Mancano due mesi alle elezioni regionali e la campagna elettorale stenta a decollare, complici l’estate, la trattativa europea e le difficoltà di una ripartenza che appare sempre più lontana anche per una regione come la Toscana. Quello che emerge dai media è soltanto lo scontro tra Eugenio Giani e Susanna Ceccardi, come se fossero gli unici candidati alla presidenza: la giovane sovranista da Cascina sostenuta dalla destra (o almeno da una parte di questa) e l’eterno Giani, il tuffatore, in politica da sempre, sostenuto fondamentalmente dal PD e fortemente voluto da Renzi.
Due personaggi che appaiono diversi per estrazione politica, genere e generazione ma al di là dello scontro, molto di facciata, sull’antifascismo, facciamo fatica a cogliere le differenze di contenuto tra le loro proposte. Le grandi opere, ad esempio, sono un mantra unico per entrambi, con la furba virata sul ‘forse no’ all’espansione di Peretola della Ceccardi e i dietro-front di Giani sugli inceneritori, che un giorno vanno imposti con i carri armati e quello successivo non servono.
Ci sono poi gli stessi grandi assenti dalla loro campagna elettorale, e sono i lavoratori: precari, in cassa integrazione, sull’orlo del licenziamento, partite iva sotto il limite della povertà, per lo più donne, giovani e stranieri. Di loro non parlano né Giani né Ceccardi. Sono gli invisibili, quelli che non trarranno nessun tipo di giovamento dalla ripresa dei lavori della Foster – come non ne trarrà nessuno di noi, tranne chi ingrasserà le proprie tasche a scapito della collettività. E mafie ringrazieranno, visto che infiltrare le grandi opere e il business dei rifiuti sono tra le loro attività più redditizie.
In Toscana, già prima della crisi dovuta al Covid, erano a rischio i posti di lavoro in grandi realtà come la Gkn, i cui lavoratori stanno lottando contro licenziamenti di massa. Oggi, dopo il lockdown e la frenata dell’economia, questi lavoratori sono ancora più a rischio.
L’IRPET ha stimato, entro la fine dell’anno, la perdita di 100.000 posti di lavoro in Toscana e, visto che a fine maggio i disoccupati erano già 50.000, il rischio è che sia una stima al ribasso. Si aggiungano a questi tutti i lavoratori a nero, a grigio e le partite iva soprattutto nel settore del turismo. È chiaro che la crisi economica, accelerata dall’emergenza Coronavirus, ha radici lontane che affondano nella devastazione ambientale, nella speculazione, nello smantellamento dei diritti dei lavoratori e del pubblico, in primis del servizio sanitario.
Non c’è bisogno di nuove grandi opere o di nuove privatizzazioni, serve un deciso cambiamento di rotta che superi le posizioni fotocopia di centrodestra e centrosinistra.
In una città come Firenze, sfruttata dalla monocoltura turistica, dove in pieno lockdown sono state autorizzate due nuove strutture ricettive (Costa San Giorgio e l’ospedale militare di via San Gallo), c’è bisogno di destinare gli spazi pubblici a case popolari. Dopo vent’anni di esternalizzazioni c’è bisogno di pensare ai lavoratori in appalto perché non vengano buttati dopo essere stati sfruttati. C’è bisogno di una riconversione ecologica prima che il cambiamento climatico sia irreversibile, di manutenzione delle infrastrutture esistenti e di salvaguardia del territorio, di tornare ad un primato del pubblico sul privato, della politica sull’economia, di aprire spazi di agilibilità sociale e non di Daspo urbani amati sia dal centrodestra che dal centrosinistra, di mettere al centro del discorso politico i diritti dei lavoratori, il diritto alla casa, alla salute, ad un ambiente sano, ad una scuola pubblica per tutti e tutte.
Allora si deve guardare oltre i due litiganti per la poltrona della Regione Toscana: si può guardare ad una lista, Toscana a Sinistra, che sostiene Tommaso Fattori Presidente e raccoglie tutte le forze di sinistra che hanno queste priorità, da Potere al Popolo fino a Firenze Città Aperta, i Cobas scuola e Rifondazione, insieme a tanti singoli. La serata di presentazione è stata un mosaico di voci che hanno raccontato le loro esperienze di pratiche politiche: la rete dei contadini, i precari degli appalti pubblici, le reti di soccorso alimentare, gli ambientalisti, voci dalla scuola e da realtà che si occupano di diritti dei migranti e molti altri.
C’è bisogno di dire basta alla retorica e al ricatto del voto utile. Non ci si può dichiarare ambientalisti e poi fare da stampella ad un candidato come Giani e non saranno le sardine filo Benetton a dare una verniciata di rosso stinto ad un candidato che dichiara di voler andare avanti sull’aziendalizzazione della sanità.
Un’ultima nota sull’antifascismo: fa francamente sorridere vedere Giani vestire i panni dello strenuo antifascista, proprio lui che – come ben ha fatto notare Tommaso Fattori – in occasione del giorno del ricordo ha scelto di affidare la prolusione ufficiale a Roberto Menia, giornalista e politico di estrema destra, un nazionalista irredentista, le cui radici sono nel MSI, partito erede del fascismo. Le foibe sono notoriamente uno dei temi più cari ai negazionisti di destra, a tutti quelli per cui i partigiani erano come i repubblichini di Salò. Antifascismo oggi significa stare dalla parte dei diritti sociali, significa essere profondamente anticapitalisti, significa sostenere i 15 compagni di Firenze Antifascista condannati fino a un anno e due mesi per una manifestazione di risposta a Casapound.
Il 20 settembre alle elezioni regionali sarà possibile dare continuità e nuova linfa ad un’esperienza che possa dare voce a chi non ne ha all’interno delle istituzioni, mentre la lotta continua fuori nelle piazze e in tutti i luoghi che ci ostiniamo a mantenere pubblici.
Francesca Conti
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