Il versante animale

Una ferma convinzione di Donna Haraway  è che ci sia un qualcosa nelle nostre interazioni quotidiane con le altre creature che può aprirci, a nuove possibilità di relazione, di comprensione. Un pensare più vasto, che si fa intervento politico, per immaginare un futuro possibile (Kohn,2021). ‘Vorrei che una cinepresa venisse qui’, così inizia il folgorante libro ‘ll versante animale’ di Jean-Cristophe Bailly, poeta-filosofo francese. Ventotto fotogrammi alla ricerca di altri punti di vista sul vivente. In corsivo le tracce originali del libro.

Un capriolo, di notte, attraversa di colpo la strada, come un fantasma, illuminato dai fari… fu come se con i miei occhi, in quel momento, nella durata di quell’istante, avessi toccato qualcosa del mondo animale. Un istante aperto su un altro mondo:  Sorge una gioia strana, infantile, o forse arcaica… la verità è che si raggiunge sempre un punto di solitudine nel rapporto con gli animali… Una contiguità, questo essere l’uno accanto all’altro… con un legame che però è appena intrecciato, sempre nell’atto stesso di prodursi… La vicinanza fra l’uomo e gli animali selvatici è anzitutto un complesso sistema di tensioni nello spazio e maniere di evitarsi…hanno identificato nell’uomo non solo un predatore ma anche un essere strano, imprevedibile, squilibrato,…gli animali fuggono e si nascondono da noi… ma ogni animale finché gli prestiamo attenzione, finché lo guardiamo essere e muoversi, è il depositario di una memoria che lo oltrepassa e ci oltrepassa, nella quale è iscritto tutto l’attrito della sua specie con la nostra. L’intimità perduta che sto invocando si situa a livello dell’abisso che ci separa dalle bestie quando le incontriamo…la sensazione di un accordo, di una possibilità pacifica. Eppure resta sempre qualcosa in agguato o sempre pronto a risvegliarsi, qualcosa che si può vedere negli occhi degli animali o cogliere di sfuggita, per esempio in una stalla d’inverno o con i pipistrelli che attraversano il cielo in una sera d’estate, o anche con i pesci che nuotano nello stagno di un parco.

Si dimentica l’ombrello

Gli incontri con gli animali, se etici, sono come una tecnica meditativa, in cui ‘il nostro ego scivola lentamente, in cerchi concentrici, verso tutto ciò che è percepito’, una tecnica di decentramento e di allargamento del sé, che da spazio agli altri esseri viventi. ‘Un’oblio di sé nel senso in cui, talmente affascinati da tutt’altro, ci si dimentica del proprio ombrello’ e lasciamo l’ego sull’appendiabiti perché per una volta il mondo e gli altri sé sono più interessanti (Morizot,2021). Non siamo più l’unico punto di vista che configura il mondo, scompare il piccolo io individuale ed umano, ed emerge quell’io più grande da cui nasciamo: riusciamo così a vedere le cose, così come sono. Come in quella storia zen, in cui alla fine del viaggio, la montagna è davvero la montagna.

Apeiron

Siamo esseri viventi prima di essere degli umani, emergiamo da uno stesso fondo originario, che Anassimandro chiamava apeiron, una sostanza indefinita, che è germinazione inesauribile di forme di vita: come se sotto le particolarità sviluppate dalle specie e dagli individui esistesse una sorta di riserva lontana e indivisa, incerta, alla quale tutti attingono, ma dalla quale la maggior parte delle persone ha imparato a tagliarsi fuori completamente, così completamente che non immagina nemmeno più che esista e non la riconosce.

Guardare il giaguaro negli occhi

Il fatto che altri esseri possano vederci, cambia tutto. L’animale alza gli occhi in una forma muta, e nel mutismo vede, oltre noi, l’apert0. ‘Gli incontri con altri esseri che possono vederci, ci spingono a riconoscere il fatto che vedere, rappresentare, e forse conoscere, o persino pensare, non sono questioni esclusivamente umane’ (Kohn,2021). L’animale è una forma che alza gli occhi verso di noi e tale forma, che può in qualsiasi altro modo emozionarci (e lo fa costantemente), è la sola che condivida con noi questo potere. Una somiglianza di fondo di cui gli sguardi sono appunto l’eco […] Il mondo in cui viviamo è guardato da altri esseri, esiste una condivisione del visibile fra creature, questa condivisione del senso della vista ci accomuna, ci rende simili e da tutto ciò, se non è troppo tardi, si potrebbe inventare una politica. E’ come se assistessimo ad un’altra forma di pensiero, un pensiero che avrebbe davanti a sè e in modo travolgente solo una forma pensiva. Come quel pensiero minore, che sorge quando diciamo di non pensare a ‘niente’, si avvicini o possa avvicinarsi a una china che gli animali (in verità alcuni più di altri) sembrano seguire.

