Il 2 gennaio 2024 è entrata in vigore in Italia una legge sull’oblio oncologico che, finalmente, sancisce il diritto di coloro che siano stati affetti da una patologia oncologica, e che siano guariti da almeno 10 anni, di non dare informazioni sul proprio passato clinico in caso di richieste di accesso a mutui, finanziamenti, concorsi, adozione di minori. L’attesa si riduce della metà per chi ha avuto il cancro prima dei 21 anni.
Fino a questa data infatti le persone che erano state colpite da tale malattia potevano vedersi negate queste possibilità vita natural durante, anche nel caso di una totale guarigione e del completo recupero delle abilità. Un utile passo avanti dunque, conseguenza dell’input fornito dalla Commissione Europea nell’ambito del Piano Oncologico Europeo, in cui si invita ogni Stato membro a dotarsi di una legge sul diritto all’oblio oncologico entro il 2025.
Una legge che ha ovviamente ancora tanti limiti: fissare un valore generico, come in questo caso 10 anni, per calcolare i tempi in cui un ex paziente può davvero dirsi “fuori pericolo” è limitante, non tiene conto delle differenze tra i tipi di tumore, delle tempistiche con cui questo è stato diagnosticato e curato – una diagnosi precoce, nel caso di alcuni tumori, aumenta le possibilità di sostituire le terapie chirurgiche con quelle mediche o comunque di avere accesso a terapie meno devastanti; della risposta del paziente alle cure. A questo proposito il Governo si è dato 3 mesi di tempo dall’entrata in vigore della legge per organizzare un tavolo tecnico del Ministero della Salute che avrà il compito di stillare delle tabelle con specifiche tempistiche di attesa in base al tipo di patologia oncologica.
Nel rapporto I numeri del cancro 2023 elaborato da AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), Fondazione AIOM e PASSI (Progressi nelle aziende sanitarie per la salute in Italia) si stima che il cancro sia una delle principali cause di morte nel nostro Paese (il 29% di tutti i decessi), secondo solo alle malattie cardiovascolari. Il documento sottolinea però che, pur in un panorama non proprio confortante – le diagnosi di tumore erano state 376.600 nel 2020 e sono diventate circa 395.000 nel 2023, complice la pandemia da Covid-19 che ha rallentato i processi di screening – c’è più di un dato positivo: la mortalità è in diminuzione per entrambi i sessi e chi sopravvive a 5 anni dalla diagnosi di alcuni tipi di tumore (in particolare testicolo, tiroide, melanoma, linfomi di Hodgkin e, in misura minore, colon retto) ha una prospettiva di vita simile a chi non ha mai avuto una neoplasia. Dieci anni di attesa dunque, in molti casi, sono decisamente tanti.
C’è solo da augurarsi dunque che vengano prese misure che riducano al massimo, dove possibile, questo lasso di tempo: in tempi in cui sempre più la medicina percorre la strada della personalizzazione della terapia, ottenendo tra l’altro risultati assai incoraggianti, anche la definizione dei prevedibili tempi di attesa per essere considerati guariti e accedere a determinati diritti dovrebbe essere calcolata sulla base delle evidenze scientifiche. Quindi, speriamo bene.
Speriamo bene perché per il momento chi ha avuto la sfortuna di passare da una simile malattia non ha alcuna garanzia di tornare ad avere una vita normale nel breve termine: nella maggior parte dei casi è riconosciuta a costoro soltanto un’esenzione dal pagamento del ticket (048). L’invalidità civile, riconosciuta solo nei casi di una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, dà diritto a un congedo dal lavoro di soli 30 giorni nell’arco di un anno. L’assegno ordinario di invalidità è un diritto esclusivo dei malati più gravi perché spetta solo a chi a causa della malattia ha visto ridotta la sua capacità lavorativa di più due terzi. Sono spesso gli stessi medici a sconsigliare ai pazienti meno gravi di inoltrare la richiesta dato che il certificato necessario costa 60 euro e quasi sempre finisce nel cestino della carta straccia.
Questa nuova legge dunque, che pur tenta di garantire maggiore dignità al futuro degli ex pazienti oncologici, ritaglia per loro un limbo, per ora lungo dieci anni, in cui non sono previsti nuovi aiuti e tutele. Un periodo in cui, in buona parte dei casi, non ci si vedrà riconosciuta alcuna invalidità ma, nello stesso tempo, ci si potrà veder rifiutato l’accesso a un certo numero di diritti e servizi sulla base di una, generica e presunta, scarsa aspettativa di vita.
Marika Oggiano
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