Gkn, qualcuno vuol fregare i lavoratori in lotta (che quindi continua)

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Se volete venire a vedere cosa non va fatto, venite a Piombino”. L’intervento più accorato dell’assemblea pubblica di domenica 21 novembre, convocata dal collettivo di fabbrica Gkn per fare il punto sulle prospettive della nazionalizzazione e la necessità di convocare uno sciopero generale, arriva alla fine della giornata, quando al microfono si avvicina un operaio della ex-Lucchini. Con la voce rotta dalla rabbia, racconta i “dodici anni di via crucis, durante i quali ci hanno passato di mano a tutte le multinazionali, abbiamo fatto il giro del mondo”. E poi rimette la rabbia in numeri: 1.500 lavoratori dell’indotto licenziati senza alcuna reazione, 1.000 lavoratori ex-Lucchini in cassa integrazione da 7/8 anni e i pochi che ancora lavorano hanno accettato una riduzione del 30% dello stipendio, con la promessa che così tutti gli altri sarebbero gradualmente tornati a lavorare, cosa che non è mai avvenuta. “La città non ci può più vedere – continua – perché dicono che siamo parassiti, perché è da tanti anni che sfruttiamo lo Stato con la cassa integrazione. La fabbrica viene vista come un cancro che impedisce al territorio di diversificare l’economia”.

Lo scenario contro cui lottano da quattro mesi gli operai della Gkn e con loro tutto il territorio, si palesa e si rispecchia nella storia dell’acciaieria di Piombino: finti compratori che si susseguono, ammortizzatore sociale infinito, tagli di stipendio spacciati come solidarietà, soldi pubblici regalati alle multinazionali, divisione del fronte dei lavoratori, abbandono da parte della popolazione, distruzione del sito produttivo che si trasforma in ecomostro.

Se si guardano gli ultimi sviluppi della vertenza Gkn con questi occhi, appare ancora più chiaro e inequivocabile il nuovo calcolo dell’azienda, scritto nero su bianco sul documento portato in assemblea: prendersi tutto novembre per preparare il terreno psicologico per scaricare sui lavoratori la colpa del fallimento della trattativa, cercando così si smontare la solidarietà che si è creata in questi mesi intorno ai cancelli di via Fratelli Cervi. “E’ una finzione scenica – si legge nel documento -. Dalla vittoria dell’articolo 28 ad oggi non è mai iniziata nessuna trattativa. Non ci sono “no”: semplicemente non c’è alcuna discussione in corso. Tutto ciò che l’azienda fa e ha fatto, lo fa perché costretta dalla mobilitazione o dalla sentenza del tribunale”. L’azienda però sarebbe pronta a riaprire la procedura di licenziamento a dicembre, convinta di aver rispettato gli accordi, questa volta. Intanto ha comunicato l’esistenza di tre o forse quattro compratori e di un piano di reindustrializzazione, che però nessuno ha visto, preparando appunto quel terreno psicologico di cui si parlava prima. In questo caso, i 75 giorni di tempo per rendere definitivo il licenziamento scatterebbero in pieno inverno, nei mesi a cavallo dell’anno, quando è più difficile organizzare una mobilitazione.

Come si va avanti allora? Il tracciato che emerge dall’assemblea è su tre punti: patto in difesa della Gkn, percorso verso lo sciopero generale e generalizzato, proposta di nazionalizzazione e polo pubblico della mobilità sostenibile, di cui si parlerà in un’assemblea specifica il 5 dicembre. Quindi, si avanti come il collettivo di fabbrica ci ha abituato a fare in questi mesi, rilanciando, proponendo, allargando la lotta, perché “l’autunno caldo non fu solo una serie di scioperi, cortei, ma uno sconvolgimento radicale del modo di fare sindacato e delle strutture di base su cui l’azione sindacale si poggiava – si legge nel documento -. Un processo che deve accompagnare e relazionarsi con il fermento crescente nella società, con la convergenza delle mobilitazioni, la creazione di un modello sindacale differente”. Quest’anno sotto l’albero mettiamoci la lotta, convergiamo, allarghiamo, costruiamo un percorso di mobilitazione e teniamoci pronti a un nuovo 18 settembre, perché il tempo della pazienza è finito.

Valentina Baronti

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Valentina Baronti

Giornalista per passione, ha iniziato la sua attività nel giornalismo di base. Oggi lavora nella pubblica amministrazione e occupa il suo tempo libero raccontando storie, alla continua ricerca di nuovi punti di vista, di angolature diverse, di prospettive alternative per interpretare il mondo nel quale viviamo.

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