Il “banco fiorentino” a rotelle. Dalla scuola al mercato

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«Decoro, tipicità e, soprattutto, sicurezza!» prorompe il capo della Buon-Governo: «Security, yes! Dalla scuola d’infanzia fino alle superiori. E poi nel lavoro del… nel lavoro del mercato, no, che dico?!? nel mercato del lavoro!». Durante l’animata riunione di giunta (allargata alla divisione di polizia) il sindaco tentennava: «rotelle sì o rotelle no, è una grandissima sfida…»

Tutto era nato dalla nuova legge che istituiva i “banchi comunali”.

«Art. 1. Ogni Comune al di sopra di cinquecento abitanti istituisce, entro sessanta giorni e senza oneri per la Regione, un Banco Municipale che avrà contestualmente funzione monetaria, mercantile e didattica». “Che tanto… è la stessa cosa”, gongolò il governatore firmando il motuproprio. Che tanto… nel GranGianato di Toscana, da anni, Scuola coincideva con Finanza, Mercato con Lavoro. Si era raggiunto un equilibrio invidiabile.

Fu deciso per il “rotelle sì” grazie a una trovata sensazionale, attribuita (ma solo in seguito) al creativo mega-assessore alla cultura-casa-sanità-ambiente-etc. Il banco di scuola poteva diventare strumento di lavoro! Le direttive nazionali aiutavano: il banco azzoliniano – quello monoposto con rotelle, in uso nelle scuole dalla peste nera – si prestava alla grande.

Si trattò poi di una semplice questione amministrativa.

A seconda dei crediti accumulati nel percorso scolastico, lo studente acquisiva una determinata licenza:

  • 100 crediti, licenza automatica di arrotino-ombrellaio: attrezzi nel cassetto sotto il pianale, e pedali per la mola;
  • 1.000 crediti, licenza automatica di tassista: il banchino si mutava in vettura di piazza con due semplici accorgimenti: motore nel cassetto e gancio dietro la seduta, per trasportare i turisti;
  • 10.000 crediti, licenza automatica di mercante: registratore di cassa e, nel foro del calamaio, ombrellone.

La licenza da mercante consentiva l’esclusiva vendita di prodotti “100% made in Florence”. Sì, perché in città erano in vigore varie misure di protezione dei confini per garantire tipicità e bellezza, anche nella mercatura. Non più prodotti cinesi da pochi fiorini, ma manufatti lavorati entro le mura (dai cinesi, ma questo non si legge nei manuali) a prezzi decuplicati.

Il prezzo, tanto, non costituiva più un problema perché il Banco batteva moneta, e di moneta in città ne circolava abbondantemente. Il sindaco ne faceva dono ai padroni, i padroni donavano ai sottoposti, e i sottoposti ai questuanti, a garanzia della pace sociale.

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1 commento su “Il “banco fiorentino” a rotelle. Dalla scuola al mercato”

  1. Angelo M. Cirasino

    Per favorire il trascinamento tassistico, i turisti furono dotati a loro volta di rotelle piroettanti, da applicare obbligatoriamente sotto le suole previo acquisto – a loro esclusivo carico – presso esercizi (di stile) convenzionati.

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