Dopo Helin Bölek muore anche Mustafa Kocak: l’assassino si chiama Erdogan

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In questo tempo di Coronavirus, di superpoteri concentrati in pochissime mani e provvedimenti schizofrenici, troppo spesso prevalgono la paura e il senso di impotenza. Occorre invece reagire, non perdere la lucidità e il senso critico, partecipare alle catene di solidarietà, attivarci affinché in tutto il mondo prevalga il senso di comunità. Nessuno va lasciato solo, gli ultimi devono essere sostenuti e sospinti in avanti, perché cambi la percezione delle priorità sociali, del cambiamento di modello sociale: dove finalmente tutto sia concepito per essere funzionale al benessere della persona e alla salvaguardia dell’ambiente in cui si vive.

Questo banalissimo ragionamento dovrebbe spingerci a risollevare la nostra capacità di reazione contro quanto – tragicamente e in tutto il mondo – sacrifica l’umanità, in testa l’infinita sete di dominio e di sfruttamento del capitalismo moderno.

In questi giorni, seppure imprigionati nelle nostre case, abbiamo più tempo per ragionare e opporci a ciò che sempre più è evidente, drammatico e ben più grave del Covid 19: si chiama barbarie.

Una delle innumerevoli manifestazioni di questo abominio è la storia dei Grup Yorum, un gruppo musicale turco, di amici della libertà e della democrazia e quindi amici anche della eroica resistenza kurda. Famosi nel mondo, si ispirano agli Intillimani, hanno pubblicato venti album fino a quando sono finiti nel mirino di Erdogan, il Sultano turco e del suo regime totalitario.

Accusati di «appartenenza a una organizzazione terrorista» cioè il DHKC-P (Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi) o comunque di fare propaganda per il terrorismo, i Grup Yorum vengono arrestati e incarcerati in trenta. Solo due componenti del gruppo musicale sfuggono all’arresto.

La cantante Helin Bölek e il chitarrista Ibrahim Gökcek, provvisoriamente in libertà, il 16 maggio 2019 iniziano uno sciopero della fame in nome della libertà di pensiero e di espressione; pochi giorni dopo si unisce a loro anche un terzo, Mustafa Kocak detenuto con la condanna provvisoria all’ergastolo.

La loro protesta viene censurata, il mondo non parla, i media tacciono, l’indifferenza internazionale è evidente, tanto forti sono gli interessi nel mondo legati al regime turco e al suo ruolo nei conflitti (e nella fuga dei profughi) in Medio Oriente.

Il 3 aprile, dopo 288 giorni di sciopero della fame e ormai ridotta a pelle ed ossa, muore a soli 28 anni Helin Bölek.

Il 23 aprile – dopo uno sciopero della fame durato 297 giorni – muore anche Mustafa Kocak, coetaneo di Helin.

Chiedevano un equo processo.

Mustafa è morto il giorno dopo che sua madre aveva cominciato il suo sciopero della fame, per aiutare il figlio e tutte le vittime della ferocia assassina di Erdogan. Per rivendicare pace, democrazia e libertà.

Ora si teme per la vita di Ibrahim Gökcek – 310 giorni di “astinenza dal cibo” – le cui condizioni appaiono disperate.

Le potenze internazionali sono conniventi. E complice, con i suoi silenzi, è anche l’Italia.

Non si può stare in silenzio davanti a questi crimini.

Così deve aver pensato Pati Luceri – già professore al liceo di Lanusei in Sardegna e noto per il suo impegno internazionalista e le sue battaglie civili – quando a Martano nel suo Salento, decide di unirsi a quegli scioperi della fame nello stesso giorno, forse le stesse ore della morte di Mustafà
Il suo messaggio è forte, è chiaro, è giusto! Ed è imperativo: non possiamo non prendere posizione!

*Antonello Pabis da La Bottega del Barbieri

Intanto si possono inviare adesioni, prese di posizione, autoscatti con un cartello di protesta – per esempio «solidarietà al Grup Yorum» o «Salvate la vita a Ibrahim Gökcek» – a questo indirizzo mail: comitatosolidalegrupyorum@gmail.com

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Antonello Pabis

Attivista per i diritti umani e presidente dell'Asce Sardegna (Associazione contro l'emarginazione)

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