Estate Fiorentina? Ti proibisco la birrina!

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Firenze sta cambiando, da anni, in un lento e inesorabile declino, non per colpa del Covid, non per colpa del turismo, non per colpa degli abitanti, colpevole è soprattutto la politica!

La città è già al centro di un processo di gentrificazione che la sta mutando i suoi aspetti migliori e meno redditizi, ma ormai da decenni questa trasformazione è inarrestabile e viaggia sempre più verso un modello di città-vetrina, attrattore di turismo ed espulsore di diversità, proprio quella caratteristica che ci ha reso famosi in tutto il mondo. Perché Firenze era un paesone diverso dagli altri, chiuso nella sua identità ma aperto verso chi aveva bisogno. Si potrebbe stare ore a parlare di cosa è cambiato in città, anche solo nei miei 29 anni di vita, troppo pochi per aver vissuto momenti gloriosi e una città accessibile e piena di vitalità ed energia creativa, troppi per non vedere il cambiamento di molte zone, soprattutto del centro storico, e della sua funzione.

Come sarebbe bere un bicchiere di vino seduti sui gradini degli Uffizi? O passeggiare per le vie e ammirare vetrine di negozi “normali”, non truffe per turisti? O poter giocare a pallone in piazza Santa Croce? O sentire quel vociare nei mercati del centro, brulicanti di abitanti e pieni di quotidianità? O fermarsi ad ascoltare un suonatore per strada? Oppure conversare seduti sul sagrato di Santo Spirito o di Sant’Ambrogio senza consumare nulla?  

Potremmo elencare milioni e milioni di cose, e chiunque ci ha vissuto le conosce molto bene e le ricorda con grande piacere e invidia. Sì, invidia di un passato che è stato e che adesso non c’è più, e che sarà impossibile riavere. Certo le storture c’erano anche prima e l’età dell’oro non esiste, ma è importante ricordare quella quotidianità e quei luoghi e ricordarsi da dove veniamo e dove abbiamo vissuto, perché sono proprio quei ricordi che ci portano ad incazzarsi per i cambiamenti avvenuti e dire no ai futuri progetti. Un esercizio molto difficile per le nuove generazioni, abitanti dello spazio urbano del centro, che si ritrovano in un mondo già totalmente mutato e che provano ad inserirsi in quelle piccole isole di libertà che sono state lasciate ma che cercheranno di portarci via.

Ma allora passiamo ai fatti e lasciamo le emozioni, sempre fortissime, da una parte:

Dal 1982 il centro storico (quello dentro le ex-mura) di Firenze è diventato patrimonio dell’UNESCO. Non spieghiamo i perché, li sappiamo già tutti. Anche se pensare che parti del centro totalmente ristrutturate e privatizzate negli ultimi anni siano sotto tutela fa accapponare la pelle, basti pensare ai tanti hotel a 5 stelle e alle trasformazioni urbane riservate ai soli ricchi.

La politica fiorentina nei secoli ha cambiato spesso l’urbanistica cittadina e le caratteristiche e le funzioni degli spazi pubblici, in alcuni casi migliorando le condizioni di vita e facendo fare un passo avanti alla città, in altri distruggendo opere d’arte e intere aree, soprattutto di epoca medievale. Le Mura, come anche il Ghetto (odierna piazza Repubblica e vie adiacenti), ad esempio, sono state distrutte per far posto alla nuova capitale d’Italia, cambiando in questo modo tutto il volto della città. Oppure, attraverso i regolamenti comunali (piano urbanistico, in primis), in passato è stato deciso di non costruire opere invadenti nel centro storico e nelle principali colline intorno alla città. Decisioni che hanno portato Firenze a diventare quella che è adesso, con tanti ringraziamenti e alcuni rimpianti.

