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Dalla sua inaugurazione a novembre, la mostra Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione, in corso al Palazzo Ducale di Genova fino ad aprile, fa discutere.
Dopo aver denunciato l’impostazione problematica della mostra, attiviste, storiche dell’arte, studentesse, giornaliste e alcune realtà, come Non una di meno e Mi Riconosci stanno portando avanti iniziative per chiedere la chiusura della cosiddetta “sala dello stupro” e la rimozione di alcuni oggetti dal bookshop della mostra.
“Abbiamo deciso di pubblicare una lettera aperta, rivolta alle istituzioni che dovrebbero assumersi la responsabilità di un cambio di approccio – dichiara Ludovica Piazzi di Mi Riconosci – ma non solo. Vogliamo che sia rivolta a chiunque voglia sostenere le nostre richieste, perché non possiamo ancora tacere su una mostra che spettacolarizza lo stupro subito da un’artista”.
Alla lettera si accompagna anche un invito rivolto a docenti di scuole primarie e secondarie di I e II grado, affinché sia occasione per un confronto scolastico sui temi della violenza di genere.
“Non si tratta di un caso isolato, tante sono le occasioni in cui nel sistema dell’arte, come nella società tutta – aggiunge Caterina Pizzimenti di Non una di meno Genova – vengono perpetuate discriminazioni, violenze, narrazioni tossiche. Crediamo che l’arte debba essere occasione di crescita collettiva e non specchio di una società patriarcale. Per questo continueremo non solo a tenere alta l’attenzione su questa mostra ma anche a monitorare altre situazioni”.
A Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria, co-organizzatori-promotori della mostra Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione, Genova, Palazzo Ducale (16 novembre 2023 – 1 aprile 2024)
Con la presente lettera aperta, attiviste, studiose e associazioni chiedono la chiusura della “sala dello stupro” allestita nella mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi, ancora in corso, e la rimozione dei gadget con le citazioni dello stupratore Agostino Tassi e del libro La notte tu mi fai impazzire. Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore dal bookshop.
La mostra Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione, in corso al Palazzo Ducale di Genova dal 16 novembre 2023, ha destato indignazione e contestazioni da parte di attiviste, studiose, associazioni e di chi vive e attraversa la città per la narrazione incentrata sugli episodi di violenza sessuale che subì la pittrice, narrazione che culmina in quella che è divenuta tristemente nota come “sala dello stupro”. La sala, che è obbligatorio attraversare per continuare la visita in mostra e che non viene in alcun modo segnalata, presenta un’installazione che intende rappresentare il primo stupro che Gentileschi subì da parte di Agostino Tassi.
Lo fa con un letto collocato al centro mentre i dipinti della pittrice proiettati sulle pareti si colorano di sangue. Non manca una voce femminile registrata di sottofondo che recita le dichiarazioni della pittrice al processo, un processo che fu estremamente intrusivo e umiliante per Artemisia, lasciandola con la reputazione distrutta.
Questi episodi violenti vengono morbosamente richiamati anche nelle altre sale dell’esposizione, fino al bookshop in cui vari gadget recano la citazione di Tassi “Io del mio mal ministro fui”, che trasforma la crudeltà di cui fu capace in una specie di atto goliardico di cui fregiarsi, di fatto assolvendolo con simpatia. È in linea con questa narrazione anche il libro in vendita nel bookshop La notte tu mi fai impazzire. Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore di Pietrangelo Buttafuoco, opera che, come già si intuisce dal titolo, manipola e romanticizza la condotta violenta di Tassi.
Dopo le prime contestazioni, diffuse su social e giornali, il curatore Costantino D’Orazio ha dichiarato “dobbiamo tenere conto del piano civico, quello scientifico non è più sufficiente”. Questa distinzione ci appare tuttavia estremamente discutibile e faziosa, visto che la spettacolarizzazione dello stupro nulla ha di valido sul piano scientifico e nulla c’entra con la storia dell’arte. Neppure può essere ritenuta scientificamente valida la ricostruzione di un percorso artistico a partire da alcuni episodi dolorosi della vita della pittrice, usati forzatamente come chiave di interpretazione per i suoi dipinti e abbondantemente richiamati nei testi in sala.
Per quello che riguarda il piano civico, ci chiediamo invece perché mai dovrebbe essere necessaria una cura particolare nel 2023: ci sembra scontato che risulti quantomeno inopportuno staccare biglietti raccontando in maniera semplicistica e morbosa la vicenda biografica di una persona, nonché grande artista, anche se vissuta quattro secoli fa.
Il compito della cultura, semmai, dovrebbe essere quello di elevare lo spirito, raccontare la complessità e stimolare nuove riflessioni. Questa responsabilità non può essere demandata a una società privata, Arthemisia, che peraltro difende strenuamente questo allestimento, né ad approcci curatoriali spettacolarizzanti (tra i curatori figura tra l’altro la storica dell’arte e consulente per l’arte del Comune di Genova, Anna Orlando).
Per questo ci rivolgiamo alle istituzioni coinvolte in questa mostra, ricordando la funzione pubblica che devono assolvere, e chiediamo il disallestimento della “sala dello stupro” e la rimozione di gadget con la frase autoassolutoria dello stupratore Agostino Tassi dal bookshop.
Per saperne di più:
Artemisia Gentileschi a Palazzo Ducale di Genova, perché dobbiamo parlarne male
Artemisia Gentilechi a Genova, una mostra sgangherata tra biografico e show inopportuni
Sulla memoria di Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi, coraggio e passione. Riflessioni sulla mostra genovese
Prime firmatarie
Associazione Mi Riconosci?
Studentesse di Storia dell’arte e valorizzazione del patrimonio artistico di UniGe
Non una di meno-Genova
Noemi Tarantini di Etantebellecose
Valentina Crifò ed Erika Scheggia di Immagini Narranti®
AG About Gender
Rete di donne per la politica
Marta Francia, storica dell’arte
Amina Gaia Abdelouahab, storica dell’arte
Simona Barbera, artista
Virginia Lupo, curatrice
Nuvola Ravera, artista
Se vuoi firmare questa lettera aperta compila il form che trovi qui.
Mi riconosci
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sono perplesso (perchè maschio imbevuto di cultura patriarcale e narrazioni tossiche?): dalla scarna informazione ricavata dalla notizia, sembra che non sia gradita la formula (in quanto spettacolarizzazione dello stupro) organizzativa della mostra, dove prevede una sala che collega la violenza sessuale subita da Artemisia al complesso della sua opera ed al suo percorso (“carriera”) di vita; mi sembra censura dettata da perbenismo emotivo…
mali minori rispetto alla cultura della sopraffazione ed al patriarcalismo di reazione con cui si fanno ancora aspri conti, ma, ai miei occhi ed alla mia sensibilità, sembrano errori di prospettiva, fuori bersaglio, quindi controproducenti, come capita alle sciocchezze