Ben spenda Maggio e lo Scatolon selvaggio. I costi del trasferimento del teatro

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Quanto è costato il trasferimento del Teatro Comunale verso il nuovo Teatro del Maggio? Chi ci ha guadagnato? Con questo breve testo, Angelo Cirasino prova a far luce su un’operazione troppo poco pianificata che prende l’avvio negli anni delle grandi svendite, dell’attrazione dell’investitore estero: quelli dell’Invest in Florence. (i.a.)

Dopo una serie di aste andate deserte, con ogni volta un ribasso della base d’asta (i grossi immobiliaristi sono pochi e tendono a fare cartello), nel 2013 il Teatro Comunale viene venduto praticamente a prezzo di solo terreno (23 milioni a fronte dei 44 valutati nel 2009) dal Comune di Firenze a Cassa Depositi e Prestiti: il che significa che un pezzo della pubblica amministrazione (CDP) si accolla di fatto i debiti di un altro ente (Comune di Firenze), con una transazione che però abbatte il valore di una proprietà pubblica di oltre il 47%.

Nel 2020 – dopo un passaggio ancora poco chiaro nel 2015 con Nikila Investment (area Tiziano Renzi) che desta l’interesse della Magistratura – CDP lo rivende a 25 milioni al fondo Future Living, finanziato da Hines e Blue Noble, che l’anno dopo lo demolisce per convertirlo in un complesso di residenze di lusso destinate soprattutto alla locazione breve. Inutile dire che la pretesa utilità sociale dell’opera è pari a zero.

Nel frattempo, il Comune di Firenze avvia (nel 2008) e completa (nel 2021, dopo numerose inaugurazioni) la costruzione Nuovo Teatro dell’Opera, ora Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, in un’area adiacente alla Stazione Leopolda; non utilizza però alcun manufatto dismesso ma edifica ex novo il teatro, un mastodonte le cui superfici coperte superano i 66.000 mq.

Il costo complessivo dell’opera, interamente finanziato su fondi pubblici, per esplicita dichiarazione del Comune (aggiornata a marzo 2023) è pari a 262 milioni di euro; il che significa che, se con la vendita del vecchio teatro il Comune ripiana i propri debiti per un importo di 23 milioni, per la costruzione del nuovo s’indebita per un importo almeno pari, come si evince dalla palese difficoltà nel completare i lavori; e che in ogni caso la comunità pubblica trasferisce 262 milioni a costruttori privati al solo scopo di rimpiazzare un proprio manufatto con un altro.

Ora, anche se

i) consideriamo pari al costo il valore del nuovo teatro, benché di realizzo assai improbabile (se non si riesce a vendere bene un edificio da 44 milioni figuriamoci uno da 262), quindi lo stralciamo dal calcolo,

ii) azzeriamo l’incremento di valore legato alla ristrutturazione del vecchio teatro per l’acquirente privato,

iii) non teniamo conto del nuovo indebitamento del Comune che compensa a usura quello ripianato dalla vendita,

iv) omettiamo anche il profitto che il privato ottiene dalla realizzazione dell’opera,

la situazione è la seguente. All’inizio abbiamo (in milioni di euro): Comune 44, CDP 23, Future Living 25; alla fine abbiamo: Comune 23, CDP 25, Future Living 44; il bilancio è: Comune -21, CDP +2, Future Living +19, col risultato che 19 milioni di euro sono stati regalati dal pubblico al privato.

Ma se cancelliamo soltanto la prima delle nostre clausole concessorie, considerando il 47% (che si è storicamente registrato) un decremento di valore plausibile per il nuovo teatro, e calcoliamo secondo l’assunto fondamentale della contabilità per cui, nelle transazioni, il valore non si distrugge né si produce ma si trasferisce, allora otteniamo quanto segue. All’inizio: pubblico 329 (44 + 23 c.s. + 262 da spendere nel nuovo teatro), privato 25; alla fine: pubblico 187 (23 + 25 c.s. + 139 di valore diminuito del nuovo teatro), privato 167 (44 c.s. + 123 di deprezzamento del nuovo teatro); e il bilancio è: pubblico -142, privato +142, con un danno erariale di 142 (e non solo 19) milioni di euro di fondi pubblici divenuti (in atto o in potenza) profitti privati.

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Angelo Maria Cirasino

Filosofo di formazione, dal 2000 lavora come urbanista precario all’Università di Firenze, dove si occupa di pianificazione ambientale, progettazione sociale del territorio e management della ricerca. Già Responsabile nazionale della comunicazione per la Rete del Nuovo Municipio e Caporedattore della rivista Scienze del Territorio, è stato per oltre vent’anni l’editor di riferimento di Alberto Magnaghi e continua a esserlo per le pubblicazioni della scuola territorialista italiana.

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