In tanti storceranno il naso, ma bisogna ringraziare la burocrazia per non avere mega costruzioni sulle nostre belle colline, o grattacieli che si elevano nel centro storico, come in tante altre città europee. E stiamo molto attenti alle prossime riforme di sburocratizzazione che potranno dare nuove autorizzazioni in luoghi per ora protetti e che, in nome di un’ostilità verso la Pubblica Amministrazione, riformeranno tutto quel settore protettore del patrimonio artistico-architettonico. I cambiamenti, anche se sembrano innovativi e modernizzanti, molto spesso vanno a peggiorare le condizioni di vita dei pochi abitanti rimasti e puntano a nuovi modelli di sviluppo che si concentrano sul monetizzare e privatizzare quegli spazi pubblici ancora un poco liberi da queste dinamiche.

Arriviamo allora alla decisione UNESCO di fare Patrimonio tutto il centro storico, anche quei palazzi costruiti soltanto qualche anno prima. Questa decisione ha certamente influito sulle politiche di conservazione e sull’attrazione del turismo degli ultimi anni. Sarà un caso che anche il calcio storico adesso viene totalmente svuotato da quella componente identitaria e popolare per renderlo una bella vetrina da portare a giro per il mondo? Come i numerosi viaggi delle amministrazioni cittadine in USA o in Arabia per pubblicizzare la nostra città e attirare investimenti e soldi. Ma questo tipo di pubblicità serve ad una città come Firenze conosciuta in tutto il mondo e tra le poche che possono vantare un patrimonio artistico-culturale-architettonico di questo genere?

Perché dunque punto il dito anche contro l’UNESCO e la sua opera di patrimonializzazione? Perché in tutto il mondo questo tipo di conservazione non ha portato i risultati sperati, cioè la valorizzazione dell’identità e la conservazione dell’autenticità, non solo del patrimonio, ma anche dei luoghi, dei suoi utenti e del loro vissuto quotidiano. Anzi, i centri storici iscritti all’elenco dei patrimoni materiali UNESCO sono spesso finiti per diventare aree cittadine svuotate dai loro abitanti e dalle loro funzioni. La patrimonializzazione porta dunque con sé la perdita d’identità cittadina e la museificazione di piazze e strade: questo è il processo che vediamo anche oggi riguardo il divieto di sedersi sul sagrato di Santo Spirito oppure sostare in alcune piazze. Un trend, già iniziato anni fa e continuato a portare avanti con sempre più decisione, inventando di volta in volta il nemico e la scusa più adatta per rendere inaccessibile e privatizzare parti di città. Non è la malamovida molesta, non sono gli antagonisti anarchici, né i giovani alcolizzati e drogati i colpevoli di queste misure, ma il solco di queste politiche è stato deciso ormai da tempo ed ogni scusa è buona per attuarlo!

Lo scontro abitanti del centro-giovani, popolo dei localini-ragazzi della piazza e movida sostenibile-movida molesta è soltanto vedere il dito per non guardare alla luna, cioè alla vera radice dei problemi, un modello di sviluppo fallimentare e non adeguato alle esigenze di tutta la popolazione fiorentina. Questa deriva proibizionista si può notare anche in altre città, non solo patrimonio UNESCO, che preoccupate dalla difficile gestione della popolazione che dopo un anno e mezzo di domiciliari e 8 mesi di coprifuoco decide di incontrarsi e di uscire all’aria aperta, anche nelle ore serali, proibisce il più possibile e a suon di multe vieta comportamenti assolutamente normali e sociali.

Inoltre, sfogliando i piani di conservazione di Firenze, possiamo notare come i problemi principali rilevati siano quelli del traffico veicolare interno o della poca valorizzazione di piazze secondarie, andando verso quella proiezione di città-vetrina tanto cara ai nostri amministratori. La pedonalizzazione, la chiusura di spazi urbani, l’assenza di politiche sociali ed urbane inclusive, l’esclusione di diversità e tanti altri fenomeni si inseriscono perfettamente nei binari del patrimonio universale UNESCO. Anche se le istituzioni cittadine e patrimoniali cianciano di ritorno degli abitanti o di overtourism, sono i primi ad andare nella direzione opposta, cioè verso una città svuotata completamente della sua funzione sociale e pubblica.

