Firenze, venerdì 22 settembre 2023, piazza Tasso, ore 15.
Come tutti i venerdì inizia il mercato contadino della rete fiorentina di Genuino Clandestino dove decine di contadini e contadine sparsi nelle campagne fiorentine si trovano con gli abitanti del quartiere San Frediano e scambiano i propri prodotti accompagnandoli da storie, racconti e mille altre cose in un clima di piacevole convivialità.
Uno dei pochi presidi rimasti di vita di quartiere, in una città gentrificata e ormai quasi morta in molte zone del suo centro, svenduta ad un turismo di massa che, con metodi industriali, consuma, inquina, devasta portando precarietà ed emarginazione con la sua ormai usuale asimmetrica spartizione della ricchezza prodotta.
La distribuzione del cibo contadino in quei pomeriggi fa sembrare la città meno “allevamento umano” e le persone prendono possesso, insieme ai prodotti, anche della consapevolezza della perdita dell’antico legame con la terra e di quanto ne siano state private con la violenza e con l’inganno in nome dell’efficienza, dell’igiene (salute?) e di una promessa (realmente mantenuta?) di vita comoda.
Ma questo venerdì non è come tutti gli altri, c’è un’elettricità nell’aria che non può essere attribuita solo alle burrasche promesse dal meteo e dal vento gonfio di pioggia che ci fa assaggiare un autunno che solo il calendario ricorda.
C’è qualcos’altro.
C’è un insolito via vai di banchi provenienti da vari territori della geografia chiamata Italia.
C’è l’inizio della tre giorni intergalattica del popolo contadino di Genuino Clandestino (GC).
Un inizio insolito per i frequentatori abituali della rete. Si inizia con il mercato, in una piazza pubblica dove incontriamo la città che ospita l’intergalattico.
Cosa che storicamente è stato il finale di tutti gli incontri di GC.
Fino ad oggi è stato un momento di festa e di convivialità a coronamento delle giornate di assemblee, approfondimenti e discussioni appena vissute e poi ciao, nei propri territori carichi di notizie e di buon umore, materiale importante per motivare e organizzare le varie resistenze.
Questa volta è l’inizio, perché?
Ovviamente rimane la carica e la bellezza dell’incontro del mercato contadino nella pubblica piazza con le modalità dello scambio di prodotti e tutto il resto, tuttavia questa volta il momento normalmente finale di “arrivederci alla prossima” è stato sostituito con una sorta di concentramento prima dell’azione. Un momento di ritrovo iniziale come fosse un rito propiziatorio, un appuntamento in un luogo abituale, un luogo già nostro, uno spazio che tutti i venerdì pomeriggio è già da anni “liberato” dal suo uso abituale, uno spazio “familiare” a tutte le reti.
In aggiunta a tutto ciò, un pizzico di mistero. Per motivi diciamo di “sicurezza” il luogo dove andremo a passare il resto della tre giorni è noto solo ad una piccola parte dei partecipanti, a coloro che hanno organizzato fino ad allora. Fra poco ci andremo tutti e tutte insieme e il segreto sarà svelato e ci organizzeremo insieme.
La scelta di GC, dall’intergalattico precedente di Bologna in primavera, era quella di preparare quello successivo sotto forma di TAZ ovvero di occupare temporaneamente uno spazio dove incontrarci e sviluppare le nostre abituali dinamiche: riunirsi in tavoli tematici, fare una assemblea plenaria finale, condividere gli spazi attrezzati per mangiare e per dormire, condividere i servizi necessari come la cucina, i bagni a secco, le strutture di riparo per gli incontri e infine le tavolate con le panche per il grande convivio.
La rete fiorentina si era presa l’incarico di organizzare nel proprio territorio l’incontro, aiutata dalle altre reti anche nella logistica.
Si è adottato la pratica dell’occupazione, anche se temporanea, dello spazio dove organizzare il tutto come elemento costituente e significativo della nostra azione politica e comunicativa della tre giorni dell’intergalattico di GC.
Occupare uno spazio significa usare lo stesso al di fuori del consentito dai “sorveglianti dell’ordine costituito”. Organizzarsi autonomamente per tagliare fuori le forme istituzionali di controllo. Creare, in quei giorni, uno spazio liberato dove esprimersi, ragionare, programmare, produrre senso e strutturare la nostra critica radicale al sistema prendendosi il tempo di entrare nei particolari in un contesto reso sicuramente più creativo dalla situazione stessa.
Vivere collettivamente uno luogo dove sentiamo la possibilità di usufruire concretamente della nostra ricerca di autodeterminazioni, della necessità di costruire comunità autonome che riescano a svincolarsi dal paradigma legal-commerciale al quale siamo indissolubilmente legati.
