“Acque senza veleni” in Toscana? Intervista a Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia

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Giuseppe Ungherese è responsabile dal 2015 delle campagne inquinamento di Greenpeace Italia e da ricercatore ha studiato per anni gli impatti di sostanze tossiche e pericolose. Rossella Michelotti, Presidente del Forum Toscano Movimenti per l’Acqua, lo ha intervistato per La Città invisibile sulla campagna “Acque senza Veleni” con particolare riguardo alla Toscana. 

Cosa sono i PFAS e quali sono i rischi per la salute?
I PFAS sono sostanze chimiche di sintesi ed il legame che le caratterizza è presente in oltre 10.000 molecole, utilizzate in molte lavorazioni industriali, presenti anche in beni di consumo, che utilizziamo quotidianamente nelle nostre case. Vengono detti inquinanti eterni proprio perché, una volta immessi nell’ambiente, si degradano in tempi lunghissimi e fino a poco tempo fa erano sottovalutate dalla comunità scientifica internazionale. Attualmente sappiamo che il PFOA è classificato come cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro; il PFOS è possibilmente cancerogeno, ma queste molecole causano molteplici altri danni in quanto si accumulano nel nostro corpo e principalmente nel nostro sangue.
Sono interferenti endocrini, andando a competere con tutti quei meccanismi mediati dagli ormoni, quindi interferiscono su crescita fertilità e metabolismo. Provocano danni alla tiroide, aumento del colesterolo, diabete gestazionale con effetti multipli sulla salute. Molte nazioni (Stati Uniti, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e anche Germania) hanno introdotto limiti molto severi nelle acque potabili, perché sostanze pericolose anche a bassissime dosi. Mentre nel nostro paese solo poche sono regolamentate o dalla Convenzione di Stoccolma o all’interno dell’Unione, per tutte le altre 10 mila molecole non esiste alcun divieto. Possono essere utilizzate e sversate dalle aziende senza violare alcuna regola.

Come si è svolta la campagna di Greenpeace?
Numerose persone ci hanno scritto preoccupate, perché non avevano dati disponibili circa la presenza di queste sostanze nelle acque potabili. Ricordiamo che queste molecole non si trovane solo nelle acque potabili, entrano nel ciclo dell’acqua e possono quindi finire nei terreni, negli alimenti, ma anche nell’aria che respiriamo. Sollecitati da tantissime persone, siamo stati quasi costretti a dover avviare questo progetto a cui abbiamo dato il nome “Acque Senza Veleni”. Per diverse settimane abbiamo percorso tutta l’Italia raccogliendo, dalle fontanelle pubbliche, campioni di acque potabili per analizzare la presenza di questi pericolosi inquinanti.

Quali sono stati i risultati a livello nazionale?
Abbiamo diffuso i risultati e lo scenario che ne viene fuori è abbastanza preoccupante: abbiamo scoperto che di tutti i campioni presi in esame, circa 260 di 235 comuni di tutta Italia, analizzati da laboratorio indipendente accreditato, circa il 79% conteneva queste sostanze, seppur a concentrazioni differenti. Le 20 molecole più presenti sono il PFOA, come detto essere cancerogena, seguita dal TFA, molecola di cui si sa molto poco, sostanza ultra corta e la più abbondante sul pianeta, difficile da rimuovere anche con i normali trattamenti di potabilizzazione. Dalla mappa emerge un gradiente di contaminazione, che cresce col grado di industrializzazione nelle aree del paese. Le regioni del Sud sembrano meno interessate rispetto a quelle del Centro nord, ma comunque in tutte le regioni abbiamo trovato tre campioni positivi.

Quale è la situazione in Regione Toscana?
In Toscana abbiamo prelevato 31 campioni e 25 sono risultati positivi alla presenza di questi inquinanti, emerge una presenza abbastanza diffusa con la concentrazione più alta in un prelievo effettuato ad Arezzo. Ottenuti i risultati per questo Comune, abbiamo avvertito subito gli enti pubblici preposti: il gestore si è attivato con una serie di analisi e ha potuto dimostrare l’assenza di questi inquinanti, rassicurando la popolazione; la situazione va comunque approfondita, perché in altre aree d’Italia abbiamo scoperto che succede spesso che si abbiano delle contaminazioni e intermittenti. Tracce di queste sostanze le abbiamo trovate anche a Lucca con concentrazioni più basse rispetto alle analisi che avevamo già effettuate precedentemente. Queste molecole sono state trovate anche nelle acque di Montale, in provincia di Pistoia, Prato, Viareggio, di fatto un po’ in tutta la regione. Anche i dati rilevati da Arpat, che non si occupa di acque potabili, ma di contaminazione ambientale, avevano già permesso di capire come la Toscana, proprio in relazione alla sua forte vocazione manifatturiera per ospitare alcuni distretti industriali, mostrassero la presenza diffusa di questi inquinanti.