Due esempi concreti per comprendere meglio: Venezia e Dubrovnik rappresentano perfettamente il prossimo futuro (se non, già il presente) di Firenze, ovviamente con le dovute distinzioni. Chi ha passeggiato per queste due città ha notato come la componente autoctona è praticamente quasi azzerata e gli appartamenti sono tutti in vendita a turisti o affittabili, i negozi sono unicamente rivolti al turismo con prezzi troppo alti per i residenti e il centro storico è percorso da persone che portano soltanto soldi e problemi.

Nel 2021 dovrà uscire il nuovo Piano di gestione Unesco per Firenze, non mi sorprenderei se all’interno si trovasse la sezione sulla malamovida o sulla conservazione dei beni con cancellate e fioriere. Oppure ci spiegheranno come si concilia patrimonializzazione e tavolini dei locali.

Ovviamente non è solo la patrimonializzazione UNESCO che ha contribuito a tutto ciò, ma la responsabilità maggiore ce l’hanno le istituzioni cittadine tutte, dal Comune alla Soprintendenza, dal Prefetto alla Questura.

Il 21 giugno inizia ufficialmente l’estate e verrà tolto il coprifuoco, ma non puoi sostare nelle piazze, bere una birra portata da casa, ritrovarti sugli scalini di qualche chiesa con gli amici che non vedevi da mesi, fare una passeggiata per il centro tante altre piccole cose legali, legittime e assolutamente normali per questa città, senza consumare nulla. Nel frattempo, si continua la svendita di beni pubblici a privati, la costruzione di hotel extralusso e l’addobbo del salotto buono della città. Non restiamo a guardare gli ennesimi scempi e chiusure, attiviamoci per riprenderci i nostri spazi da abitanti della città e incazziamoci di fronte al degrado estetico, culturale e sociale in cui ci stiamo ritrovando.

Estate Fiorentina? Ti proibisco la birrina!

Vanni Bardazzi

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Vanni Bardazzi

Sono nato e vivo a Firenze dal 1992. Laureato in studi geografici e antropologici e attivista dei collettivi studenteschi. Adesso lavoratore precario e aspirante professore di geografia. Mi appassiona la storia di Firenze e i suoi cambiamenti avvenuti negli anni.

8 commenti su “Estate Fiorentina? Ti proibisco la birrina!”

  1. Caro Vanni, io ricordo un tempo quando le chiese di Firenze erano aperte a tutti gli avventori, ricchi e poveri, devoti e non. Erano come delle piazze al coperto, e molto frequentate. In quei anni il mio piacere più grande era quello di fare una passeggiata da chiesa a chiesa, di quà e di là, ammirando da dentro le grandi architetture e studiando le opere d’arte di Massaccio, Uccello, e gli altri. Poi ad un certo punto le chiese sono state chiuse ai flâneur come me e a quel punto è stato come tutta la città mi avesse escluso. Pochi anni dopo me ne sono andato. Che tristezza!

    1. Vanni Bardazzi

      Salve
      Purtroppo non ho frequentato né visitato molte delle numerose chiese in centro.
      Grazie per la tua riflessione che si inserisce perfettamente nella visione di cittá-museo che viene portata avanti da anni.
      Spero tu possa ritornare a Firenze presto!

  2. Giovanna Cencetti

    Caro Vanni ho letto con attenzione tutto e avete ragione in tutto. Solo una cosa non concordo…la barriera è giusto berla con amici su qualche scalinata della nostra bella città, ma basterebbe tenere pulito e gettare i vuoti e non lasciarli a giro…guarda che anche ai giardini di campo di Marte si trovano bottiglie di birra e lattine lasciate in terra….in quantità enorme…come porre rimedio secondo voi? SCRIVETE ANCHE QUESTO. UN ABBRACCIO VANNI E continua così!