Sciogliere questi nodi e, partendo dai temi tradizionalmente più nelle corde di GC come la costruzioni di reti alimentari locali fuori dalla produzione e la distribuzione industriale del cibo, arrivare ad affrontare temi come l’antimilitarismo, la presenza più o meno strisciante del patriarcato nelle nostre dinamiche di gruppo, l’analisi di quello che il cambiamento climatico e le relative misure di adattamento e contenimento possono portare nelle future interazioni fra governanti e governati, l’introduzione nella nostra catena alimentare dei nuovi OGM travestiti da TEA e le loro relative problematiche da affrontare nel futuro prossimo e i rapporti fra le lotte nelle città e nelle campagne in difesa dei territori.
Un altro elemento fondamentale, fortemente voluto, è stato quello di cercare la connessione con una delle lotte in difesa del nostro territorio, nello specifico, l’importantissima lotta che il comitato cittadino della piana fiorentina sta portando avanti contro la costruzione della nuova potenziata pista dell’aeroporto e contro la costruzione dell’ennesimo inceneritore.
I nostri (???) solerti amministratori stanno cercando di inserire in un’area già abbondantemente compromessa dalla cementificazione selvaggia degli ultimi decenni queste due mostruosità devastatrici spinti da gruppi di affari che ruotano nei mondi della costruzione e dell’utilizzo delle infrastrutture e della gestione dei rifiuti così copiosamente prodotti dal nostro sistema di distribuzione del cibo e degli oggetti che usiamo giornalmente.
Infine, con l’estate appena passata dove, specialmente a Firenze, abbiamo visto come la stretta repressiva contro le occupazioni, l’autogestione dei bisogno primari e la politica attiva dal basso, si sia inasprita con azioni spettacolari eseguite al grido del “ripristino della legalità” e come siano esse stesse parte integrante di un disegno più ampio autoritario, estrattivista e guerrafondaio di gestione territoriale e di controllo sociale.
Le devastazioni e gli espropri di interi territori sono strettamente legate all’uso strumentale dell’emergenza ed ai loschi affari del capitalismo finanziario.
Un esempio fra mille altri: non ci è certo sfuggito il passaggio tra crisi climatica-emergenza alluvione in Emilia Romagna e possibilità di sperimentare in campo dei nuovi OGM grazie ad un emendamento dello scorso maggio al “Decreto Siccità” del 2022.
Ricordo un passaggio di Raul Zibechi:
“l’estrattivismo è una forma di accumulazione del capitale finanziario attraverso l’appropriazione della natura e dei beni comuni per convertirli in beni di consumo”.
Aggiungo che estrattivismo è anche estromettere le persone che vivono sui territori da qualsiasi decisione presa per i territori stessi e di trasformarle in un peso da togliere di torno e da reprimere brutalmente nel caso in cui esprimessero il loro dissenso e la loro resistenza.
Quindi, con queste premesse nella testa e nel cuore, eccoci qua. Il luogo prescelto da occupare per la tre giorni ci è sembrato di grande valore simbolico: si è trattato di un pratone circondato da una strada/parcheggio antistante le prime costruzioni del Polo Scientifico Universitario di Sesto Fiorentino.
Il luogo è incastrato tra il Polo Universitario, l’attuale pista dell’aeroporto A. Vespucci di Firenze e la zona dei laghi naturali. Una oasi naturalistica fulcro del sistema idrico della piana, che la costruzione della nuova pista del nuovo potenziato aeroporto asfalterebbe di brutto (non poteva mancare neppure un ridicolo progetto di spostamento altrove della zona umida con i suoi laghi, i tritoni, le salamandre, le rane, i fenicotteri ecc. fatto redigere da biologi sul libro paga dei sostenitori dell’infrastruttura).
Il brutto tempo, più minacciato che realmente arrivato, ci ha fatto trascorrere la notte fra venerdì e sabato in un posto più protetto dove evitare la possibilità di dover montare il campo sotto la pioggia.
Sabato mattina di buon ora siamo partiti in carovana, il sole splendeva in un cielo limpido ed una leggera brezza da nord/est ci tranquillizzava sulla stabilità del buon tempo molto probabile per i giorni a seguire.
Appena arrivati sul posto, nel giro di un’ora, il campo era pronto:
Una serie di gazebi dei banchi del mercato montati a testuggine formava lo spazio della cucina del bancone per la distribuzione dei pasti e del bar ed erano posti al margine sud dell’accampamento, dalla parte opposta, verso nord, tre grandi tendoni/gazeboni con varie strutture e forme erano predisposti per ospitare i cerchi di panche per i tavoli tematici della giornata di sabato. Nell’area laterale est fino a ridosso delle costruzioni del polo universitario c’era l’area campeggio con decine di tende per la notte. Dal lato opposto, il margine ovest, si trovava l’area dove era montato l’impianto per i concerti di musica della serata di sabato. Nel centro i molti tavoli e panche offrivano spazio per mangiare e per stare un po’ a sedere a bersi qualcosa e a conversare durante il giorno. In adeguata distanza erano stati realizzati i bagni a secco scavati nella terra.
