guerre infinite .

Ci auguriamo che il 2020 sia un anno di lotta al capitalismo e al patriarcato.

Mentre nuovi venti di guerra soffiano sul medio oriente, non dimentichiamo le donne Curde perseguitate dalla Turchia di Erdogan e la loro battaglia per rovesciare il fascismo ed il patriarcato e non dimentichiamo le manifestanti cilene contro le quali lo stupro è usato come arma dalle forze dell’ordine come ai tempi di Pinochet. Ovunque nel mondo la lotta femminista non può che essere anticapitalista.

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Redazione

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