    1. Vanni Bardazzi

      Ciao Giovanna
      Grazie per il commento e per i complimenti. La mia riflessione è totalmente personale e rispetto alla questione della pulizia son d’accordo. Infatti penso che aumentare cestini, aprire bagni pubblici o trovare soluzioni alternative, e aumentare i servizi comunali possa essere una soluzione, sicuramente migliore e meno impattante che chiudere intere aree di cittá. Non sarebbe meglio avere 10 operatori di pulizia (ovviamente retribuiti) piuttosto che degli steward volontari che hanno il solo compito di vigilanza e non si sa bene cosa.
      Sicuramente è complesso questo tema e la soluzione deve partire dai singoli (che devono buttar via il loro sudicio) ma le istituzioni devono lavorare in modo da avere servizi migliori e non sempre più carenti.
      Un saluto!

  3. Caro Vanni, penso che tra pochissimi anni (quelli che si possono contare con i diti di una mano) Firenze avrà perso tutte quelle sua peculiarità che la distinguevano da altre città, appiattendosi definitivamente; diventando silenziosa, agonizzante, dove si sentirà solo lo scalpiccio dei frettolosi turisti che corrono affannosamente da una parte all’altra per poter vedere in un giorno Duomo, Uffici e David. Il centro è ormai praticamente privo di abitanti e pieno di turisti mordi e fuggi, oppure di proprietari di appartamenti di lusso che, neanche loro, capiscono realmente dove stanno vivendo. Diciamocelo francamente, solo in pochissimi angoli di questa città ci possiamo riconoscere. Non è più nostra, non la possiamo più vivere e quei basamenti orripilanti (aiutatemi a trovare gli aggettivi più adatti) di volgare cemento con pioli di metallo e tanto di cordolo, stanno lì a ricordarci questo. Da una parte ci si stupisce e ci si sdegna di un centro commerciale davanti agli Uffizi, dall’altra si svendono e si perdono pezzi importanti dello nostra Firenze destinati ad uso esclusivo a soddisfare la ben nota malattia cronica di questa città: la “Resortite”. Sembra che non si possa fare altro di questi splendidi spazi. Vogliamo poi parlare di alcuni teatri perennemente chiusi oppure in pericolo di diventare piscine? E meno male che quest’ultima possibilità è stata scampata per un soffio… Mi fermo qui. Altrimenti…

    1. Vanni Bardazzi

      Ciao Paolo,
      hai totalmente ragione e la fotografia che hai fatto della nostra Firenze mette soltanto tristezza e rabbia, anche se penso che sia un po’ troppo negativa. Per fortuna in alcune parti del centro ci sono ancora abitanti autoctoni e il centro è pieno di turisti ma non ancora totalmente in mano loro: alcune zone, infatti, continuano ad essere attraversate e vissute dai fiorentini e il centro storico continua ad avere una funzione centrale nella vita di molti. Senza entrare nel dettaglio o nelle polemiche, la risposta spontanea data a quell’orrenda cordonatura a Santo Spirito è un esempio di come non sarà facile sbattere fuori intere generazioni e negargli ogni spazio pubblico. Certamente la visione a lungo termine della politica cittadina è agghiacciante: come ricordavi, resort di lusso a gogo, università straniere con relativi student hotel, centri commerciali per turisti, appartamenti per vacanze affittati da aziende senza scrupoli proprietarie di centinaia di immobili e tante altre amenità. Opporsi a queste nuove costruzioni, non abbandonare le zone centrali della città e contrastare la visione aziendalista e museificante di Firenze è altamente necessario e può dare una boccata d’aria positiva in una realtà alquanto oscura.

