Il turista hawaiano e l’Arengario

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Di fronte a questo presente catastrofico, all’ansia per il sole, si dovrebbe essere ‘più o meno tutti turisti in camicia hawaiana’, a detta dell’etnologo britannico Nigel Barley*, turisti che non viaggiano più fisicamente, che non arrivano mai da nessuna parte, per non aggiungere altri fardelli, all’aria, al clima.

Nel carbo-capitalismo, il turista in camicia hawaiana, non va a Maunakea, dove c’è l’ Osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii (NOAA), che misura la CO2 nell’atmosfera, ma si collega al sito https://www.co2.earth/, per vedere come la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera aumenta costantemente giorno dopo giorno, perché nessuno fa nulla per davvero e l’eco ansia si fa pervasiva. Quando iniziarono le osservazioni continue al Mauna Loa Volcanic Observatory nel 1958, l’anidride carbonica atmosferica globale era 315 ppm (parti per milione), nel febbraio 2023 era 420,17 ppm,  più alta che in qualsiasi momento della storia umana, perché continuiamo ad immettere nell’atmosfera più anidride carbonica di quanta ne possano rimuovere i processi naturali. L’anidride carbonica è il gas serra più importante della Terra: un gas che assorbe e irradia calore. Secondo le osservazioni del NOAA Global Monitoring Lab, nel 2021 l’anidride carbonica da sola era responsabile di circa i due terzi dell’influenza totale sul riscaldamento climatico, di tutti i gas serra prodotti dall’uomo.

Il turista in camicia hawaiana, va ben al di là del gesto, e capisce gli attivisti ‘Ultima generazione’, che per il desiderio di agire, di smuovere le coscienze, per disperazione, hanno imbrattato di vernice lavabile anche l’Arengario di Palazzo Vecchio a Firenze. Non sono erbacce da estirpare, ma alleanze da trovare, ecologie di resistenza, che chiamano al rifiuto di complicità, di passiva acquiescenza allo stato di cose esistenti, alla ricerca di ‘altre’ pratiche e alleanze politiche. Alla ricerca di mondi comuni, non certo coi falsi moralisti, alleati di investitori di ogni tipo, che si spendono per la ‘messa al lavoro’, dell’arte, della natura, della salute, turistificando le città, devastando la natura, privatizzando la salute, promuovendo sempre nuovi impianti funzionali al capitale, incuranti di aumentare ancora il carico di anidride carbonica, penso per esempio ai nuovi aeroporti e agli inceneritori.

Breve parentesi su inceneritori e CO2

L’impronta di carbonio dell’incenerimento – dice Enzo Favoino, direttore scientifico dell’associazione Zero Waste Italia– sta tra i 650 e gli 800 grammi di anidride carbonica fossile per ogni kWh prodotto, quello medio di produzione energetica europea è di circa 250. Senza contare che gran parte del carbonio emesso viene dall’incenerimento di rifiuti urbani di natura fossile, come plastica e tessuti artificiali.

Senza contare che applicando le tecniche già in uso del Mixed Waste Sorting (ulteriore recupero di materiali dal  RUR-rifiuto urbano residuo), si contribuirà in modo fondamentale alla riduzione dei gas serra, perché il MWS recupera ancora plastiche, evitando così l’emissione di CO2 fossile dai camini degli inceneritori e la messa in discarica.

Senza contare che dal 2028, l’ UE ha deciso di includere l’incenerimento nello schema ETS (commercio dei diritti di emissione), il che costringerà l’incenerimento a pagare (come è giusto) per la CO2 emessa, contrariamente a quanto avvenuto sinora. Questo causerà un ulteriore aumento delle tariffe di incenerimento dall’ordine di 50-80 Euro/t,  verso, e spesso sopra, 200 Euro/t, e questo non farà che favorire le buone pratiche senza inceneritori.

Resistenze interspecifiche

Non ci sono solo i lanci di vernice sull’Arengario, per sensibilizzare sulla devastazione ecologica. In Argentina e Paraguay i lanci ‘delle bombe di semi di Amaranthus palmeri’- una pianta ibrida, resistente al glifosato- raccontano di una collaborazione con una resistenza non-umana, di una eco-alleanza contro la produzione di soia OGM e l’espropriazione delle terre:  ‘le ‘erbacce’ resistenti agli erbicidi sono un disastro in un regime di produzione industriale, ma perdono il loro eccezionale potere di nuocere negli appezzamenti coltivati con metodo biologico. È quindi importante, dal punto di vista tattico, concentrare la nostra attenzione e le nostre azioni politiche su questa messa al lavoro della natura e cercare di sostenere alcune di queste resistenze’. (Lena Balaud e Antoine Chapot, di Nous ne sommes pas seuls (Non siamo soli); vedi anche ‘Cosa richiede oggi la lotta politica’). Vedi anche qui.

Non possiamo lasciare la nostra azione politica solo alla vernice arancione o all’ Amaranthus palmeri: ‘Il nostro compito è di creare problemi, disordini, di suscitare una risposta potente a eventi devastanti, ma anche di risolvere le acque agitate e ricostruire luoghi tranquilli’ (da Never Alone, di Carlotta Cossutta, in ‘Connessioni ecologiche’, ombre corte, 2022 Verona).

*E’ l’incipit del libro ‘Iperculturalità’ di Byung-Chul Han, nottetempo, 2023 Milano

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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