Stiamo vivendo un momento particolare, tutto il pianeta sta col fiato sospeso per via di questa nuova pandemia. Il che ci pare giusto, visti i livelli di contagio e di decessi, così come è giusto prendere tutte le precauzioni possibili per rallentare la corsa di questo patogeno finora sconosciuto.
Ma non possiamo tacere le nostre perplessità su alcuni effetti collaterali che questa emergenza sta diffondendo.
Le limitazioni predisposte dal governo che, benché parziali, mirano ad evitare contatti diretti tra persone che potrebbero contagiarsi, hanno un senso, pur nei ritardi e nelle carenze dei provvedimenti su altri fronti. Ma è evidente che l’indeterminatezza della norma e la conseguente aleatoria interpretazione spesso restrittiva è in molti casi la ragione delle circa 80.000 sanzioni, la maggior parte per falsa dichiarazione. Quello che vediamo è una gara tra sindaci, presidenti, assessori, queruli politici a proporre misure sempre più restrittive e oggettivamente ridicole, come voler impedire di fare passeggiate in luoghi remoti, mettere una distanza massima da casa per la passeggiata del cane, vietare attività sportive individuali, o addirittura passeggiate sotto casa di famiglie che stanno tutto il giorno a contatto diretto, dormono nello stesso letto, mangiano alla stessa tavola.
In questa frenesia di caccia al passeggiatore emerge un aspetto preoccupante: troppa politica nazionale sgomita in un delirio di protagonismo, nella gara a chi la spara più grossa e più appariscente. Governatori e sindaci sceriffi contro i fuorilegge, ‘i furbetti delle passeggiate’ come li ha chiamati Nardella, mentre sono stati proprio quei governatori a massacrare la sanità pubblica, a sacrificare i servizi essenziali e a tagliare drammaticamente i posti letto.
Nel panorama nazionale brilla senz’altro il sindaco di Firenze Dario Nardella, che bacchetta con fare paternalistico e altezzoso i cittadini che escono di casa, minacciando persecuzioni e un controllo spionistico dei telefoni degno di Orwell. (E come sappiamo l’utilizzo dei dati personali dovrebbe semmai servire a monitorare il contagio, non i cittadini). Invece ci piacerebbe ricordare al sindaco che proprio lui, all’inizio del mese, propose di tenere aperti e gratuiti i musei cittadini per favorire il turismo, già in grave affanno, con una frase indimenticabile: “Firenze non si ferma”.
Vorremmo anche far notare a Nardella – e a tutti gli odierni epigoni del proibizionismo – come tacciano ipocritamente davanti al fatto che le industrie e le attività non indispensabili non abbiano chiuso fino ad oggi, lasciando che per settimane i lavoratori siano stati per forza causa e vittime di contagio! Si tace anche sulle forme di lavoro che oggi sono sotto stress: la sanità in primo luogo (tenendo ben a mente che gli ultimi 30 anni di politiche bipartisan l’hanno ben sacrificata), ma anche tutta la logistica, figure come i riders, i postini, gli operatori ecologici, i lavoratori del commercio, i ferrotranvieri, o gli operai che vengono mandati a tagliare alberi nella città deserta. Su questo, silenzio assoluto, ma tanti strilli per far emergere la propria voce sui media.
Anche la continua campagna elettorale dell’attuale classe politica, l’incapacità di programmare è uno degli elementi che vanno a comporre il mosaico della situzione attuale. L’emergenza di costringe a tornare all’essenziale ma ci fa anche comprendere come nella continua politica spettacolo degli ultimi 15/20 anni non ci sia mai stata la possibilità di prevenire e programmare la risposta ad un evento del genere.
Un altro effetto collaterale dei comportamenti del potere è la colpevolizzazione del cittadino così ben denunciata da Marco Bersani, puntando ossessivamente il dito verso chi esce di casa; un espediente non sappiamo quanto pianificato, ma sicuramente una colossale opera di distrazione di massa.
Si vuol distogliere lo sguardo dal disastro in cui siamo arrivati dopo secoli di capitalismo e decenni di una delle sue forme detta neoliberismo: disuguaglianze mostruose, povertà in un mondo di sfacciata opulenza, furto di beni comuni chiamate privatizzazioni, un disastro ambientale a livelli potenzialmente catastrofici nei prossimi decenni. L’untore è sempre stato un capro espiatorio efficace, adesso siamo al capolavoro che ogni cittadino è fatto sentire l’untore di se stesso.
In questo periodo di sosta forzata dovremmo avere la forza di decifrare l’imbroglio che ci viene quotidianamente propinato, attrezzarci perché tutto non ricominci come prima: Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema.
*laboratorio perUnaltracittà
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