Istat: “La povertà assoluta in Italia ha raggiunto livelli mai toccati in 10 anni”. Il Rapporto Annuale 2024 è un bollettino di guerra

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“Tra il 2013 e il 2023 il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5% mentre nelle altre maggiori economie dell’Ue è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1% della Francia e il 5,7% della Germania”.

È quanto emerge dall’ultimo Rapporto Annuale 2024 dell’Istat, le cui rilevazioni mettono in luce una realtà profondamente diseguale. I dati in esso contenuti evidenziano come, nonostante una notevole spinta abbia consentito il raggiungimento del livello del PIL esistente nel periodo antecedente alla pandemia, la crescita della povertà assoluta in Italia non intenda fermarsi. La crescita che ha attraversato il nostro paese – va aggiunto – ha raggiunto i livelli del PIL vigenti prima della crisi del 2007.

SEDE ISTAT ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA

Ma non è tutto oro ciò che luccica. Il Rapporto Annuale 2024 dell’Istat è stato descritto dalla maggioranza degli organi di stampa nazionali come un documento volto ad illustrare la discreta crescita economica del nostro Paese. Questa narrazione non prende in esame un aspetto fondamentale: gli indicatori relativi alla povertà assoluta sono drasticamente peggiorati. Secondo l’Istat, infatti, nel 2024 “sono stati raggiunti livelli di povertà assoluta mai toccati negli ultimi 10 anni“.

Il Rapporto evidenzia come, seppur si registri una certa crescita, vi sia anche una polarizzazione emergente in termini di disparità sociale ed economica. Basti pensare che per la prima volta il centro Italia sta raggiungendo i parametri economici del Sud. Ulteriore elemento risiede nel fatto che, dinanzi ad un quadro segnato da profonde disuguaglianze, i dati mostrano come il Reddito di cittadinanza abbia costituito uno strumento efficace nel frenare le conseguenze derivanti dalla crescita della povertà assoluta, impedendo conseguenze nefaste ai danni delle classi sociali più povere.

Tra il 2014 e il 2023 la povertà assoluta individuale ha subito un netto aumento pari al 2,7%, registrando un incremento dal 4,9% di dieci anni fa al 7,6% odierno. A ciò si aggiunga che il potere d’acquisto dei salari lordi è crollato del 4,5% in tale arco di tempo. Si tratta di una tendenza che pone in rilievo la centralità di un fenomeno spesso trascurato: i working poor. Coloro cioè che, pur lavorando, rimangono al di sotto della soglia di povertà.

Per quanto concerne l’occupazione, il Rapporto rileva l’esistenza di circa 4,2 milioni di potenziali lavoratori che versano in una condizione di disoccupazione cronica e di precariato. La maggioranza di questi è costituita da donne e giovani, spesso residenti nel Mezzogiorno. Nel 2023 tra i minori di 18 anni è possibile individuare i livelli più elevati in termini di povertà assoluta: il 14% dei minorenni sono poveri, in rapporto al 9,8% della media della popolazione. Dato, quest’ultimo, che si traduce in circa 1,3 milioni di giovani.

In merito a tali percentuali il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli ha aggiunto: “Valori più elevati della media nazionale si rilevano anche per i 18-34enni e i 35-44enni (11,9% e 11,8% rispettivamente). L’incidenza individuale decresce fino al 5,4% dei 65-74enni, il valore più basso, per poi risalire al 7,0% nella fascia di popolazione più anziana, quella degli individui con 75 anni e più”.

In tale cornice si inserisce un ulteriore fenomeno. Secondo l’Istat, nel 2023, il 34% dei lavoratori laureati (pari a circa 2 milioni di persone) risulta “sovra-istruito”. Con tale termine si fa riferimento ad un inquadramento professionale che non necessariamente richiede un elevato titolo di istruzione. Osservando i dati emerge che l’incidenza raggiunge il 45,7% tra i laureati in discipline socio-economiche e giuridiche e scende al 27,6% tra i laureati in discipline STEM. Nel complesso, tra il 2019 e il 2023 la quota dei sovra-istruiti è cresciuta di 1,1 punti percentuali.

Paolo Brunori, docente di economia politica presso l’Università degli studi di Firenze, ai microfoni di Radio Sankara ha dichiarato: “L’Italia torna ad avere lo stesso reddito del 2007: per recuperare i livelli vigenti prima della crisi finanziaria abbiamo impiegato circa 20 anni, mentre tutti gli altri Paesi europei lo hanno fatto molto più repentinamente”. Secondo Brunori l’Italia si trova a vivere una crescita economica inesistente e “si registra l’emersione di 600.000 persone in più che versano in condizioni di povertà assoluta rispetto a un decennio fa: tutto questo in un paese che ha perso circa 2 milioni di abitanti nello stesso periodo di tempo”.

Per smentire la narrazione incentrata unicamente sulla crescita, il docente ha inoltre spiegato che: “la crescita dell’occupazione nel nostro Paese viaggia di pari passo con la stagnazione dei salari: l’Italia sta scivolando progressivamente verso un’economia basata su settori a basso valore aggiunto, nei quali gli stipendi rimangono molto bassi. In tutti gli altri paesi europei i salari sono aumentati, in linea con l’inflazione e l’aumento del costo della vita“.

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