Nella città desertificata, nottetempo può accadere l’impensabile.
È il 25 febbraio, ore 4 di mattina: un Tir bianco si infila in via delle Ruote, la percorre fino all’incrocio con via San Gallo dove la sede stradale si restringe. Il camion non può girare, si incastra, attende. Poi, in un’incauta retromarcia, il Tir travolge trenta mezzi parcheggiati lungo la via. Nella città deserta, il camion ha tutto l’agio per dileguarsi. La polizia non arriva, benché la questura si trovi nell’isolato a fianco; fino alla mattina non pervengono neppure i vigili urbani.
Per far partire le pratiche assicurative è necessaria la targa del Tir. Ma, in una foto fortunosamente scattata da un abitante insonne, la targa si legge appena e i vigili urbani, ad oggi, non sanno fornire indicazioni. A cosa servono le mille telecamere su cui il sindaco Nardella ha costruito la sua campagna elettorale? Forse più alla propaganda che agli abitanti: ne abbiamo avuto dimostrazione quando, per aver tracciato tag inoffensivi nei pressi di palazzo Strozzi, alcune settimane fa due giovani writers sono state individuate proprio per mezzo delle telecamere, riconosciute, denunciate.
In una città normale, una strada come via delle Ruote su cui affacciano edifici residenziali di tre-quattro piani, avrebbe dovuto costituire un naturale presidio contro fatti come quello narrato. Ma Firenze non è una città normale. Il centro è in balìa della rendita immobiliare, degli appartamenti frazionati, dati in affitto a ore e vuoti oggi per difetto di turisti. Uno dei bar sulla via, da solo gestisce le colazioni per una ventina di B&B. In pochi vivono il quartiere. Le relazioni di vicinato sono saltate, i collanti sociali dissolti. Le case, quando abitate, divengono fortini dove consumare serie televisive. La sensazione di insicurezza nasce da qui. Da questo vuoto sociale, non dalle marginalità razzializzate e criminalizzate dalla retorica del decoro e dalle politiche securitarie con cui è, da troppi anni, gestito il centro di Firenze.
Ilaria Agostini
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