Il «Viva Fioriera!» a chiusura delle delibere comunali era un motto di ottimismo della rinata città. Un’idea del sindaco, dell’ex sindaco e del console, appassionati di Rinascimenti, di rinascite (più o meno pianificate, democratiche poco) e di resurrezioni.
Da anni la città del fiore, culla delle arti, soffriva a causa del flagello della peste. Il centro storico deserto, le campagne isterilite dalla siccità e dal cemento, le periferie in fiamme.
Un giorno, per miracolo dei santi protettori, la superstite fioriera anti-carro di piazza Duomo fiorì al passare del gonfalone che univa il giglio al drago (i due simboli di potere erano ormai indivisibili). Il sindaco in carica esclamò: “La chiamerò Fioriera! Sì! FIO-RIE-RA, la nuova Città del Fiore! Viva!”
La detta fioriera rifiorita – sacra e inviolabile – divenne segno di rinascita (“Un segno di rinascimento”, pensò l’ex sindaco, “ci farò fortuna!”). Fu sancito: pena di morte a chi l’avesse danneggiata.
Con l’approvazione del GranGiano, il primo cittadino bandì il concorso smart&green per ripopolare la città. Vinse un milanese, l’archistar delle fioriere verticali, che propose un esercito di dispositivi cyborg-vegetali. Dispositivi anti-tutto: anti-seduta e anti-levata, anti-carro e anti-carrozzina, anti-terrorismo e anti-pisciata di cane.
In pochi mesi la città si ripopolò di dispositivi green nelle fogge più svariate. Dagli orci del Ferrone alle ferraglie del turco Barabesh. Tra tutte, le fioriere ricavate dagli elementi del fognone (tinti in rosso) restarono, imperiture, nella memoria cittadina.
«Tuttavia, miei cittadini, mancano ancora gli alberi. All’interno dei portapiante, io mi immagino alberi simbolici, alberi che incutono rispetto», disse il sindaco nel suo leggendario discorso ai Fiorierini. «È per questo – proseguì – che io ho pensato di collocarvi olivi del Getsemani (“o giù di lì, magari estirpati in Palestina… costeranno meno…” pensò senza proferir verbo). È tutto pronto – riprese –. Grazie ai servigi del nostro console, un aeroplano li porterà direttamente in palazzo Vecchio, utilizzando la nuova pista di piazza della Signoria». Il progetto prese il volo.
La pena per chi infrangeva le nuove fioriere (meno sacre, ma sacre comunque) fu mediatica e carceraria. Fu gogna e forca. Persecutoria in ogni modo.
*Atena Poliade
Atena Poliade
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