Quali sono i punti critici e se ritieni che vi sia una connessione con le attività produttive presenti?
Abbiamo pubblicato circa un anno fa un focus proprio sugli impatti dei distretti industriali in Toscana, in quanto avevamo riscontrato un’elevata contaminazione a livello ambientale nei fiumi vicini e agli scarichi dei depuratori di importanti distretti, quello della pelle e del cuoio a Santa Croce sull’Arno, in quello tessile di Prato, nel cartario di Lucca: sono emerse contaminazioni anche nel distretto Florovivaistico Pistoiese. Infatti ad oggi il 12% dei pesticidi e dei fitofarmaci autorizzati in Europa può essere a tutti gli effetti definito come PFAS, utilizzati anche nelle produzioni intensive di natura agricola o forestale.

Cosa hanno fatto e cosa dovrebbero fare Regione, Comuni, Asl, Arpat e gestori del servizio?
La Regione Toscana, al di là dei monitoraggi di routine, che fa Arpat, agenzia super attrezzata per monitorare gli inquinanti, è molto indietro rispetto a tante altre regioni del Centro Nord Italia. Nonostante il problema non possa essere preso sottogamba, ci hanno stupito le dichiarazioni al quotidiano Avvenire dell’assessore regionale Monni, di essere a conoscenza del problema, ma di avere altre priorità da risolvere e queste dichiarazioni non sono mai state smentite. Quella su l’acqua potabile è una competenza di natura sanitaria, quindi dovrebbero essere in primo luogo le Asl a fare i monitoraggi, ma a noi risulta che gran parte delle Asl toscane non siano attrezzate: questa rappresenta una grave carenza in quanto a gennaio prossimo entrerà in vigore una legge che obbliga proprio il monitoraggio di queste sostanze. A livello regionale gli enti pubblici devono avviare un monitoraggio per identificare tutte le produzioni inquinanti e proporre un piano di riconversione. Questo perché, per queste sostanze inquinanti e nella gran parte delle loro applicazioni industriali, esistono alternative più sicure; qui può e deve entrare in gioco il legislatore e favorire una riconversione. Allo stesso tempo, laddove queste contaminazioni ci sono, bisogna fare in modo che l’acqua potabile sia messa in sicurezza, per garantire a chiunque l’accesso ad acqua potabile priva di questi pericolosi inquinanti.

E il Governo e la UE?
A livello di Governo siamo da tempo siamo attivi con una petizione sottoscritta quasi da 140.000 persone in Italia, petizione con cui si chiede al Governo di mettere al bando la produzione di queste sostanze, bando che però deve interessare l’Europa intera. Su proposta di 5 nazioni, tra cui non figura l’Italia, in Europa se ne sta discutendo anche se siamo a conoscenza, da un’inchiesta giornalistica internazionale, delle forti pressioni delle lobby industriali, per ritardare il percorso. Di recente è stata pubblicata un’inchiesta che ha attestato che, se continueremo a disperdere nell’ambiente queste molecole, tra 20 anni i costi di bonifica ammonteranno a 2000 miliardi, a cui si aggiungeranno i costi sanitari.

Come possono difendersi i singoli cittadini?
La cittadinanza sicuramente può fare tanto, perché la storia dei PFAS nel mondo ci insegna che i cambiamenti sono sempre venuti principalmente dal basso, quando i cittadini iniziano a chiedere di rendere pubblici i dati ai gestori, ai Comuni, agli enti sanitari per capire quale sia la reale situazione nei loro Comuni di appartenenza. Parallelamente possono unirsi anche alla Rete zero PFAS Italia, che è molto attiva, e sta avviando tutta una serie di iniziative proprio per informare e coinvolgere sempre di più l’opinione pubblica in un problema, che si sta dimostrando di enorme portata. Se le persone vogliono sopportarci possono sostenerci anche firmando la nostra petizione per chiedere la messa al bando dell’uso della produzione dei PFAS.  

qui la mappa dei dati in Toscana

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Rossella Michelotti

Rossella Michelotti, Presidente del Forum Toscano Movimenti per l'Acqua. Da sempre impegnata in battaglie ambientali e antesignana delle lotte contro il fossile.

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