Tradizione ed identità

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Mai come oggi si è abusato del termine tradizione, fondamento dell’identità che la vorrebbe veder essere congelata nel tempo. Il termine “tradizionale” deriva dal latino tradere (consegnare), per cui la tradizione ha più a che fare con il movimento che con l’archiviazione di pratiche passate. Il suo ambito è la costruzione di ponti di solidarietà tra le generazioni, sui quali persone di mondi diversi possano reciprocamente aiutarsi a fare esperienza della realtà come fosse la prima volta (Federico Campagna). Tradere fa da riferimento etimologico anche a tradurre e tradire da cui la lunga querelle sul traduttore/traduttrice che è anche traditore/traditrice.

Tradire la tradizione è aver consegnato qualcosa in mani sbagliate. Anche in cucina tradire la tradizione sarebbe perciò avere un destinatario sbagliato, non certo un’apertura allo stravolgimento di ciò che si riceve. Semmai occorre spostare l’attenzione sul fatto che tradere è un verbo transitivo che presuppone una relazione. A ben guardare è lo stesso suffisso “tra” che lega i soggetti[1]. Questo aspetto suggerisce che si crea tradizione nel momento in cui condividiamo qualcosa con qualcun-altrə. È la creazione di una consuetudine, l’epigenesi di una forma con-divisa, di un tratto che accomuna. È prendere parte, partecipare. Consegnare è un ponte con l’altrə e non un conservare con sé. Non c’è perciò nessuna garanzia che l’oggetto della tra-nsazione si conservi uguale a se stesso: su quell’oggetto continuano infatti a operare i due soggetti. Chi riceve non è succube di chi cede, di chi dà. In un certo senso succede che nell’accettare la consegna diviene co-autore di quel contenuto.

Qui si apre semmai una serie di considerazioni, la trasmissione orale, il faccia a faccia, costruisce consuetudini dialogiche dove entrambi gli interlocutori mettono bocca. Ogni forma di sistematizzazione delle pratiche che richiami il suo congelamento sottrae invece la agency, il contributo attivo, di chi riceve. La consuetudine non era fare così perché così si era sempre fatto: si faceva così perché nel mettersi a fare, nel mettersi a fare le cose insieme, si rifondava ogni volta quella pratica, la si consegnava all’altrə che nel riceverla la adottava agendo su di essa.

Una ricetta congelata, formalmente stabile, trasforma la consuetudine in una legge. Le leggi non si adottano, si subiscono. La consuetudine crea legami, la legge è indifferente ai legami. I legami creano la norma che non è una legge. La consuetudine è aperta al nuovo, la legge è una chiusura. Ma il nuovo non nasce ex novo, non è un tagliare i ponti, ma rinnovare ancora una volta e così all’infinito il legame con l’altrə. L’identità non è allora un modo di essere, ma il frutto del confronto di attanti diversi che la formano e ricompongono continuamente.

La tradizione richiama oggi una chiusura identitaria ma niente è così lontano dalle chiusure del processo attraverso il quale si formano le tradizioni stesse.

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1 Indica movimento, passaggio al di là di qualche cosa, quindi passaggio da un punto a un altrə e, in usi fig., da una condizione a un’altra: tradurre (lat. traducere = transducere), tramandare, trapassare, trascrivere, travalicare, ecc.; in alcuni casi esprime più precisamente l’attraversamento, cioè il passaggio da parte a parte di un oggetto: trafiggere, traforare, trapungere, ecc., e l’oggetto attraverso cui avviene il passaggio può essere esplicitamente indicato dal secondo elemento del verbo composto: tracannare, traboccare, trapelare. Con sign. meno preciso si trova in alcuni verbi come traballare, trabalzareb. Il passaggio al di là di qualche cosa può intendersi come il superamento di un limite (in alcuni casi con influsso di ultra «oltre»: tracotante = oltracotante); e nell’uso ant. il prefisso tra- si adoperò davanti ad aggettivi per dare a questi valore accrescitivo, come più spesso trans- (v.), e nell’uso mod. stra-2. Con influsso del lat. intra e sign. vicino a quello della preposizione tra (= fra), in mezzo, tra le altre cose: trasmettere… (Treccani)

Immagine generata da un AI – Text to Imagine su prompt dell’autore.

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Gilberto Pierazzuoli

Attivista negli anni 70 . Trasforma l'hobby dell'enogastronomia in una professione aprendo forse il primo wine-bar d'Italia che poi si evolve in ristorante. Smette nel 2012, attualmente insegnante precario di lettere e storia in un istituto tecnico. Attivista di perUnaltracittà.

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1 commento su “Tradizione ed identità”

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