No alla privatizzazione dei beni culturali napoletani

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Il 14 marzo il Comune di Napoli ha presentato al Teatro Mercadante le linee di indirizzo del Piano della Cultura 2022-2026. La forma di gestione individuata per i beni culturali della città sarebbe quella di una fondazione per la cultura. L’istituto della fondazione sancisce una gestione pubblico-privata; come dimostrato però, una gestione privatistica del settore culturale porterebbe nel tempo molti benefici al privato e perdite per il pubblico. Tra i beni che finirebbero in questa fondazione spiccano Castel dell’Ovo, Castel Nuovo, il Pan. Il Cimitero delle Fontanelle, chiuso da due anni, viene citato tra i siti da gestire tramite un partenariato pubblico-privato, un cimitero che è chiaramente sempre stato comunale, pubblico e gratuito. Il sindaco guarda con favore al modello della Fondazione Musei Civici di Venezia: un esempio fortemente criticato per la dichiarata priorità data agli introiti derivanti dal turismo di massa, a discapito della fruizione pubblica; una fondazione che, al pari di un’azienda, ha chiuso i battenti per mancanza di introiti durante la pandemia e che, anche quando avrebbe potuto riaprire, ha prorogato le chiusure e ha continuato a tenere in cassa integrazione i lavoratori, perché continuavano a mancare i turisti.

Castel dell’Ovo NapoliNon appoggiamo il modello della fondazione. Queste fondazioni infatti, una volta preso in gestione un bene culturale, tendono sempre ad alzare i prezzi dei biglietti e a risparmiare sul costo del lavoro: inseguendo tendenzialmente l’obiettivo del pareggio di bilancio e avendo dei margini maggiori di flessibilità quanto alla gestione del personale, ricorrono al volontariato sostitutivo, adottano contratti non adeguati, spesso a chiamata e senza le necessarie tutele, e in caso di perdita chiedono aiuti allo Stato. Il regime privato in cui operano permette loro di non ricorrere a concorsi pubblici trasparenti per assumere personale, facilitando assunzioni spesso clientelari e arbitrarie, che tagliano fuori professionisti qualificati e innescano favoritismi. In più, a causa dell’opacità stessa dello strumento giuridico della fondazione, rimangono problematiche le possibilità di recesso degli enti pubblici, per cui ogni conferimento si configura di fatto come perpetuo. Riteniamo che finora sia stato fatto troppo poco e male per i cittadini nel settore culturale: troppo spesso beni storico artistici, un tempo gratuiti o chiusi al pubblico, sono stati affidati in gestione a enti privati o appartenenti al terzo settore che hanno adottato strategie imprenditoriali svantaggiose per i lavoratori, per i visitatori e per l’istituzione pubblica, dando prova di poca trasparenza. Questo ha portato nel tempo a un’estrema parcellizzazione del sistema e all’impossibilità di fruire di quei beni se non a pagamento, piegando la natura civica del patrimonio culturale alla logica dell’economia turistica, per sua natura fragile e veicolo di precarizzazione del lavoro.

Troppo spesso queste politiche di turistificazione e privatizzazione sono state presentate come partecipative o frutto di co-progettazione, con l’obiettivo di neutralizzare in partenza critiche e conflitti da parte della cittadinanza attiva e realmente vitale per il territorio. Una retorica opportunista che ha favorito la progressiva deresponsabilizzazione delle istituzioni cittadine nei confronti del patrimonio culturale, nel quadro di una mancanza di visione pubblica sistemica per la gestione della cultura sull’intero tessuto urbano, che ha accentuato l’esclusione delle aree esterne al circuito turistico. Riuscire a sfruttare la chiave partecipativa, la co-progettazione e i movimenti spontanei di rivendicazione delle politiche urbane creando nuove istituzioni e difendendo i beni comuni è possibile, come mostra questa città, a patto di tenere ben distinte le sfere del pubblico e del privato, resistendo alla retorica dell’impresa sociale e all’imperativo della sostenibilità economica, del marketing urbano e della generazione del consenso. Il popolo napoletano merita che i beni culturali del Comune restino liberi e gratuiti, o a prezzi molto accessibili: vanno evitati fenomeni come l’innalzamento improvviso dei biglietti, la conseguente inaccessibilità economica e l’ulteriore marginalizzazione sociale di cui soffre una città come Napoli.

Sottoscrivendo questa petizione, chiediamo pertanto:

  • che Castel dell’Ovo e il Cimitero delle Fontanelle restino gratuiti; che il Pan e Castel Nuovo rimangano a gestione pubblica e aperti alla cittadinanza, senza alcuna maggiorazione di biglietti d’ingresso;
  • che nessuna nuova fondazione di partecipazione venga creata per gestire il patrimonio pubblico, né venga messa in atto alcuna altra forma di privatizzazione dei beni culturali del Comune;
  • che l’amministrazione comunale si impegni in una riflessione su come garantire l’interesse pubblico nella gestione dei luoghi della cultura e la dignità del lavoro culturale, senza sfociare nella turistificazione;
  • che si guardi al futuro con un approccio sistemico e integrato della gestione dei beni culturali, per favorire una maggiore chiarezza, agevolazioni per i pubblici, e partecipazione da parte dei cittadini; che si garantisca produzione e fruizione culturale sull’intero territorio cittadino.

Primi firmatari:
Mi Riconosci – Campania
Napoli Monitor
Villa Medusa – Casa del Popolo
Comitato San Martino Napoli
Ex OPG – Je so’ pazzo
Potere al popolo – Napoli
Emergenza Cultura
Circolo Legambiente La gabbianella e il gatto – Napoli
Lavoratrici e Lavoratori dello spettacolo Campania (LLSC)
Italia Nostra Napoli
Rete Set (Sud Europa Turistificazione)
Scugnizzo Liberato
GRIDAS – Gruppo risveglio dal sonno
Chi rom e…chi no
Ecomuseo Urbano di Scampia
Altro Modo Flegreo
L’Asilo

Per firmare la petizione: https://www.change.org/p/stop-alla-privatizzazione-della-cultura-a-napoli

Per inserire la firma di un’associazione inviare una mail a: campania.miriconosci@gmail.com

1 commento su “No alla privatizzazione dei beni culturali napoletani”

  1. Strano a dirsi, vi siete accorti? Hanno venduto gran parte degli immobili pubblici a Firenze per racimolare danaro e pagare altri dirigenti della congrega… Ma per i miserabili sfrattati di Boboli, o quelli che non hanno avuto la restituzione dei fondi Gescal…

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