  4. GIOVANNI FALASCHI

    Caro Bardazzi, leggo ora il suo articolo. Non sono molto d’aCCORDO. tUTTO QUELLO CHE LEI DICE SU FIRENZE COM’ERA E COM’è ORA è CONDIVISIBILE, MA è COSA NOTA. ESSENDO LEI GIOVANISSIMO MI ASPETTAVO DELLE CONSIDERAZIONI SUI GIOVANNI MENO CONDISCENDENTI. CHE I RAGAZZI BEVANO TROPPO è FUORI DISCUSSIONE, MA LEI NON SEMBRA FARCI CASO. LA MIA GENERAZIONE NON BEVEVA COSì PERCHé IL MATTINO DOVEVA ALZARSI PRESTO O PER ANDARE AL LAVORO O PER STUDIARE. QUESTI, A DIRLA IN MODO SPICCIO, NON FANNO UNA SEGA. FANNO BENE? FANNO MALE? ESISTE ANCHE UNA RESPONSABILITA’ PERSONALE E ESISTONO DELLE REGOLE MORALI CHE UNO DEVE DARSI DA SOLO SE NON LE VENGONO DATE DAL BUON ESEMPIO DEGLI ADULTI. VEDERE GIOIVANI CON LA BIRRA IN MANO CHE SI UBRIACANO E POI MAGARI SI DROGANO E POI ORINANO DOVE CAPITA E’ UNA PESSIMA VISTA. SECONDO ME LE RESPONSABILITA’ SONO, COSI’ COME DICE ANCHE LEI, POLITICHE, PERò INVECE DI ORGANIZZARSI PER FARE CASINO I GIOVANI DOVREBBERO ORGANIZZARSI POLITICAMENTE, FARE RICHIESTE AI NOSTRI GOVERNANTI, MANIFESTAZIONI NON VIOLENTE, SCEGLIENDO I LORO REFERENTI POLITICI, E MAGARI DANDO UNA SVEGLIA AI SINDACATI. cIRCA L’EVOLUZIONE DELLE CITTA’ IMMAINO CHE LEI, APPASSIONATO DI QUESTO PROBLEMA, CONOSCA BENE UN GRANDE LIBRO COME QUELLO DI LEWIS MUMFORD, lA CITTA’ NELLA STORIA. lEI PERò è ANCHE MOLTO GIOVANE, E PUò ESSERLE SFUGGITO. UN CORDIALE SALUTO
    GIOVANNI FALASCHI

    1. Vanni Bardazzi

      Caro Giovanni Falaschi,
      che Firenze sia cambiata (in peggio) è cosa nota a tutti quelli che hanno vissuto questa città, ma molto meno per le giovani generazione che si affacciano adesso nella vita sociale cittadina. Ricordare anche ai più giovani che cosa sia mutato penso sia un buon esercizio di memoria e di storia.
      Sono però completamente in disaccordo sulla sua visione dei giovani e della loro fantomatica nullafacenza: non conosco la sua generazione ma non mi sembra che si possa mettere a confronto giovani di diverse epoche, soprattutto per la differenza della realtà che li circonda. Le generazioni precedenti alla mia sono state falcidiate dalla droga (eroina in primis), che non può essere messa sullo stesso piano di due birrette. Inoltre, non riesco a capire la sua invettiva riguardo chi beve, dato che non è assolutamente vero che i giovani non studiano o non lavorano o si drogano. Tanti di questi ragazzi e ragazze sono i camerieri che servono ai tavoli dei ristoranti, o il barista che ti fa lo spritz, o la persona che ti apre l’appartamento turistico in affitto, o che organizza tour per la città. E non vedo perché non possano avere del tempo libero e impiegarlo come vogliono, ovviamente rispettando la città e i suoi monumenti, ma nello stesso tempo vivendola e dandole la vita e l’energia necessaria a farla sopravvivere. Questo accanimento da parte sua come dei media verso i giovani scansafatiche è soltanto l’abbaglio del momento per far in modo di chiudere ulteriori spazi pubblici e di socialità, con l’ennesima scusa dei maleducati o dei non decorosi. Non sarò io a difendere chi piscia sulle chiese o chi sporca volutamente la città, ma non è chiudendo piazze che si risolvono questi problemi, ma piuttosto mettendo bagni pubblici gratuiti, aumentando i cestini e i servizi di pulizia e dando ai giovani ulteriori spazi di socialità e di cultura. Affermare che i giovani bevono troppo ma lasciare campo libero solo a locali e bar, dove notoriamente si beve alcool, non è questa grande trovata per cambiare la cultura dello sballo.
      Infine, la ringrazio per il consiglio del libro di Mumford che non conoscevo e che leggerò sicuramente con grande interesse.

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