Il suolo non è una superficie. Il suolo è un ecosistema. La casa di miliardi di esseri viventi, 1,5 kg di vita per metro quadro (Paolo Pileri).
Il cambiamento climatico è le sue manifestazioni sono connessi a vari fattori, l’emissione nella atmosfera della CO2 proveniente dalla combustione dei fossili, l’iperproduzione di sostanze azotate a carico degli allevamenti, le deforestazioni selvagge e altri aspetti ancora tra i quali va certamente annoverato il consumo di suolo. Il riscaldamento globale – oltre a spostare sempre più verso i poli le aree più adatte agli insediamenti umani – ha come effetto più evidente l’inasprirsi e amplificarsi dei fenomeni atmosferici che hanno introdotto nel lessico comune espressioni come “bombe di acqua” e “isole di calore”.
Questi fenomeni e i loro effetti, come peraltro le frane e le alluvioni, non sono naturali, sono l’effetto dell’uso antropico della biosfera e in particolare anche del consumo del suolo. Il consumo di suolo porta alla creazione di aree dove si formano le isole di calore, impedisce di drenare con efficienza l’acqua piovana che si va a riversare direttamente nei corsi d’acqua e non viene più assorbita dal suolo reso impermeabile. L’effetto catastrofico aumenta poi proprio perché si è costruito e si è continuato a costruire in aree delicate per lo smaltimento delle acque o in aree a pericolo sismico elevato. Ma non è l’idiozia degli uomini, non è un fatto di stoltezza, è cattiva condotta volontaria di chi ha interessi nella speculazione edilizia sia residenziale che non e dei politici che non hanno investito nella cura del territorio ma hanno anzi accettato quella funzione di facilitatori per ogni operazione di mercato alla quale sono ormai relegati senza più avere nessuna visione del territorio e della società che dovrebbero amministrare.
Quello che ci sconcerta e ci irrita è l’uso che i responsabili della catastrofe fanno del nuovo lessico ambientalista. Il cambiamento climatico diviene nelle loro mani il capro espiatorio, il colpevole e il responsabile di molti eventi catastrofici. La quantità di pioggia caduta in un certo lasso di tempo è un fenomeno che non sarebbe possibile maneggiare ma che si poteva prevenire appoggiando una politica energetica e produttiva che diminuisse drasticamente l’immissione di CO2 nell’atmosfera.
L’esondazione dei corsi d’acqua non è stata provocata soltanto da un fenomeno naturale estremo ma da una politica dei territori che rema in tutt’altra direzione. «Non avevamo mai registrato così tanta pioggia in così pochi minuti. Quello che è avvenuto stanotte in Toscana ha un nome chiaro: Cambiamento Climatico. Dobbiamo impegnarci tutti per contrastarlo, senza rinunciare davanti al disinteresse altrui». Ha postato il governatore Giani su Twitter. Sentire parlare così l’uomo che più aveva potere per scongiurare quegli eventi ci lascia sbigottiti. Ma la sua mossa non è poi così sballata anche se messa in atto dal personaggio politico più proficuo nel dispensare sciocchezze e non sensi degli ultimi anni. Da una parte prende le distanze dal negazionismo climatico delle destre, dall’altra si ripara dietro il fenomeno naturale ed eccezionale. Il responsabile del misfatto reclama ad alta voce l’urgenza di mettere in piedi dei piani di contrasto. Bene! Si potrebbe pensare. Ma così facendo ci colpevolizza. Il misfatto lo abbiamo fatto tutti sia mostrando disinteresse per i problemi ambientali, che sarebbero spesso di origine naturale e di ordine sovrumano, sia non impegnandoci di fronte al disinteresse altrui.
Ma chi è il maggior responsabile per il consumo di suolo che si perpetra nella regione? Chi finanzia e si adopera per costruire quelle opere pubbliche utili alle popolazioni di quella stessa regione? Quanti investimenti ha fatto la regione per mettere in sicurezza i territori più sensibili alle probabili esondazioni? Anzi, alle tracimazioni visto che gli argini hanno tenuto. In quell’area l’opera più sponsorizzata da sua eccellenza Gianduca è stata ed è il nuovo aeroporto, opera che ha più di un punto critico proprio dal punto della regimentazione delle acque e che prevede una ulteriore impermeabilizzazione di suoli per oltre 140 ha oltre ai 100 ha esistenti. E se poi scoprissimo che quell’area è quella che più di ogni altra in Toscana è stata toccata dal consumo di suolo? Allora caro Giani il tuo appello sembra una beffa, una mossa che può essere messa a segno da persone dotate di una faccia tosta fuori dal comune, fuori da ogni misura. Viste poi le altre opere previste in quell’area come denunciano vari comitati che dicono: «Quello che abbiamo visto nei giorni scorsi, con Campi Bisenzio e i Gigli allagati, con tutta la piana sotto l’acqua, specialmente sulla parte finale dell’ipotetica testata pista 11, con il previsto interramento di via dell’Osmannoro con un transito giornaliero di oltre 30.000 veicoli proprio in prossimità del Fosso Reale, che ovviamente risentirà delle due barriere cementificate (la Pista e la Duna Antirumore fronte Polo ed alta ben 12 metri) non potranno che essere il preludio a nuovi disastri».
I dati Ispra sono deprimenti: L’anno scorso ogni secondo sono andati persi quasi 2,5 metri quadrati di terreno naturale o agricolo, più di 210 mila metri quadrati al giorno, il valore più alto degli ultimi 11 anni. La cartografia di merito è sconvolgente e brilla con le performance che hanno visto essere interessata proprio l’area tra Firenze e Prato (vedi anche qui). Ma gridare per l’ennesima volta: “ve lo avevamo detto” non ci fa sentire meglio, forse ci fa arrabbiare di più.
Gilberto Pierazzuoli
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