Mappare l’architettura della sorveglianza: il caso Firenze in un video

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C’è una preoccupazione diffusa che le videocamere possano utilizzare software di riconoscimento facciale per monitorare ogni nostro movimento in pubblico. Meno discussa ma altrettanto allarmante — è l’espansione esponenziale delle reti di videosorveglianza “intelligenti”. La giunta fiorentina in questo non si è certo tirata indietro, aggiudicando a Firenze il primato di città più sorvegliata di Italia, con 1 telecamera ogni 160 abitanti.

Aziende private e abitazioni stanno iniziando a collegare le loro videocamere alle reti della polizia con il rischio di innescare una sorveglianza pubblica totale. In un futuro non troppo lontano, le forze di polizia, i negozi e gli amministratori cittadini sperano di riprendere ogni tuo movimento e interpretarlo, usando l’analisi video, a scopo commerciale o di presunta sicurezza urbana.

Per comprendere la situazione nel contesto fiorentino, dobbiamo capire l’ascesa della videosorveglianza in relazione alla cultura del decoro urbano. Tutto inizia con l’identificazione di aree o agenti di degrado”; prosegue con un antidoto, la securitizzazione dello spazio pubblico (tramite reti di videosorveglianza) e termina con un obiettivo punitivo: la rimozione totale di soggetti e/o comportamenti considerati indecorosi”.

La rilevazione di comportamenti indecorosi come il vagabondaggio, mendicare, ma anche essere un membro di una sottocultura o partecipare attivamente a proteste urbane, potrebbe cristallizzare i pregiudizi sociali in pratiche di polizia discriminatorie. Questo tipo di discriminazione sociale potrebbe poi mutare in discriminazione razziale come è già in atto in Palestina, dove la rilevazione di comportamenti insoliti” è stata implementata per diversi anni da reti di videocamere intelligenti.

Negli ultimi anni, il Dipartimento di Polizia di New York ha sorvegliato segretamente i musulmani, mentre l’FBI ha utilizzato aerei di sorveglianza per monitorare i manifestanti del movimento Black Lives Matter. Allo stesso modo, in Italia la Polizia di Frontiera ha costruito un confine “intelligente” e altamente sorvegliato che prevede di identificare e rimuovere le minacce” associate alla crisi” migratoria. Quello che si deduce è che le videocamere hanno storicamente preso di mira gruppi politicamente oppressi.

Le videocamere possono forse ridurre la microcriminalità in alcune aree, ma spesso spostano i crimini altrove e soprattutto non affrontano le cause strutturali, come povertà ed emarginazione, limitandone quindi l’efficacia. Secondo l’indice nazionale della criminalità del Sole24Ore, nel 2024 Firenze si è posizionata terza, subito dopo Milano e Roma, con 6.056 denunce ogni 100.000 abitanti. Questo dato attesta che nonostante la dimensione ristretta, Firenze si misura, per quantità di crimini, con le grandi metropoli Italiane. A accentuare il trend negativo ci pensano i dati sulla microcriminalità urbana, che vedono Firenze, anche grazie al suo smisurato flusso turistico, posizionarsi in cima alla classifica nazionale per furti e rapine, con 1.351 denunce.

Il caso Fiorentino dimostra che con la videosorveglianza non si ottiene più sicurezza urbana. Difatti, i dati dicono che malgrado l’aumento di videocamere la microcriminalità a Firenze non solo non è diminuita, ma è aumentata drasticamente rispetto agli anni precedenti. Per non parlare dei pregiudizi insiti nel sistema di machine learning, che produce risultati erronei (e discriminanti) dovuti a ipotesi legate a pregiudizi razziali, sociali, di genere, nel procedimento di apprendimento automatico.

A una città che attraverso la finta sicurezza della videosorveglianza attua di fatto un controllo sociale, abbiamo deciso di rispondere con una pratica di contro-sorveglianza. Qui di sotto viene riportata una mappa che ha l’obiettivo di localizzare le reti di videocamere intelligenti” in sette piazze del centro storico di Firenze. Ci siamo concentrati nel centro poiché le zone considerate cool”, cioè quelle dedicate al turismo di massa, spesso coincidono con le aree urbane da cui il residente viene espulso. Questo tipo di mappatura ci ha permesso di distinguere le superfici urbane sorvegliate da quelle libere”, offrendoci la possibilità di attraversare la città consapevoli delle pratiche di sorveglianza adottate dal comune. Una contro-mappa che funziona come un dissolvente della sorveglianza totale, un antidoto contro le pratiche di sorveglianza del comune di Firenze.

Qui il video Counter-Mapping the Architecture of Surveillance

https://drive.google.com/file/d/1Y8uExl1ImZWZcxc9u6V1RLtJ-M1dh3AM/view

 

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Tommaso Gori

Laureato alla SOAS in storia è particolarmente interessato alla storia moderna dei conflitti urbani, in particolare il city branding e i processi di urbanizzazione in Medio Oriente.

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