‘Dormi a faccia in su! Se arriva un giaguaro vedrà che anche tu puoi guardarlo negli occhi e non ti disturberà’ , se non gli restituisci lo sguardo, se dormi a faccia in giù, penserà che sei carne, e attaccherà. Così pensano le foreste e la popolazione Runa del villaggio di Avila, nell’Alta Amazzonia ecuadoriana (Kohn,2021). Riconoscere che anche gli animali, come tutti i viventi, hanno una rappresentazione di se stessi e del mondo, non necessariamente uguale alla nostra, ci dovrebbe costringere a riconsiderare  la nostra presunta eccezionalità, ed a non continuare a trattare gli esseri viventi come beni di consumo. Per far questo dobbiamo liberarci delle nostre barriere intellettuali, ‘decolonizzare in modo permanente il pensiero’, secondo una tesi cara all’antropologo Viveiros de Castro, per uscire dai meccanismi del capitalismo, che ha colonizzato il mondo, anche quello interiore ,e che ha distrutto la natura.

La perduta intimità e le grandi rotture

Dall’incontro con quell’essere strano, imprevedibile, squilibrato, superbo, che è l’uomo scaturiscono per l’animale, una massa di possibilità dalle più dolci alle più terribili, dal paradiso, al registro infernale (le zone di omicidio generalizzato) e due grandi rotture. La prima è determinata dall ’apparizione dell’allevamento (legata a quella dell’agricoltura)…la trasformazione industriale dell’allevamento.. in cui la bestia è negata come non è mai stata negata prima e [la seconda è ]la rottura degli ecosistemi, che mette in pericolo l’esistenza stessa degli animali selvatici. Non solo immagini romantiche nel  libro di Bailly, sullo sfondo c’è la secolare persecuzione degli animali, le stragi, gli allevamenti-lager, i mercati umidi, la caccia, il crescente consumo di carne, la perdita di biodiversità, la crisi climatica, il degrado ambientale planetario, che mettono a rischio la sopravvivenza anche degli animali selvatici, confinati in spazi sempre più ristretti. Cosa sarebbe il mondo senza animali? Cielo senza uccelli, mare e fiumi senza pesci, terra senza tigri e lupi, banchise polari sciolte e uomini e nient’altro che miliardi di uomini che si combattono.

Politiche criminali

Una relazione che va completamente ripensata, quella animale-uomo, verso una sorta di ecologia (pessima parola) della riconciliazione, verso un riequilibrio ecologico, verso una convivenza collaborativa (Cimatti, 2021), in cui diventare sensibili anche alle invisibili esigenze dei non umani. C’è necessità di una nuova narrazione universalistica, anti-antropocentrica, che vada a sostituire la metafisica e le religioni del passato, che parta dal riconoscimento della dignità di tutti i viventi, che abbatta le divisioni fra uomo e natura e tra esseri umani e non umani, in nome di una comune sopravvivenza. Mettere in moto un’altra forma di pensiero, per una ‘alter-politica’, che si sviluppi a partire dall’analisi di un altro modo di essere, che coinvolga gli altri esseri viventi (Kohn, 2021).

Ogni politica che non tenga conto che la salute umana, quella animale e quella dell’ecosistema sono intrinsecamente legate (cioè quasi tutte le politiche), è una politica criminale.

Jean-Cristophe Bailly, Il versante animale, Contrasto 2021, Marano (Vicenza), 18.90 euro


Libri citati

  • Felice Cimatti, Il postanimale, Derive APPRODI 2021, Lavis ,13 euro
  • Baptiste Morizot, Sulla pista animale, nottetempo 2020, Cles (Tn), 19 euro
  • Eduardo Kohn, Come pensano le foreste, nottetempo 2021, Cles (Tn), 20 euro