Durante la giornata di sabato si sono svolti i tavoli tematici che hanno affrontato i seguenti argomenti:
– Clima, un dibattito scomodo
– Depatriarcalizzazione. Privilegio e giustizia trasformativa
– Guerra, tra emergenza e repressione
– Nuovi OGM, cosa sono e cosa possiamo fare
– Movimenti in lotta fra città e campagna
Durante tutta la giornata si è svolto un laboratorio di “pratiche di resistenza ecologista 2.0”
A fine pomeriggio la plenaria con una breve restituzione delle discussioni dei tavoli per la formazione di una agenda condivisa sugli appuntamenti e le iniziative proposte dai tavoli.
Dopo cena musica dal vivo.
Prima o poi, con un po’ di calma necessaria, sul blog di GC appariranno dei report dettagliati sulle varie discussioni emerse dai tavoli e con le varie proposte/conclusioni.
Dopo una nottata tutto sommato un po’ corta ma tranquilla eccoci alla domenica.
La prima parte della mattina per smontare sistemare nei furgoni e nelle macchine tutto il campo e far ritornare il pratone come prima, vuoto.
Poi come avevamo già discusso e deciso di attuare nella plenaria del giorno prima ci siamo dedicati ad organizzare l’azione da fare tutte insieme prima di salutarci e riprendere la via del ritorno.
L’obbiettivo era entrare in un vicino grande centro commerciale con l’intenzione pacifica ma anche molesta di bloccare per una manciata di minuti il suo abituale “funzionamento” di una domenica mattina di spesa delle persone della zona per portare, in modo semplice e diretto la nostra articolata e profondamente analizzata critica alla produzione e alla distribuzione industriale del cibo.
La destinazione era entrare nel grande parcheggio del centro commerciale, dividersi in due gruppi.
Il primo gruppo, solo una ventina di persone, sarebbe entrato all’interno del supermercato dividendosi in coppie e qualche singola e dopo un giretto fra gli scaffali sfavillanti del negozio e dopo aver individuato un prodotto adatto si sarebbe riunito con sincronia davanti alle casse e con ordine e tranquillità si sarebbe disposto davanti ad ogni fila, ogni coppia in attesa del proprio turno.
Importante era giungere più o meno contemporaneamente a pagare il proprio prodotto scelto e proporre alla cassiera o al cassiere un baratto con qualcosa che portavamo nelle nostre borse.
Un qualcosa di nostra produzione non confondibile con quelli in vendita come un ortaggio o un vasetto di trasformato, miele, marmellata, vino.
Un prodotto chiaramente individuabile a colpo d’occhio, non conforme agli standard del prodotto da supermercato ad esempio come pezzatura e imperfezione per gli ortaggi e la frutta o semplicemente senza etichetta per i vasetti di trasformato o la bottiglia di vino.
Le improbabili trattativi con i cassieri evidentemente impossibilitati ad accettare un baratto avrebbe “occupato” un po’ di tempo e attirato l’attenzione e in alcuni casi anche l’irritazione delle persone in coda per pagare la loro spesa con il conseguente risultato di bloccare il funzionamento super oliato del grande complesso commerciale per alcuni minuti.
Nel frattempo un’orda festosamente molesta sia visivamente che acusticamente di oltre un centinaio di persone entrava nel corridoio centrale del centro commerciale e in un corteo carnevalesco si portava davanti alle casse bloccate dalle trattative di baratto.
Schiamazzi, rumori di pentolame sbattuto, tamburi e, a tratti, una specie di “liturgia” dove si alternavano brevi interventi singoli a parole scandite dall’orda.
Molto lentamente siamo usciti dal centro commerciale e abbiamo raggiunto un altro piccolo gruppetto di cucinieri che avevano allestito, nel parcheggio, una tavolata imbandita con cibi preparati con i nostri prodotti.
La distribuzione del cibo e la sua consumazione è avvenuta li sul posto. Abbiamo invitato gli avventori del centro commerciale che tornavano alle loro auto con i carrelli ad aggiungersi a noi per il pranzo, purtroppo con scarsi risultati.
Un momento bello e importante, un atto liberatorio, collettivo, con il pensiero:
“l’era tanto che c’avevo voglia di farlo”.
un momento di profanazione di uno dei templi indiscutibili del nostro territorio e del nostro tempo.
La grande distribuzione organizzata del cibo è la più grande, la più diffusa, la più dannosa e la meno contestata delle grandi opere inutili che il sistema mette in atto.
La produzione industriale del cibo e la grande distribuzione organizzata, ormai vissuti come “naturali” ed irrinunciabili sono il più grande sopruso che abbiamo subito negli ultimi decenni,
sono il nutrimento per l’allevamento umano che vede nella crescita degli agglomerati urbani e nello spopolamento delle campagne l’unica possibile, e concessa, forma di vita.
Giovanni Pandolfini
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