Otto marzo 2021: giornata di lotta per i diritti delle donne e di memoria delle lotte

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Otto marzo 2021: anche quest’anno l’otto marzo è un giorno di lotta nella consapevolezza che l’ingiustizia non si accetta, si ribalta!

Oggi, come tutti i giorni, affermiamo la nostra libertà ed il nostro valore, contro la violenza maschile (patriarcale) sulle donne e contro ogni forma di sfruttamento sia nel lavoro retribuito (seppure retribuito sempre troppo poco a causa della strenua lotta quarantennale per la riduzione del costo del lavoro operata da Confindustria & Co.), che in quello riproduttivo (di cura), spesso non retribuito e fatto fra mille difficoltà e con la consapevolezza che sarebbe un compito che dovrebbe svolgere la società nel suo complesso con opportuni servizi sociali, invece di essere imposto in base al genere (cioè a presupposti caratteri naturali in realtà costruiti attraverso imposizioni).

E’ un giorno di lotta contro la violenza maschile: maschilista, misogina e patriarcale che dallo stupro, alle intimidazioni, all’assassinio (femminicidio) mostra una incapacità di riconoscere la nostra autonomia e la nostra autodeterminazione. Una violenza che è anche fatta di regole patriarcali che introdotte nei codici, nelle religioni e nei rapporti sociali dominanti (perfino nei diritti dell’ ”uomo”) non ci riconoscono il diritto di scelta e costruiscono l’angusto spazio in cui dovremmo ricondurre il nostro essere che invece eccede quei pregiudizi e quelle regole. L’autonomia delle donne e la contraccezione e l’aborto come condizione per la scelta se essere madri o no, è osteggiata dalle interpretazioni più retrive delle religioni, che spesso sono quelle dominanti, come avviene per il Vaticano. Sulle donne incombe l’esproprio della nostra capacità riproduttiva.

Dagli anni settanta il movimento delle donne ha affermato il diritto alla libertà di costruire sé stesse individualmente e collettivamente oltre le regole e le imposizioni che dettano una identità eterodiretta che con violenza impedisce la realizzazione dei nostri desideri e progetti.

Non possiamo né vogliamo accettare chi continua a vedere in noi, in come ci vestiamo, in come ci muoviamo, la provocazione che giustifica la violenza sessuale; né possiamo accettare di coprirci in base a dettami più o meno rigidi per evitare quella violenza. Se la nostra sola presenza e i nostri corpi sono provocatori per qualcuno è lui che va educato ad accettare che siamo esseri autonomi e in nessun modo qualcuno può pensare di avere dei diritti su di noi. Su questo non ci può essere relativismo culturale che tenga.

L’accesso per concorso nella PA ha consentito a tante donne di trovare un lavoro, mentre la continua ricerca di eccezioni a questa norma di carattere costituzionale, con l’ingresso che elude questa norma in nome del rapporto fiduciario, ha creato la compresenza, con chi di competenze ne ha davvero, di un sottobosco di prediletti e prescelti privi delle competenze necessarie a far funzionare gli uffici, che sono quelli che fanno fulminee carriere e determinano i noti malfunzionamenti della PA.

Nei posti di lavoro sussiste il rischio che il nostro valore non sia riconosciuto per semplice discriminazione. I metodi per pagarci molto meno degli uomini prevedono che il nostro grado di istruzione spesso superiore a quello degli uomini conti ben poco in carriere fatte soprattutto di appartenenza di classe e di tessere di partito o ad altri gruppi di potere. Le donne nemiche dei diritti di tutte le altre donne, alla ricerca solo di potere per sé, sfruttano le lotte delle donne per una società equa e giusta, per le loro carriere squallide: loro sono in posti di potere malgrado siano donne, per appartenenza di classe e per nepotismi politico familiari, e grazie alla lotta delle donne per un mondo più equo e giusto. Ma il fatto che loro raggiungano il potere non sposta di una virgola i rapporti di potere sociali complessivi e dominanti se tutta l’organizzazione della società e i rapporti sociali non cambiano. Il movimento delle donne per primo, quasi 50 anni fa, ha mostrato l’ingiustizia dell’assenza delle donne dai posti di potere e di prestigio, ma lo ha fatto per affermare la necessità di trasformare tutta la società, non di avvantaggiare poche donne appartenenti alle elite. Le quote rosa avvantaggiano quasi sempre questo tipo di donne e se non si scardinano le discriminazioni e i discorsi misogini, tutte le altre resteranno subalterne.

Contro la violenza maschile sulle donne; contro il divario salariale a sfavore delle donne; contro le discriminazioni; contro lo sfruttamento sul lavoro e le prevaricazioni; contro il fatto che il lavoro di cura, che è responsabilità sociale, sia ancora scaricato sulle donne. Per la giustizia sociale, la libertà, la creatività, la felicità!

Marvi Maggio – Cobas Regione Toscana

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Marvi Maggio

Marvi Maggio, ricercatrice indipendente in questioni urbane e territoriali; socia fondatrice dell'International Network for Urban Research and Action; Architetta (laurea in Architettura Politecnico di Torino); abilitazione alla professione di architetto; Dottoressa di Ricerca in pianificazione territoriale ed urbana (Università di Roma La Sapienza); Master post lauream in Scuola di Governo del Territorio (SUM e Università di Firenze); Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia per il settore disciplinare 8/F1 pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale.

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